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08 Gen 2020 09:45 - Interviste
WTA Brisbane, Bajin: “A Yastremska sto cercando di trasmettere disciplina”
Sasha Bajin, intervistato a Brisbane, racconta il periodo con l'ucraina dopo l'interruzione con Kristina Mladenovic: "Kiki e la sua famiglia sono straordinari, ma devo essere egoista. Dayana è una giocatrice che può rispecchiare meglio la mia comfort zone".
di Diego Barbiani
Come è nata la collaborazione con Dayana (Yastremska, nda)? Che rapporto si è instaurato con lei e la sua famiglia?
Da quando mi sono separato con Kiki (Mladenovic, nda) ero sempre in contatto con la sua famiglia. Il tour è molto piccolo, da questo punto di vista, ed è molto facile avere rapporti un po’ con chiunque per questo, domande e richieste… Così dopo che ho concluso il mio lavoro con Kiki sono entrato in contatti più serrati e siccome pure lei era libera mi sono detto di provarci. Finora il rapporto è buono, molto buono. Fin dall’inizio loro mi hanno trattato veramente bene, sono andato con loro in una Russian Banya (la sauna, nda) nei primi giorni ed è stato veramente carino da parte loro. Poi abbiamo fatto la nostra pre-season a Marbella in un ambiente abbastanza particolare, perché siamo stati tutti quanti in una casa-vacanze vicino al mare. C’era un’atmosfera molto particolare, oltre alla madre, al padre e alla sorella c’era pure sua nonna che cucinava tutti i giorni. Sono stati veramente carini, davvero nulla da dire che non sia positivo.
Qual è l’aspetto più importante quando decidi di collaborare con qualche atleta?
Una delle ragioni per cui avevo deciso di essere io a lasciare, interrompere un rapporto, per la prima volta nella mia carriera è perché in questi casi c’è una sorta di mentalità che credo emerga in ogni tipo di atleta e credo che per la tipologia di allenatore che io sono riesco a lavorare meglio con qualcuna come Dayana. Ho fatto un tentativo con Kiki, la sua famiglia… Sono persone straordinarie, ma se devo pensare a me stesso ed essere egoista, cosa che ammetto di dover fare per provare ad avere maggiormente successo, penso che qualcuna come Dayana è una giocatrice che può rispecchiare maggiormente la mia comfort zone. Una giocatrice aggressiva, affamata, giovane… Tutto questo messo insieme è probabilmente quello che io cerco maggiormente.
È più complicato lavorare con qualcuno che ha così tanti membri della famiglia coinvolti?
No ci sono cose più semplici e altre più difficili. Credo sia bello che sua madre sia sempre accanto, è carino che ci sia pure il padre… Penso sempre che non ci siano persone al mondo che vogliano più bene a te, e che si augurino il meglio da te, dei tuoi genitori. Nessun allenatore, nessuno sparring, nessun fisioterapista… La tua famiglia è il tuo sangue e avrà sempre un occhio di riguardo per te. Forse alle volte possono rendere le cose un po’ più complesse, perché magari pensano di fare il bene della persona e le vogliono troppo bene, ma in generale direi che non mi dispiace affatto.
Sembra sia importante una relazione da costruire fuori dal campo, non solo dentro. È così?
Sì sì assolutamente. Se non abbiamo la capacità di comunicare e spendere dei bei momenti assieme fuori dal campo, la nostra relazione in campo non può funzionare. Abbiamo una stagione molto lunga, spendiamo giorno dopo giorno dopo giorno a contatto con gli atleti e se non c’è dello humor, la capacità di scherzare, non c’è feeling, non ascoltano. Tu devi instaurare una comunicazione con le persone, non puoi pensare di finire il tuo lavoro in campo, salutare tutti e andare a casa. C’è molto più di importante rispetto che solo a dritto e rovescio.
Come descriveresti la personalità di Dayana in quel poco tempo che hai avuto modo di conoscerla?
Eh, è subdola, molto subdola (ride, nda). No, scherzo, è veramente divertente e ho notato grande voglia di lavorare. Un po’ subdola magari lo è veramente, chi lo sa, comunque credo di conoscerla da più tempo di quanto poi effettivamente è. Lei è molto alla mano, fino a ora penso che stiamo avendo un gran periodo assieme. L’unica cosa che manca sono i risultati, per quello spero arrivino il più in fretta possibile.
Di che cosa pensi abbia maggiormente bisogno ora per poi condurla a grandi risultati?
La cosa più importante in questo momento è imparare la disciplina e intendo dunque che ogni parte del lavoro sia ordinato, che sia colpire o fare decisioni più importanti che per esempio sacrifichino un colpo in lungolinea se c’è dello spazio ma permettano comunque di arrivare al punto. Serve poi disciplina per tante cose: quando andare a letto, quando fare colazione, sacrifici da fare. Se capisce questo, allora la sua vita sarà più semplice e possibilmente di successo. È questo che ora sto cercando di trasmetterle, farle vedere la strada da percorrere. Abbiamo un ottimo preparatore atletico che prepara nel dettaglio diversi suoi passaggi: da come si deve allenare a per che ora svegliarsi… Per i giocatori e giocatrici questo è fondamentale, e una volta imparato tutto viene più facile. Con quelli più giovani invece come Dayana serve invece guidarli, ed è quello che cerchiamo di fare.
Quanto tempo tendenzialmente può volerci per te per capire che “ci siamo” e che la persona che stai seguendo ha assimilato al meglio le informazioni?
Credo di essere uno che capisce abbastanza in fretta le varie situazioni. Non penso ci sia però un tempo limite per questo. Quando ho lavorato con Naomi (Osaka, nda) c’è voluto un po’ perché lei era molto timida mentre Dayana è praticamente l’opposto. Sono diversi da persona a persona, ma la cosa più importante è che alla fine i risultati ci siano e intendo una relazione chiara fin dal lato del lavoro che a quello della comunicazione, dello scambio di informazioni.
C’è qualche particolare aspetto del gioco di Dayana su cui stai lavorando?
La sua costanza, assolutamente. La disciplina, come dicevo prima, ma anche la varietà. Ha colpi incredibili, ma ancora sembra non avere idea di come usarli veramente e ha pochissima varietà nel suo gioco. Abbiamo lavorato parecchio su questo, nella off season, e sembra che abbia capito come modificare alcune parti del proprio gioco. E poi il servizio, penso che sia forse il colpo su cui si possa sempre lavorare parecchio.