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15 Mag 2019 10:00 - Interviste
Djokovic: non decido tutto quanto io nell’ATP. I biglietti? Speriamo servano a far soldi
Conferenza stampa anomala di Novak Djokovic, monopolizzata da uno scambio molto secco con Ben Rothenberg, giornalista del New York Times. Il serbo ha sostanzialmente provato a ridimensionare la sua influenza. Riuscendoci poco.
di Evaristo Desio
Non è stata una conferenza stampa normale quella di Novak Djokovic, arrivato a Roma reduce dal successo di Madrid. Dopo un paio di domande di prammatica tipo “quanto è stato importante vincere Madrid dopo alcune sconfitte inattese” – alle quali la risposta seria sarebbe una cosa tipo “15” come fece una volta Camila Giorgi – è bastato che Ben Rothenberg, del New York Times, chiedesse se stesse andando a votare per il nuovo board dell’ATP per inasprire tutto il dibattito. Novak ha prima risposto che non aveva deciso ancora per chi votare, ma alla successiva, non certo polemica, domanda “Quali credi che siano le qualità che debba avere il candidato?” Nole è partito un po’ in quarta: “Prima di tutto, devo dirvi che il modo in cui sono stato indicato dai media non mi è piaciuto per niente. Non penso sia giusto che voi ragazzi mi indichiate come se fossi l’unico decisore. Sono il presidente del consiglio dell’ATP, ma il consiglio è composto da 10 giocatori. Ed è la la maggioranza che decide, io sono solo uno dei 10. Ho il privilegio di guidare il gruppo, ma non posso prendere decisioni a nome del gruppo. Non posso fare la differenza per qualcuno”.
Dopo questa introduzione piccata, Nole ha risposto alla domanda: “Ora succederà la stessa cosa. Stiamo facendo delle presentazioni, ci saranno sei candidati. Dopo vedremo. Ovviamente non so cosa faranno quando si presenteranno. Parleremo in gruppo e poi prenderemo una decisione che vada bene per noi, cercheremo di capire cosa vogliamo ottenere da loro. Penso che dobbiamo collettivamente cercare di capire il tipo di profilo che stiamo cercando, se vogliamo uno esperto di sport, di affari, di entrambe le cose.”
Abbastanza naturalmente però il giornalista si è riallacciato alla prima parte della risposta, quella polemica, chiedendo sostanzialmente che se non è lui, che è il presidente, il più responsabile (“accountable”) delle decisioni assunte dal consiglio, allora chi? Di nuovo, forse comprensibilmente, la risposta di Djokovic è stata poco accomodante.
Non si tratta di chi è responsabile e chi no. Si tratta del modo col quale voi ritraete l’intero processo, il fatto che mettiate tutto il peso su una sola persona. Io sono il presidente del consiglio ma il consiglio non vota, è il board che vota. Non sono io che vado e voto sì o no. Sono tre rappresentanti del consiglio di amministrazione. È loro diritto e storicamente hanno fatto qualcosa anche contro il consiglio, perché si sentono responsabili, ritengono che sia il modo giusto per agire e rappresentare i giocatori nello sport. Noi siamo stati selezionati dalla maggioranza dei giocatori come rappresentanti dei giocatori, ma non possiamo sempre influenzare il board, che è quello che vota come pensa sia meglio. Perché dovrei essere sempre io il responsabile se non sono io a votare?
Il discorso di Nole potrebbe in effetti sembrare impeccabile. Se non fosse che sul board una qualche influenza Djokovic la esercita, e gli è stato ricordato che Roger Rasheed è stato espulso dopo che ha votato in maniera difforme da quanto desiderato dal numero 1 del mondo, alche Djokovic ha ricordato che altre volte i membri del board sono rimasti. La discussione si è a questo punto inasprita e il giornalista ha chiesto a Djokovic di raccontare cosa succede all’interno del consiglio, visto che lui rimane il membro più autorevole, ma il serbo prima ha provato a scherzarci su (“la tua fonte è affidabile?”) poi ha provato ad evitare la domanda. Ma quando il giornalista ha detto “se hai qualcosa da smentire fallo, se hai una tua versione daccela, non è tanto utile che tu stia zitto” e il moderatore ha provato a chiuderla lì, Nole si è lanciato in un lungo discorso.
“So che voi state cercando una storia. Ma non si può stare dietro a tutti gli articoli che si scrivono. Non si può sempre reagire e difendersi, perché si finisce solo per esporre la propria debolezza. Dobbiamo replicare ad ogni articolo che scrivi tu o che scrive qualcun altro perché stai esponendo me e il consiglio dicendo che sono nemico di alcuni del board o dell’associazione o di qualcosa del genere? Dobbiamo avere sempre una versione opposta ad ogni singolo articolo? Non ha senso, perché mai dovremmo fare così? Tu ti aspetti una versione che controbilanci quella dei media in modo da poter capire chi ha ragione e chi ha torto”.
Tutto quello che voglio è la precisione, senza trasparenza, è molto difficile capire cosa succede.
Credi che qualsiasi storia là fuori è trasparente, onesta e vera?
Non devi garantire per ogni storia che è stata scritta.
Beh, tu garantisci ogni singola informazione che ottieni dalla tua fonte presumibilmente affidabile, giusto?
Non sono sicuro di quali informazioni ho con cui non sei d’accordo, con me personalmente.
Non lo so. Non sto indicando alcuna informazione specifica. È piuttosto paradossale quello che stai dicendo. Stai dicendo che da una parte io non certifico ogni storia ma ottieni informazioni dalla tua fonte e poi ne scrivi, twittalo o lo metti là fuori. Crea un ronzio, crei l’attrito. Certo, crei una storia. Ma crei uno tsunami contro di noi. Cosa dovremmo fare? Reagire su ogni singolo tweet? Scrivi prima di capire le conseguenze, capire cosa stai facendo con ogni singolo tweet che fai per il nostro sport, per i nostri giocatori. Non sto dicendo che tutto quello che stai twittando o scrivendo è sbagliato, assolutamente no. Io ti rispetto. Stai cercando una storia. Lo capisco. Lo rispetto.
Non sto cercando una storia. Cosa specificamente è sbagliato? Stai dicendo che non tutto è sbagliato, quindi cosa c’è che non va? Cosa ho detto che non è corretto?
Sottolineo l’intero processo di come vanno le cose. Per me, non è giusto. Se vuoi scrivere l’intera storia e capire entrambe le parti, otterresti un po’ più di informazioni chiamando il consiglio o me stesso o chiunque altro sia coinvolto nel processo, dopo aver ottenuto le tue informazioni da altre fonti.
Quando cerco di ottenere informazioni da te, tu non dici nulla. Non so cosa dovrei fare.
Okay, io non sono il presidente dell’ATP. Capisco che vuoi ottenere informazioni da me. Posso darti qualche informazione. Ma alcune informazioni non sono nella posizione di dartele, perché non posso, non sarebbe giusto nei confronti del presidente dell’ATP o dei membri del consiglio di amministrazione. Sono stato esposto troppo per essere stato presidente del consiglio. Tutti mi ritengono responsabile di tutto ciò che accade nel tennis al momento, penso sia ingiusto. Non sono l’unico lì. Se qualcuno vuole capire come funziona la struttura, allora non dovrebbe avere questo tipo di approccio. È di questo che sto cercando di parlarti qui, c’è una mancanza di rispetto. Così mettete pressione solo su di uno. Non ho niente contro di te personalmente, ma credo che tutto quanto possa essere gestito in modo diverso.
Come se non bastasse Djokovic è stato anche chiamato in causa sulla questione del raddoppio del costo dei biglietti per la sessione di mercoledì, in occasione dell’esordio di Federer, non proprio il suo miglior amico. Djokovic ha pensato bene di non mettere altra benzina sul fuoco e ha provato a cavarsela diplomaticamente: È la prima volta che sento questa storia. Penso che dipenda dal fatto che Roger sia il nome più grande di tutti, è quello che ha vinto più di tutti è uno dei più grandi di sempre. Posso comprendere, non mi sento certo offeso da questo e non penso che Rafa o qualcun altro possano esserlo. Se porta altra gente al torneo tanto di guadagnato. Altrimenti no.