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14 Set 2018 10:01 - Interviste
Intervista a Panatta “l’attore”: “Il pof? È il suono del tennis, il pof è… Federer”
Felicemente ricoperto di clic e diventato, anche lui, "virale", Adriano Panatta parla del successo del suo cameo ma anche del tennis, di Serena Williame, dei giovani dal talento sprecato....
di Daniele Azzolini
Che succede, Adriano, sei diventato virale?
«Pare di sì. Ma sto bene, grazie»
Ti cliccano…
«Impressionante, no? Arriva un bel giorno, sul web, e tutti si mettono a guardare lo stesso video. Sapevo che funzionava così, ma osservarlo da vicino, che dire… Mi ha sorpreso. Tutta “colpa” di Fiorello, ha fatto un tweet e ha scatenato un putiferio».
E ora sei l’uomo del pof
«È un suono giusto. Nel tennis lo è davvero»
E il senso della vita a questo punto, è un clic o un pof?
«Domandona! Però, dai, meglio un pof. E non scherzo».
Felicemente ricoperto di clic (sono più di 400 mila le visualizzazioni sommando i siti che l’hanno divulgato), Adriano Panatta si affida allo spirito romano di chi ha vissuto duemila anni per non dare eccessiva importanza a quel piccolo cameo, «carino, fatto in amicizia», tratto da “La profezia dell’armadillo”, finito al centro dell’interesse di tutti, di molti commenti e attenzioni, della sorpresa di chi già lo vuole attore, e di un web che non sa solo orientare e insultare, ma anche apprezzare. «Li prendo come un applauso questi clic. Ma non saprei dire se il “pof” meriti di diventare un tormentone», dice Panatta, mantenendo le distanze. Ha partecipato al film per divertirsi, per fare una cosa nuova, per vedere che cosa ne sarebbe uscito, e sono tutte annotazioni che fanno parte di quel “pof” che sa tanto di invito ai giovani a essere un po’ diversi. Sì, anche nel tennis, ma non solo…
Adriano, che cosa c’è dietro il pof?
«Una cosa fatta bene. Riuscita meglio. Voluta in quel modo, di quelle che si ottengono solo con l’impegno e la passione. Se volete è solo un suono ma rappresenta anche una piccola metafora. Correre sempre oltre misura, stare sopra le righe, urlare quando basta meno per farsi ascoltare, finiscono per ridurre in briciole l’armonia della vita, e certo, anche del tennis. E invece l’armonia va protetta, la passione ritrovata, anche in tutte le difficoltà che i ragazzi stanno vivendo».
Be’, Serena ha urlato parecchio, nella finale degli Us Open
«E ha sbagliato, non solo perché ha rotto l’armonia che le sarebbe servita, tanto più in quel momento, ma perché ha tirato in ballo cose che non c’entrano. Il sessismo è un argomento importante, è una ferita, ma nel tennis di oggi, dopo le battaglie che sono state condotte, molti elementi di frizione sono stati pacificati, significa che si è percorsa una strada comune per superarli. Tirare in ballo il sessismo durante una partita sa di scusa, ed è quasi un insulto per tutte quelle donne che hanno pagato in prima persona».
D’accordo, consideriamo il pof una sorta di antidoto. Restano i disagi di una generazione che non trova lavoro, o lo trova mille miglia lontano da ciò che ha studiato. Difficile tirare fuori la passione, in certi casi.
«È così, ma rinunciare non si deve. La ricerca del pof è un invito a non farlo».
Certamente è un antidoto anche nel tennis
«Eccome se lo è. Certe volte mi sembra wrestling… Il pof è quello di Federer, perché non tentare di prendere qualcosa da lui? E poi, vedo volti di giovani giocatori già svogliati, sconsolati. Penso a Kyrgios, a Tomic, ragazzi anche di talento. È un peccato… Fare sport e riuscire addirittura a guadagnarci è come un miracolo, e non merita svogliatezza o afflizione. Passione e divertimento sono elementi essenziali, se non ci sono lo sport, il tennis, non hanno senso».
Non è la prima volta che ti trovi davanti a una cinepresa. Non ti chiamò anche Zeffirelli?
«Mi chiamò, sì, un milione di anni fa, cercava volti per il suo San Francesco. Ma non se ne fece niente. Ho fatto una breve comparsata in una fiction con Massimo Ghini, e ho dato una mano a Mimmo Calopresti per il docufilm Maglietta Rossa, sui giorni della Davis in Cile».
Ma c’è chi già ti considera un attore
«Non lo sono. Nella “Profezia” ho recitato me stesso, dunque partivo con un vantaggio. Il copione di quel cameo lo ha scritto Domenico Procacci, un amico oltre che produttore del film per la Fandango, la sua casa di produzione. Tennista, per giunta… È lui che mi ha chiesto di farlo. Gli ho detto di lasciar perdere, ma ha insistito. Alla fine è venuto tutto facilmente, senza intoppi. Mi sono divertito, il film è stato presentato a Venezia nella categoria Orizzonti, c’era grande simpatia nei nostri confronti».
Dunque, potresti rifarlo…
«Mah, magari se c’è una proposta giusta. Inventarsi ruoli per i quali non si è preparati è un’altra delle esagerazioni che… Come dire…»
Turbano l’armonia?
«Esatto».