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17 Gen 2018 10:33 - Interviste
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di Francesca Padoin
Cosa stavi pensando sul 5 a 1 mentre lei serviva per il set?
Stavo pensando proprio al fatto che a lei mancavano solo quattro punti per vincere il match e al cercare di non renderglielo affatto semplice. A 5-1, 40-15 mi sono sentita con un piede già fuori dal torneo. Lei ha servito davvero bene lungo la T ed era appena fuori, ho avuto davvero fortuna. Poi ho percepito che stava iniziando a preoccuparsi un po’ ed ho pensato che se vinceva questo punto vinceva tutto e ho fatto qualsiasi cosa per non concederglielo. Poi sul 5 a 2 mi sono detta “ok, sei ancora viva, lei ha ancora quattro palle di vantaggio per vincere, tentiamo di tutto e rimaniamo aggressive e concentrate”. E questo è tutto.
Questa è una delle tue rimonte migliori?
Sì decisamente. Sono davvero fiera del modo in cui ne sono uscita. Non è stato certamente il mio match migliore, specialmente all’inizio. Ho solo cercato di restare concentrata e di giocare il mio gioco. Ma è stata davvero dura e lei giocava molto bene. All’improvviso mi sono trovata sotto, quasi fuori dal torneo e ho iniziato a giocare meglio ed a fare il tennis che volevo portare in campo.
Quando hai percepito che la tua avversaria stava iniziando a preoccuparsi, hai pensato al fatto che tu avessi molta più esperienza di lei?
No, non era propriamente quello che ho pensato. Più che altro mi veniva in mente il fatto che stesse per battere la numero due del mondo e lei è intorno alla posizione 100, questo stavo pensando. E che questo era un gran momento per lei e so come ci si sente quando sei molto vicina a raggiungere qualcosa di grande. Ho pensato che lì avessi la mia occasione, se riuscivo ad arrivare sul 5 a 2. Ma ovviamente con 40-15, sul 5 a 1, lei stava giocando molto bene. Ma appena sono riuscita a rientrare un attimo mi sono detta “una pallina e sei fuori” e ho pensato di restituirgliene un paio.
Da dove pensi venga fuori questo spirito combattivo? Pensi venga dal fatto che hai praticato diversi sport?
Decisamente. Credo sia dovuto al fatto che sono cresciuta in una famiglia molto sportiva e competitiva, dove si odia perdere. Se perdi da qualcuno a casa lo sentirai ripetere per almeno una settimana e questo decisamente mi ha aiutata. Crescendo non volevo mai perdere e le sconfitte peggiori erano quelle per mano di mio fratello. Dargli l’opportunità di essermi superiore e sparlare di me non era affatto piacevole. E da quelle volte ho capito che devi solo imparare e combattere. Non mollare mai anche se è un gioco da tavolo, tennis, calcio, qualsiasi cosa. Penso sia veramente un qualcosa che viene dalla mia famiglia.
Che tipo di impulso ti porta quest’anno visto l’ottima scorsa stagione?
Ottimo. Se continui a giocare ovviamente diventa più facile acquisire fiducia. Poi finire la stagione così bene e giocare un buon tennis ad Auckland mi rende molto contenta. Anche se qui è sempre diverso perché un giorno puoi giocare con 20 gradi ed un altro con 30. Bisogna sapersi adattare molto e prendere le varie misure in base al meteo e questo discorso vale per tutti. Devo solo prepararmi un po’ di più per il prossimo match, non importa se gioco giorno o sera. Da partita a partita mi sento quasi come se giocassi un altro torneo.
In questi giorni si parla molto del grunting (rumore forte prodotto dai giocatori quando colpiscono la palla). Se ne parla fra giocatori o hai una particolare opinione su questo problema?
Onestamente sono stata molto indaffarata in questi giorni e non ho avuto davvero tempo di parlare con nessuno. Penso che abbiamo delle regole e che sia un compito del giudice di intervenire se disturbano il gioco. Poi è anche compito delle giocatrici avvertirlo se pensano che il rumore stia disturbando il loro gioco. Però credo sia diverso se qualcuno ha lo stesso verso. Ci sono giocatrici che fanno un rumore molto simile e questo è diverso perché ci sei abituata. Non è un gran guadagno ma è un’altra cosa dall’avere rumori diversi da punto a punto, palla a palla. Ed è qui che il rumore ti dà più fastidio. E qua credo sia pertinenza del giudice dire “ok se vuoi urlare urla ma c’è un limite ad ogni cosa”.