Cosa stavi pensando all’inizio del set finale?
Stavo davvero cercando di tornare a vincere la partita perché lui ha recuperato dal 3-2 e ha vinto quattro game consecutivi. Quindi stavo cercando di interrompere questo suo momento. Ho cercato di servire bene e penso di essere stato anche un po’ fortunato. Da quel momento in poi ho pensato che le cose potessero un po’ cambiare, ed è esattamente quello che è successo. Penso che l’esperienza mi abbia aiutato e ho avuto anche un po’ di fortuna ma mi sentivo come se ne avessi bisogno stasera.
Il numero 20 ha un significato particolare per te?
Il numero, di per sé, no. Forse se ho tempo per pensarci mi viene in mente qualcosa, perché finora non ci ho pensato è quel genere di cose che finiscono col farti andar male la partita, pensare troppo in là. Penso che sia stato difficile, stasera. Tutto il giorno sono stato a pensare a come mi sarei sentito se avessi vinto, come mi sarei sentito se avessi perso. Ero così vicino, eppure così lontano. Ho avuto momenti così in passato, ma forse mai così come stasera. Arrivare a 20 è ovviamente molto, molto speciale, senza dubbio.
In quanto campione del torneo maschile vuoi dirci qualcosa sulla campionessa del torneo femminile? Conosci Caroline, come vedi il suo successo qui?
Era il tipo di partita che la gente sperava. Quando ottieni il tuo primo Slam, per Halep o Wozniacki, non arriva nel modo più semplice, con un 6-2, 6-2. Devi lottare per questo.
Ero molto felice per lei, ma allo stesso tempo molto triste per Simona. Entrambi hanno avuto tornei duri. Vincere il primo Slam è chiaramente è incredibilmente speciale. Sono sicuro che lei è al settimo cielo.
Deve festeggiare come se fosse il suo ultimo. Non intendo questo in senso negativo, ma non puoi sapere se proverai mai più le stesse emozioni. Tutto è andato bene per lei questo torneo. Sì, ero molto felice per lei.
Quali sono stati i tuoi pensieri quando hai saputo che la finale si sarebbe giocata indoor?
Non ero sicuro se fosse bello o no giocare sotto il tetto. Ma non mi dispiaceva per il caldo, ad essere sincero. Ho pensato che forse per un ragazzone come Marin potesse essere un problema ma alla fine, non è una mia decisione.
Sono stato sorpreso di sapere che avevano usato la “Heat Rule” per una partita notturna. Non l’ho mai sentito prima. Quando sono arrivato in campo ero pronto per giocare all’aperto. Mi hanno detto che ci stavano pensando, che probabilmente avremmo giocato al coperto. Mezz’ora prima, ci hanno dato la notizia che avremmo giocato indoor. Per me non cambia nulla, ero pronto per entrambe le situazioni.
È il tuo sesto Australian Open. Come ci si sente ad eguagliare Emerson e Djokovic.
Non so come spiegartelo, non importa eguagliare un record. Si tratta di vivere le emozioni che ho vissuto stasera di nuovo: la cerimonia del trofeo, una dura partita sulle montagne russe, cinque set contro Cilic, che è un grande giocatore e che ha ottenuto il n. 6 qui. È solo un momento molto speciale.
Difendendo il mio titolo dall’anno scorso, una sorta di fiaba continua. Questo è ciò che spicca, non eguagliare Emerson o Novak.
Darai un nickname anche a questo trofeo?
Non lo so. È stato sempre con me l’anno scorso, perché è la prima volta che ho avuto il trofeo dell’Australian Open di dimensioni originali, il trofeo Norman Brookes. Invece di chiamarlo “il trofeo”, mi sentivo come se dovessi dargli un nome. Così ho pensato che “Norman” fosse molto appropriato. Piuttosto che dire “sto portando il trofeo”, dico “sto portando Norman”. È come un amico adesso. Ci siamo conosciuti. È stato divertente l’anno scorso, Non so se lo farò di nuovo quest’anno. Certo, Norman ha un posto speciale per noi, comunque. È bello essere qui seduto con lui adesso.
Come riesci a mantenere le tue ambizioni per i titoli del Grande Slam? Hai 36 anni. Come puoi mantenere la tua ambizione?
Penso non esagerando, non giocando tutti i tornei possibili. Mi piace allenarmi. Non badare al viaggio. Avere una grande squadra intorno a me lo rende possibile. Vedo che i miei genitori sono incredibilmente orgogliosi e felici che a loro piace venire ai tornei. Questo mi rende felice e mi fa giocare meglio.
Poi, ovviamente, mia moglie rende tutto possibile. Senza il suo sostegno, non giocherei più a tennis da molti anni. Ma abbiamo avuto una conversazione molto aperta, sul fatto se fosse stata felice di farlo o meno, anni fa. Sono felice che sia così appassionata. E lei è disposta ad assumersi un carico di lavoro enorme con i bambini. Lo stesso per me, perché non vorrei essere lontano dai miei figli per più di due settimane. Questa vita non funzionerebbe se lei avesse detto no.
Molti tasselli hanno bisogno di stare insieme per far sì che io stia seduto qui stasera.
Perché sei stato così emotivo dopo la partita? Puoi descrivere il momento in cui hai avuto quell’incredibile reazione della folla? Perfino Rod Laver si stava agitando.
Non l’ho visto tra le lacrime che stava scattando una foto di me che piangeva. Non so cosa dirti. Stavo cercando di spiegarlo alle TV. Penso che tutto sia successo molto velocemente. La semifinale è stata interrotta e ho tenuto molte emozioni dentro di me perché non ho dovuto lottare all’estremo come l’anno scorso contro Nishikori, Stan, e così via.
Tutto questo mi ha ricordato la finale contro Baghdatis, che è stata dura. Ero il favorito, sono arrivato alla finale in un modo davvero buono. Poi, quando tutto è stato detto e fatto, Rocket mi dà il trofeo, sto in piedi di fronte alla gente, non lo so, mi colpisce davvero.
Quando comincio a parlare ogni argomento che tocco in realtà è molto significativo e molto emotivo. Ringrazi la tua squadra, ti congratuli con Marin, ringrazi la gente, il torneo. Alla fine è come una grande festa.
Ma speravo che nel corso del tempo avrei iniziato a rilassarmi un po’, ma niente. Era quello che era. Vorrei che non fosse così a volte. Allo stesso tempo sono felice di poter mostrare emozioni e condividerle con le persone.
Nel grande corridoio che sbuca sulla Laver Arena, quello con tutte le foto dei campioni, hai avuto un momento in cui ti sei fermato a riflettere. Puoi condividere i tuoi pensieri? Cosa stava succedendo nella tua mente?
Non è una cosa così profonda come la fai sembrare. Era molto leggero (sorridendo).
Stavo solo cercando di assicurarmi di avere abbastanza potenza nei miei bicipiti. Era speciale camminare davanti allo striscione di Stefan Edberg, la foto con le sue due vittorie. È un uomo che mi ha molto ispirato ed è molto importante nella mia carriera. Non lo so. Ero davvero felice, ad essere sincero, che tutto fosse finito. Ero stato così maledettamente nervoso tutto il giorno. Mi stava mangiando dentro. Ecco perché ero così sollevato. Penso che sia stata più di una passeggiata di sollievo a quel punto.
Perché eri così nervoso? Dall’esterno si potrebbe pensare che l’anno scorso sia stato più snervante.
A volte non puoi spiegarlo. È solo una sensazione. È come contro Berdych, non ero negativo, ma mi sentivo come se vedessi che una perdita stava arrivando in qualche modo. Non perché non mi sentissi bene o cose così, pensavo che forse Berdych potesse sentirlo davvero.
Non mi sono addormentato molto bene dopo la partita di Chung. Penso che mi abbia sorpreso il fatto che in questa fase di una competizione la semifinale era stata una passeggiata. Era molto strano per me. Non mi sono addormentato fino alle 3 del mattino. Tutto il giorno dopo stavo già pensando a come avrei dovuto giocare contro Marin, quanto sarebbe stato bello vincere il ventesimo slam, quanto sarebbe orribile perdere.È durato per 36 ore tutto questo. Come ho detto mi è sembrato come se le finali fossero arrivate troppo velocemente, per via anche del fatto di non aver perso nessun set, lasciandomi ancora così tante emozioni dentro.
Ma va tutto bene. Ho iniziato bene la partita. Penso di aver perso il secondo a causa dei nervi, ad essere onesti. Ma mi piace preoccuparmi. È bello che mi importi di queste partite.
È la prima volta che ti senti così?
No, è successo molte volte. Quando tutto sarà finito sarò felice di non dover più passare attraverso questi momenti. Non lo so, è bello con il senno di poi, ma nel momento stesso … Soprattutto quando la finale è di sera e aspetti tutto il giorno. A Wimbledon, vai fuori e giochi. Qui è una lunga giornata. È una lunga giornata.
Cosa hai pensato nell’ultimo challenge? Eri seccato?
Non so cosa sia successo. La gente ha iniziato a battere le mani. Ero, tipo, “ho sbagliato a pensare che la partita sia finita? Ho festeggiato troppo presto?” Ho quasi dovuto controllare il punteggio.
Non so cosa sia successo dopo. Poi mi è sembrato che avesse chiamato il challenge. “Ha chiamato il challenge? Oh, no. Era fuori, davvero?” Ma mi sentivo bene in fondo. Ma ovviamente lui deve chiedere il challenge. Immagina di perdere una partita a causa di quella palla perché sei troppo educato per chiamare il challenge alla fine
Però avevo buone sensazioni, ed ero sul 40-0. Non è stato come l’anno scorso in cui abbiamo avuto i “back-and-forth saving points”. Questo era 5-1, 40-0, quindi ero più rilassato.
Hai 36 anni, giochi contro ragazzi che sono più grandi, più forti, più giovani. Quanto pensi di poter continuare a giocare a questo livello?
Non ne ho idea. Onesto, non lo so. Non ne ho idea. Ho vinto tre slam ora in 12 mesi. Non ci posso credere anench’io. Devo solo mantenere un buon programma, rimanere affamato, allora forse possono accadere cose buone. Quindi non penso che l’età sia un problema, di per sé. È solo un numero.
Ma devo fare molta attenzione nella mia pianificazione, decidere veramente in anticipo quali sono i miei obiettivi, quali sono le mie priorità.
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