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WTA Pechino: Garcia senza limiti, anche Halep deve inchinarsi

C. Garcia b. [2] S. Halep 6-4 7-6(3)

Si è materializzato qualcosa di mai visto fin qui dal 2014, anno del primo back-to-back dei tornei di Wuhan e Pechino del circuito WTA. Caroline Garcia è la prima giocatrice a completare la doppietta, vincendo prima il Premier 5 della città natale della leggenda cinese Na Li e poi l’ancor più importante torneo della capitale, il quarto e ultimo Premier Mandatory della stagione.

Lei che fino a due settimane fa aveva come migliori risultati, a livello di titoli, 3 WTA International (il livello più basso) e 1 WTA 125k (un ibrido tra Futures e WTA, quello che forse più si avvicina al concetto di Challenge nel circuito maschile), ha ritoccato il proprio palmares aggiungendo i due tornei più importanti della tourneè asiatica, WTA Finals escluse. 1900 punti che, sommati ai 100 raccolti a Tokyo nella settimana prima, diventano 2000, l’equivalente di uno Slam. A completare l’opera, il sorpasso impossibile da prevedere su Johanna Konta, che ad oggi sarebbe fuori dal Master di fine anno dopo aver trascorso 10 mesi tra le prime 8 del mondo nella Race e anche con molto agio.

Le due settimane migliori della carriera si sono materializzate partendo da due partite piuttosto complicate. Forse, in termini di soddisfazioni, possiamo aggiungere soltanto quelle del Roland Garros dello scorso anno quando vinse il torneo di doppio assieme a Kristina Mladenovic, prima coppia tutta francese a riuscirci dal 1971. Purtroppo, meno di 12 mesi dopo, quella coppia è scoppiata per cause extra-campo. Quello in cui però ha realmente impressionato è stata la costanza di risultati contro ottime giocatrici così come nei match dove partiva favorita ed era costretta alla rimonta. A Wuhan era indietro di un set e con un turno di battuta molto pericoloso contro Angelique Kerber, apparsa in ripresa a Tokyo. Qui a Pechino invece era indietro 0-4 nel match contro Elise Mertens prima di chiudere l’incontro in due set.

Anche oggi, come ieri contro Petra Kvitova così come due giorni fa nelle tre ore e ventidue minuti impiegate per battere Elina Svitolina, ha saputo attuare il suo tennis d’attacco, in progressione, senza tutte quelle pause e quelle altalene di rendimento che ne hanno troppo spesso condizionato la carriera. Tutti ricorderete il tweet di Andy Murray su di lei, che la vedeva come la futura numero 1 del mondo, già al Roland Garros del 2011. In sei anni le difficoltà attraversate sono state tante, ma negli ultimi 4 mesi è iniziata una crescita di risultati che è esplosa in queste due settimane.

Di fronte a lei, oggi, si è inchinata anche chi da domani siederà sul trono WTA. Halep è stata tutt’altro che arrendevole, remissiva, o con l’atteggiamento di chi si era adagiata sugli allori. Ha fatto partita alla pari, cercando di costratare il fuoco di una giocatrice mai così in forma con la sua ragnatela di colpi e senza dare alcun punto di riferimento. Il problema, per lei, è che oggi serviva anche un briciolo di aiuto della sua avversaria. La francese però è stata quasi perfetta, in un primo set dove al di là dei break iniziali si è proceduti sul filo dell’equilibrio fino al 4-4, primo momento chiave. Dal 40-0 si è fatta riacciuffare nel miglior momento in risposta di Halep, che però dopo aver subito un ace centrale si è mostrata piuttosto remissiva e non ha rigiocato un rovescio piuttosto corto, fermato dal nastro. Ne è succeduto il peggior game della neo numero 1 del mondo nel corso del suo intero torneo, per momento e importanza: 4 errori gratuiti, di cui 2 piuttosto gravi perché arrivati con lo scambio ancora nella fase embrionale e con entrambe che palleggiavano nella zona centrale del campo senza prendere troppi rischi. Il secondo set point è stato quello decisivo e ha dato il primo strappo alla partita.

Halep, di nuovo, non stava affatto giocando male e con il servizio era coraggiosa perché con un’avversaria che aveva preso così tanto campo in risposta, nel momento in cui doveva servire una seconda palla si prendeva diversi rischi e cercava le righe, frutto un po’ del momento ottimo e del tanto lavoro effettuato nelle scorse settimane. Proprio dopo lo US Open, la rumena ha cominciato a fare un’ora al giorno di servizi per aumentare l’incisività. Non ha servito affatto male, c’è stato soltanto quel game a fare la differenza. In risposta, invece, le chance erano molto poche, tutte concentrate nel settimo game del secondo set. Il numero è di quelli importanti: 9 palle break avute in 12 minuti, un vantaggio iniziale di 0-40, tutte cancellate. Su almeno 7 di queste la francese ha dominato lo scambio: aggressiva, precisa, lucida. La miglior versione nel momento di massima difficoltà. Su una delle altre due è stata anche intelligente, perché costretta a servire una seconda palla ha lavorato molto col kick ed è andata a corpo della rumena, che come spesso le capita ha provato a colpire di dritto verso il lungolinea ma si è trovata la palla troppo addosso e senza il tempo per organizzarsi. Sulla nona, invece, l’unico vero (e quindi grave) errore con un rovescio che voleva essere incisivo ma si è spento a metà rete.

Passato lo spavento, Garcia serviva forse meno prime ma non ha più concesso nulla. Alla lunga è stata l’avversaria a calare come rendimento. Piccoli dettagli ma che si sono rivelati decisivi. Oltre al rovescio per le comodo su 6-5, è arrivato quello altrettanto banale sul 3-4 nel tie-break che però è terminato ben oltre il corridoio. Un punto più tardi e un nuovo rovescio, pizzicato dal nastro, è andato in corridoio. Al primo match point Caroline ha completato la sua opera più bella, ritoccando il proprio palmares e quello della Francia, che da domani vedrà ufficializzarsi il rientro di una transalpina in top-10 come non capitava da Marion Bartoli. Infine, Singapore ad oggi sarebbe una (splendida) realtà, con il vantaggio ora di poter guardare Konta dall’alto verso il basso e poter “ragionare sulla difensiva”. Questa Garcia, però, di difensivo ed attendista ha ben poco.

Diego Barbiani

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