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Zverev: “Vedere mia madre sorridere dopo quello smash mi ha aiutato”

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Come riassumeresti quello che è successo oggi? È stato il miglior match della tua vita?
Sì, è stato decisamente il miglior match della mia vita, ma non solo perché era al meglio dei cinque set, in uno Slam. Non lo so, è stato incredibile.

Come sei riuscito a rimanere così calmo?
Non so come. Delle volte succede e basta. Provi a distrarti facendo la cosa giusta in campo. Guardavo il mio box. Mia madre sorrideva. Sono cose che aiutano. Mio padre era concentrato. Tutti erano rilassati. Ho sentito che c’era una bella atmosfera e questo mi ha permesso di rimanere concentrato sul campo. Ho cercato di rimanere positivo, e ha funzionato.

Quant’è difficile rimanere saldi all’idea di scendere sempre a rete?
Beh, è facile perché sapevo che non c’era un piano B. Non posso stare sulla linea di fondo, o un paio di metri dietro la linea di fondo, provare a giocarmela sullo scambio. È molto forte fisicamente, ha un buon gioco da fondo. Sapevo di dover venire in avanti, era la mia unica chance di vincere. Per cui non c’era un piano B, è tutto quello che potevo fare.

Non si vede tanta gente che gioca come te, specie così in fondo in uno Slam. Pensi che possa essere uno stile che si può adattare ad altri tennisti o è qualcosa che solo tu puoi fare?
Lo dico sempre: ci vuole tanto tempo per sviluppare un gioco di questo tipo. Verrai passato molto spesso, specie quando sei giovane e giochi con i migliori. Com’è successo due settimane a Brisbane contro Rafa, sentivo di non avere chance. Credo che se è uno giovane e percepisce una sensazione come quella, si scoraggia facilmente. Quindi dici: stiamo sulla linea di fondo, proviamo a metterla sul ritmo. Credo sia più una questione di attitudine mentale: devi andare a rete e vieni passato per due set. Mi è successo contro Isner, persi due set. Ma comunque sono rimasto fedele al mio piano. Ma poi verso la fine della partita le cose sono cambiato. Se non cambiano, stringi la mano al tuo avversario e ti congratuli con lui.

Puoi parlarci della strada che ti ha portato fin qui. Hai giocato nei challenger, gli infortuni, il ruolo di tuo fratello.
È una storia lunga… Posso dirti che non è stato facile tornare dopo l’operazione al polso di due anni fa. È stato mio fratello a dirmi che potevo tornare, diventare di nuovo un top 100. Devo ringraziarlo molto. Non è stato facile. Sono stato tipo numero 1100 all’inizio del 2015. Ero molto in fondo. Non è stato facile. Ma avere una famiglia così, mio fratello che va così bene, la famiglia che ti supporta è importante, è stata una strada molto lunga, ma mi sono divertito. Quando lo vedi giocare così bene, ci sono emozioni positive in famiglia, sia dentro che fuori dal campo. Anche quando vedo che non sto giocando bene e lo vedo giocare ad Halle, raggiungere la finale battendo Federer, mi dà delle emozioni positive che mi porto dietro nel torneo successivo.

Quanto sei stato vicino al ritiro?
Ritirarmi no, non sapevo cosa fare. Mi ero infortunato. Avevo un gesso al braccio, non potevo fare nulla. Non potevo tenere in mano una racchetto. Ho cominciato a viaggiare con dei junior che erano amici di mio fratello. Ogni tanto li allenavano i miei genitori, per cui gli ho chiesto se avevano bisogno di aiuto. Mi hanno detto di sì. Per cui ho cominciato a viaggiare nei Futures, tipo nel sud del Texas, non certo il posto più bello del mondo. Nulla contro il Texas, ma andavamo in queste città piccolissime, ospitalità zero. Vai negli hotel, mangi da Subway, cose così. Ho capito che mi mancava giocare e che potevo fare ancora bene in campo. Ho sentito di essere ancora giovane, mi mancava il tennis. Non ho appena ho iniziato a sentirmi meglio, il mio polso stava meglio, ho cominciato l’off-season del 2014 a novembre con mio fratello e Jez. Mi sono detto: proviamoci ancora.

C’è una grande differenza di età tra te e Sascha. Sembrate molto legati.
Penso che la differenza d’eta aiuti, addirittura. Ho l’esperienza necessaria per capire che costa sta passando. So quando essere suo fratello, quando essere suo amico, quando dargli dei consigli e quando lasciarlo stare. Penso di aiutarlo molto. È molto giovane. Ovviamente gli manca esperienza, ma è un ragazzo molto positivo, molto. Ogni tanto dico che lo è in una maniera ingenua, ed è un bene. Hai bisogno di una personalità così vicino a te. Quando le cose non ti vanno bene, c’è sempre qualcuno accanto a te che rimane positivo, che ci credo. È quel tipo di persona. I fatti non aiutano. Una volta che ti sei convinto a credere in te stesso, lo fai e basta.

Hai battuto il migliore tennista del mondo. Hai ventinove anni, come lui. Infortuni a parte, come mai questo livello di tennis non è mai venuto fuori prima?
Perché siamo essere umani. Ognuno di noi sviluppa la propria personalità in modo diverso. Giocavo abbastanza bene quando avevo 21 anni, ero 45 del mondo. Poi ho avuto un paio di infortuni. Ma forse non mi sono concentrato sul mio tennis. Forse non ho lavorato abbastanza. Ci sono tante piccole cose che non ti fanno esprimere tutto il tuo potenziale. Mi sono fratturato il posto, le costole, ho avuto l’ernia al disco, tutta questa roba. Se non sei mai a posto fisicamente, non ti diverti più. Provi a giocare e ti fai male di nuovo. Scendi in classifica, il tuo gioco non va, non hai fiducia. Ci sono un sacco di cose da recuperare. Penso di aver avuto bisogni di scendere così in basso, in modo da ripartire da capo. A dire il vero, l’infortunio mi ha aiutato a capire quanto il mio tennis è importante per me.

Daniele Vallotto

Scrive spesso di tennis, ha fondato Tennispotting ma questo non vuol dire che sappia giocare a tennis. Su twitter è @danielevallotto.

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Daniele Vallotto

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