Federer: “Non avrei mai pensato di arrivare in semifinale”

La conferenza stampa di Roger Federer dopo la vittoria con Mischa Zverev ai quarti di finale degli Australian Open: "Stan è il giocatore che mi conosce meglio".

È andato tutto secondo i piani?
Beh, voglio dire, ci sono diverse soluzioni di gioco in un match. Penso che sia andato tutto sostanzialmente bene. Sono contento di come ho iniziato. Son partito bene con lui anche oggi, come avevo fatto l’ultima volta che ci eravamo incontrati. Fatto questo, tutto diventa più facile. Il secondo set è stata la chiave per poterlo dominare definitivamente. È stato importante essere in grado di recuperare il break, quando lui stava giocando alcuni buoni games. Poi nel terzo ho amministrato bene. È stata una bella partita, penso di aver giocato alla grande. Mischa ha fatto un grande torneo, complimenti dunque a lui.

C’è stato un momento nel match in cui lui ha provato a rimanere a fondo campo. Quando è ritornato a rete, lo hai brekkato di nuovo. Eri sorpreso che fosse tornato al suo serve & volley?
Ha sempre fatto serve & volley, non ha mai cambiato. Se guardi le statistiche penso che abbia una percentuale del 100% di serve & volley prima, uguale dopo. Penso che ti sbagli (sorride). Almeno, quello che mi ricordo è che lui è venuto a rete tutto il tempo.

Degli otto incontri che hai giocato dal tuo ritorno dopo sei mesi di inattività, qual è stata la cosa che ti ha sorpreso di più?
Penso sia stata vincere due incontri consecutivi al meglio dei cinque set, di grande qualità e con grandi giocatori. Questo era stato il più grande interrogativo sul mio ritorno, se sarei stato in grado in così poco tempo. Pensavo di potermi trovarmi in difficoltà in qualsiasi momento durante un incontro. Oppure, ovviamente, se poi avessi proseguito nel torneo, pensavo che avrei potuto sentirmi senza energie. Insomma, questo genere di cose.
Penso che adesso che sono in semifinale, ho belle sensazioni sul mio fisico, su come sto giocando: questa è la grande sorpresa. Come dicevo in campo, se qualcuno mi avesse detto che sarei arrivato a giocare la semifinale, giovedì, con Stan, non ci avrei mai creduto.
Per Stan sì, ma certo non per me. Onestamente fino a pochi giorni fa non sapevo nemmeno che mi trovavo dalla sua parte di tabellone. L’ho capito alla fine, dato che, siccome giocava nei miei stessi giorni, ma non avevo ancora guardato in quella parte di tabellone perché per me sembrava troppo inverosimile arrivarci.

Guardando a Stan, a come si sono evolute da quando hai iniziato a giocare, ora che lui ha vinto tre Slam: è cambiato il tuo modo di vederlo ora?
Battevo un sacco di giocatori quando erano più giovani e questo è importante per gli scontri diretti. Ma non mi interessa tanto perché trovo che ogni match sia differente. Credo che lui un tempo faticasse di più sul veloce; ci giocai a Rotterdam e in altri tornei. Lo vedevi dai suoi movimenti con le gambe, dalla risposta, non era proprio a suo agio. Per me è stato incredibile vedere che il suo primo Slam è stato qui in Australia, avrei pensato di più gli Open di Francia, perché si è sempre mosso bene e senza fatica sulla terra. Nasce per giocare su questa superficie, è un po’ il suo DNA. Penso che abbia fatto incredibilmente bene sulle altri campi, erba compresa; è diventato davvero un buon giocatore, nutro grande rispetto per lui, per come è riuscito a trasformare il suo gioco, la sua testa, anche attraverso un piano di gioco. È stata la sua trasformazione. Lui ha creduto di potercela fare, e ha dimostrato quanto lontano si possa andare.

Visto quanto stai giocando bene, e guardando avanti, potresti valutare di fare altre pause nel calendario?
Giocare un torneo e stare sei mesi fuori (sorride). Non avrei ranking perché non sarei in grado di vincere ogni volta che rientro. Ho sempre saputo che una pausa poteva essere importante per me. Se guardi indietro, ho sempre giocato.

Qual è stata la cosa che è cambiata di più nel rapporto tra te e Stan dopo che lui ha vinto tre Slam e ti ha superato in classifica?
Non ricordo quando questo è cominciato. So che ho dato molti consigli a Stan su come poteva giocare con certi giocatori. Quello che mi è sempre piaciuto di lui, e che quando gli si dice qualcosa, percepisci sempre che poi sia in grado di realizzarlo. Aveva dimostrato di essere un grande giocatore, ed aveva l’intelligenza di capire quello che cercavo di spiegargli. Alcuni giocatori, se pur gli consigli qualcosa, non hanno magari idea su come metterli in pratica, mentre Stan ha sempre imparato molto da questo. Poi è arrivato il giorno in cui non mi ha chiamato più di tanto. Mi chiamava sempre meno. Sapevo anche che non dovevo dirgli altro, perché ormai lui aveva costruito una sua esperienza, si era creato una base solida, un team. Solamente di tanto in tanto posso continuare a dargli qualche consiglio. D’altro canto, sono felice che lui sia stato in grado di prendere la sua strada.

E tu hai mai chiesto un consiglio a lui?
Certo che l’ho fatto. Ci siamo sempre aiutati di tanto in tanto. Ovviamente in Coppa Davis, perché naturalmente essendo nella stessa squadra è normale parlare degli altri giocatori. Ma nel 95% dei casi sono stato io a consigliarlo.

Pensi che lui possa conoscere il tuo gioco meglio di chiunque altro? Questo può rappresentare un ostacolo maggiore?
Sì, penso che lui, assieme a Rafa, siano tra quelli che conoscono meglio il mio gioco. Con Stan mi sono allenato così tante volte assieme, con Rafa solo una volta nella mia vita. Credo che questi due ragazzi mi conoscano molto bene.

Sei appena arrivato in semifinale, non trovi strano il fatto che Andy Roddick, un ragazzo che è cresciuto con te nel circuito, sia appena stato insignito nella Hall of Fame? Lo hai incontrato in questi giorni?
No, non sapevo neppure che era qui. Me lo ha riferito qualcuno. Bello, wow, che figata. Spero di poterlo incontrare. Sono molto contento per Andy. Penso che sia un gran bravo ragazzo, un grande giocatore. Riconoscimento davvero meritato. È bello vedere vecchi amici che diventano Hall of Famer. Molto bello per lui, sono davvero contento.

Trovi che la superficie di quest’anno, più veloce, abbia aiutato i giocatori più anziani?
Giocatori più anziani… Non saprei. Capisco quello che stai dicendo. Non lo so, è possibile. Penso che con queste condizioni, la vecchia generazione, voglio dire quelli venuti fuori prima del 2005, siano abituati a giocare sulle superfici veloci. Prima di allora i campi erano un po’ più veloci, credo. Ricordo i campi indoor in Svizzera che erano fulmini. Poi, tutto è cambiato col passare del tempo. Basti guardare ad esempio Venus, e come ama le condizioni veloci. Penso che sia naturale per lei perché forse si pensa meno, e basta giocare con l’istinto. Penso che i giocatori più maturi possano guadagnarci. A volte ti può aiutare.

 

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