Arrivederci Federer, Goodbye, Au Revoir

TENNIS – QUIET PLEASE – di ROSSANA CAPOBIANCO – Il 2016 è per gli appassionati di tennis una piccola anticipazione del futuro, una sorta di flash forward degno di un Lost d’annata. E’ l’annuncio della fine di un’era che tutti sapevamo fosse lì per terminare ma che adesso iniziamo a toccare con mano. Federer non si ritirerà presto, altrimenti avrebbe giocato malgrado i problemi fisici. E’ un arrivederci, ma è un amaro saluto comunque.

Come quando ti trema la terra sotto i piedi. Non capisci cosa sta succedendo, non sai che devi scappare da lì, in quel momento hai solo paura e la razionalità non esiste. Accade lo stesso quando le certezze su cui si basa la tua vita, le tue passioni, la tua routine, si sgretolano. Quando qualcosa cambia, perché deve cambiare, perché il fondamento stesso della vita è il cambiamento, la trasformazione di ogni cosa.

Filosofie a parte, l’appassionato di tennis si è sentito così: cosa accade al mondo? Al mio mondo? Non è questa la realtà che conosco.
Roger Federer si è tirato fuori da un maledetto 2016 così, in un tardo pomeriggio di fine Luglio, alle porte delle sue ultime Olimpiadi. Aspettate, contemplate, preparate. Perché?

“Il corpo ha bisogno di recuperare in maniera perfetta dall’infortunio al ginocchio”. Forse, Roger non ne può più di quei piccoli dolorini, di non essere in forma come vorrebbe, di ricadute e di incertezze. Vuole sentirsi di nuovo bene, anche con i normali acciacchi di un trentacinquenne. Con soli sette tornei giocati è decimo nella Race, anche se quasi sicuramente sarà solo top 20 in Australia.

Trentacinque anni che Roger non festeggerà a Rio, non festeggerà giocando. Sarà a casa, pronto al recupero fisioterapico e di preparazione poi. Dura per lui saltare tutti questi mesi di competizioni, non gli è mai capitato da quando è diventato professionista, quasi vent’anni fa.

Vent’anni in cui il tennis ha imparato a convivere col Fenomeno, a dipendere dalle sue magie in campo, dalle rivalità che ha creato, dall’amore sconfinato che ha per questo sport che ha radicalmente cambiato portandolo ad un livello di visibilità prima sconosciuto al tennis. Ambasciatore e promotore, simbolo e certezza. E quindi anche solo cinque mesi senza, una decisione probabilmente saggia per chi vuole giocare ancora qualche anno senza altre ripercussioni sicure, anche con tutta la comprensione umana e razionale di cui si è capaci, la terra trema. 

Le Ere cambiano, anche quelle sportive. Sta cambiando anche questa, dorata e duratura, lunga e florida. Le battaglie con Nadal, la prima volta da ultras in uno sport di nicchia; gli spalti sempre pieni, le TV che finalmente vogliono il tennis. Il tennis in smoking, il gentleman genio. A tutto questo e a molto altro diciamo arrivederci, come faceva Renato Rascel nella sua “Arrivederci Roma”. Tornerà, non sappiamo come, non sappiamo cosa sarà, questo colpo di coda del Re di un’Era irripetibile. Che ci fa male oggi a riguardarla tutta ma non è ancora un addio. E’ un triste arrivederci che scuote la paura di un saluto futuro.

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