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25 Giu 2016 11:00 - ATP
Riccardo Zacco, del Team Piatti: «Questo è un gruppo di persone fantastiche»
di Redazione
TENNIS – Di Adamo Recchia
Riccardo Zacco (nella foto il secondo partendo da destra) è un preparatore atletico del team di Riccardo Piatti, segue sia junior che senior in campo maschile e femminile e ha lavorato anche con Andreas Seppi.
Raccontaci il tuo primo impatto col nostro sport.
«Ero ancora uno studente in scienze motorie e allenavo nell’atletica leggera quando Paolo Moisè, il professore che potrei definire mio mentore, mi chiese se fossi interessato a lavorare in un piccolo circolo di tennis come preparatore fisico. Devo ammettere che, all’inizio, nonostante mio padre sia un grande appassionato di tennis e da bambino io avessi preso qualche lezione, conoscevo davvero poco questo sport, tanto che, alla prima partita di allenamento a cui ho assistito, sono entrato in campo tra una prima e una seconda di servizio tra gli insulti del maestro. Da lì ho cominciato a studiare il modello prestativo tennistico e a specializzarmi e tanto più lo studiavo quanto più mi affascinava e volevo saperne di più».
Quando hai capito che poteva diventare un lavoro?
«Mi ha sempre colpito la frase di Confucio “Scegli un lavoro che ti piace, e non dovrai lavorare neppure un giorno della tua vita.” Infatti, più approfondivo il mio studio sul modello prestativo tennistico, più rimanevo affascinato dal mix di qualità fisiche che un tennista deve avere: bisogna essere molto forti dato che sta progressivamente diventando uno sport sempre più veloce, con servizi molto potenti, spostamenti rapidi e repentini in tutte le direzioni, ma, allo stesso tempo, capaci di resistere per partite lunghe anche diverse ore e avere una grande capacità di recupero, siccome, più un giocatore avanza nei tornei meno riposo ha, arrivando a giocare tutti i giorni della settimana, anche per 4 settimane di fila. E’ inoltre uno sport traumatico che mette a dura prova le articolazioni per cui il primo obiettivo del preparatore è far si che l’atleta si infortuni il meno possibile.La strada non è stata tutta in discesa, ho avuto svariate esperienze e da ognuna ho imparato qualcosa; per riassumere: dai più bravi devi imparare, dai meno bravi imparare cosa non fare e bisogna comunque sempre prendere il lato positivo di ogni situazione, solo così si può crescere».
In che circolo lavori e quali giocatori segui?
«Lavoro nel Team Piatti a Bordighera, e ho la fortuna di seguire ragazzi che hanno ben presenti i loro obiettivi e lavorano sodo per poterli raggiungere. Sono atleti molto seri e con molta voglia di lavorare, per cui ogni allenamento è un piacere e mi mettono in condizione di amare sempre di più il mio mestiere. Prevalentemente ho atleti giovani in formazione, tra gli uomini, per fare qualche nome, seguo Simone Roncalli, Gianmarco Moroni, Gianluca Grison e Manfred Fellin, tra le donne Liudmila Samsonova e le gemelle Turati, mentre tra le nuove promesse Sinner e Inserra senza contare una breve esperienza l’anno scorso con Andreas Seppi e Stefano Napolitano».
Da quando lavori per il Team Piatti?
«Ho iniziato a collaborare con il team Piatti quando sono entrato al Circolo della Stampa Sporting. In quel periodo io ero assegnato alla preparazione del gruppo dei più piccolini, anche se il mio sogno era quello di diventare un grande preparatore. Riccardo mi ha notato e ha apprezzato da subito la mia voglia di imparare e lavorare, facendomi capire che, per essere bravi, bisogna prima conoscere come lavorano gli altri, e imparare sempre di più, così mi ha affiancato a Dalibor Sirola. Una delle frasi più belle che mi abbia detto Riccardo è stata: “Quello che fai va benissimo, quello che farai sarà ancora meglio”. È davvero carismatico, tutti nel team lo seguiamo perché ha una grande esperienza e una saggezza fuori dal comune, è un leader naturale, mai impositivo, ma grande trascinatore. Nel team siamo molto compatti, e lavoro a stretto contatto con i maestri Andrea Volpini, Giulia Bruschi e Luka Cvjetković. Le decisioni sono sempre prese di comune accordo, discutiamo, ma sono sempre confronti costruttivi, e agiamo sempre come un team sfruttando ogni situazione come una possibilità di crescita professionale».
Giochi anche tornei come giocatore? Qual è la superficie che prediligi?
«Ahimè non gioco a tennis anche se ogni anno mi dico che dovrei trovare il tempo di imparare…».
Caso Sharapova: qual è la tua opinione sulla vicenda?
«Da quello che so, è una gran lavoratrice. Si è allenata per anni ed ha avuto ottimi risultati proprio per questo, ma, a causa di una disattenzione, ha ricevuto una squalifica di due anni per un farmaco che, fino all’anno scorso non era nella lista delle sostanze dopanti. È un peccato, ma, essendo comunque doping dovrà subire le conseguenze delle sue azioni. aspettiamo l’esito del ricorso al TAS per sapere di che entità saranno queste conseguenze. Quello che cerco di insegnare ai ragazzi che seguo è che non c’è bisogno di aiuti esterni per eccellere, infatti con alimentazione corretta, riposi pianificati e allenamenti adeguatamente programmati non c’è bisogno di scorciatoie».
Coppa Davis: Italia-Argentina. Come la vedi?
«Sarà un bell’incontro anche perché avverrà dopo soli 5 giorni dalla fine di Wimbledon, quindi sarà interessante vedere come si adatteranno i top player al cambio di superficie, e, con un grande pubblico dato che si giocherà in casa, di sicuro gli italiani avranno una carica in più, per cui ci sono tutte le premesse per vedere delle belle partite».
Quali giocatori prediligi?
«Per quanto riguarda gli atleti che seguo, preferisco quelli che spingono tanto e chiudono velocemente il match perché mi fanno soffrire di meno quando seguo le loro partite! Scherzi a parte, non ho una predilezione, mi piace allenare tutti i tipi di giocatore. Nel team abbiamo ragazzi che puntano a sfinire l’avversario, e sono bei match dal punto di vista della preparazione, che mettono a dura prova il fisico e sono spettacolari per l’intensità e le prestazioni atletiche e altri atleti che invece hanno una inclinazione per spingere e attaccare di più, che sono più interessanti da vedere dal punto di vista tecnico tattico».
Sappiamo che segui sia atleti senior che atleti junior: che differenza trovi?
«Con gli junior sei prima di tutto un educatore, e gli insegni ad allenarsi. E’ un compito più complesso, ma più appagante in quanto partecipi attivamente alla costruzione dell’atleta; con i senior è gratificante perché sono già formati e ci si può concentrare prettamente sul lavoro, dando già per acquisiti la forma mentis, l’attitudine alla fatica e i sacrifici che la vita da atleta impone».
Credi nella figura del mental coach nel tennis?
«Come tutte le figure, non è la professione che è importante ma la professionalità di chi la svolge. Sono dell’idea che possa essere davvero d’aiuto all’atleta soprattutto in condizioni di stress estremo e prolungato, è quindi molto importante che la persona sia molto qualificata. Bisogna sempre tenere conto che il vero protagonista è l’atleta e tutte le altre figure lo aiutano solo a migliorarsi, a proseguire e crescere nel suo percorso».