Quale forma ha l’acqua? In verità l’acqua prende la forma che le viene data, perché si sostiene che non ne abbia davvero una tutta sua. Proprio come un liquido, incapace di acquisire una sola forma, il tennis di Jannik Sinner fluisce, si adegua a ogni foggia o situazione. Scorre inesorabile ignorando gli ostacoli e procede […]
TENNIS – Di DANIELE AZZOLINI. È l’anno dei vecchietti, ma non è un film (Odissea nell’Ospizio?), e nemmeno ci troviamo a Villa Arzilla, ché i nostri, a ben vedere, sono tutti vecchietti in carriera.
È che si parla di loro, anzi, quasi solo di loro: dei 39 di Totti che entra e segna, e di Toni, che chiude con il cucchiaio; dei 38 di Buffon che para anche i rigori, dei 37 di Valentino Rossi che tende imboscate sulle piste spagnole, dei quasi 35 di Federer che tiene tutti in apprensione sfogliando la margherita della sua cagionevolissima stagione: sono malato, non sono malato, e se fosse, quanto sarei malato? «Bello lo scudetto da vecchi», dice Ranieri d’Inghilterra. Bello sì! E sempre più possibile.
È l’anno dei vecchietti, anche perché viviamo in una società che di anno in anno rinnova le soglie di appartenenza a quella o quell’altra categoria, arrotondandole per eccesso. È una vecchiezza che si respira nell’aria, quella odierna. Che s’infila dappertutto, nei punti di vista, nei modi di dire e di fare, nelle considerazioni pubbliche e laddove la pecunia continua a “non olere”. Il vecchietto ha ancora qualche soldo da spendere, il giovane no.
E dunque, perché sorprendersi se lo sport si allinea agli intendimenti della società da cui trae linfa ed elegge a “sempre verdi” gli Over Trenta di oggi, spingendoli con brillante energia verso i quaranta? Tanto più che i vecchietti dello sport, una cosa l’hanno imparata: come trasformarsi in prodotti a lunga conservazione. Là dove il professionismo è roba seria, l’atleta è sempre più simile a un prodotto da mantenere a lungo sul mercato. Il Federer di oggi è azienda di se stesso e griffe senza tempo, ha investito sulla sua longevità e su uomini in grado di mantenerlo sul mercato tennistico per essere “fruibile” anche alla sua non più tenera età.
Può apparire fuorviante partire da tali considerazioni, trattando di un’edizione degli Internazionali d’Italia che rinnova sfide di alto livello, sempre che lor signori abbiano la compiacenza di giocarsele fino in fondo, dato che il Mondiale su Terra Rossa (Roland Garros, da domenica 22) incombe ed è già successo di assistere a qualche voltafaccia dei nostri amati campioni: l’anno scorso Murray e Serena Williams a metà settimana, per una bua improvvisa, anni addietro due semifinali annullate all’ultimo secondo.
Ameremmo concentrarci su Djokovic e Nadal, che potrebbero misurarsi nei quarti, e su Murray forse sta superando i suoi sensi di insufficienza sulla terra rossa; dovremmo temere per Federer che giocherà di sicuro (sicuro?) ma chissà come dopo quasi tre mesi di astinenza agonistica, e per Fognini opposto a se stesso e alla sua voglia di definitiva maturità.
Il torneo romano resta fra i migliori, se si evitano goffi paragoni con altri eventi solo per la voglia di dire che merita l’appellativo di quinto Slam (questo sì argomento fuorviante), e a renderlo più interessante c’è quest’anno una sfida in più determinata dagli stessi vecchietti, pardon, dagli stessi Campioni Eterni che negli ultimi due mesi si sono divertiti a indicare i loro successori. Una “Top Ten dei prossimi Top Ten”. Nadal ha eletto Alexander Zverev, tedesco, diciannovenne, che lo stava per battere a Indian Wells.
Poi Dominic Thiem, austriaco, 22 anni, che invece lo ha battuto. Federer s’è detto d’accordo su Thiem e ha aggiunto Taylor Fritz, 18, americano, Nick Kyrgios, 21, australiano, e Tommy Paul (18, americano), che ha pure preso nella sua scuderia. Djokovic ha indicato Borna Coric, 19, e ne è nato un dibattito se il croato potrà mai essere il nuovo Nole. Risposta: no! E ancora, ecco Roddick e Sampras spingere su Fritz. E Berdych strizzare l’occhio a Zverev.
Ferrer indicare Thiem (che l’aveva appena battuto). E Tsonga proporre un futuro tutto francese con Lucas Pouille. Per finire con Jiri Vesely, cui va la citazione di Djokovic dopo la sconfitta a Monte-Carlo. Nominations che fanno di questi ragazzotti (la gran parte presente a Roma) i nuovi raccomandati. Che non era una brutta parola, quando le raccomandazioni, prive di implicazioni politiche, amicali o familiari, servivano semplicemente a indicare dei giovani sui cui fare conto. Ed è unicamente in questa accezione che l’affidiamo alle vostre considerazioni.