Quale forma ha l’acqua? In verità l’acqua prende la forma che le viene data, perché si sostiene che non ne abbia davvero una tutta sua. Proprio come un liquido, incapace di acquisire una sola forma, il tennis di Jannik Sinner fluisce, si adegua a ogni foggia o situazione. Scorre inesorabile ignorando gli ostacoli e procede […]
18 Mag 2016 11:00 - WTA
Bouchard, il 2014 fu vera gloria? I numeri sembrano dire il contrario…
di Diego Barbiani
TENNIS – Di Diego Barbiani
Vedere Eugenie Bouchard così fuori dalla partita a Roma contro Barbora Strycova, dove dopo due scambi tirava già a tutta e sbagliava di metri, oppure azzardava dei tentativi molto rudimentali di colpi al volo, ha riportato in attualità alcuni spunti di riflessione.
Tra tutti, uno: Eugenie non ha mai avuto continuità. Anche nel 2014, suo anno d’oro.
Il ragionamento è fatto basandosi su alcuni dati:
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2014: Bouchard comincia l’anno fuori dalle prime 30 e lo chiude al Master di Singapore, collezionando 39 vittorie e 23 sconfitte.
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Questo numero (39/23) crolla nettamente se si escludono gli Slam, appuntamenti dove ha raccolto due semifinali ed una finale (5/1, 5/1, 6/1), oltre agli ottavi di New York (3/1): 20/19, vale a dire una media di pochissimo sopra ad 1 vittoria ogni 2 partite.
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Durante tutto il resto della stagione, Bouchard ha vinto più di 2 partite solamente in 3 occasioni: Norimberga (5/0, dove ottenne il suo primo titolo WTA), Wuhan (4/1, perse in finale), Charleston (3/1, sconfitta da Petkovic in semifinale) → 8/17, siamo sotto al 33%
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Di queste 17 sconfitte rimanenti, ben 9 sono giunte all’esordio dei vari tornei, sia primo che secondo turno dove ha usufruito di un bye al primo. A queste si potrebbero aggiungere le 3 consecutive su 3 partite a Singapore, con tanto di record negativo di game
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Ecco riassunto tutto quanto in una tabella:
Come ha fatto a salire così tanto sfruttando pochi tornei? Il ranking WTA si presta a questo. Facciamo un esempio:
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Victoria Azarenka, vincendo 3 tornei su 4 tra Brisbane, Australian Open, Indian Wells e Miami è risalita di colpo dal n.24 al n.5
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Sloane Stephens, vincendo 3 tornei su 6 tra Auckland, Australian Open, Acapulco, Indian Wells, Miami e Charleston non è ancora entrata tra le prime 20.
Non è solo una questione di punti, perché nel ranking WTA si tiene conto di soli 16 risultati: i 4 Slam ed i 4 Premier Mandatory, 2 dei migliori Premier 5, più i 6 migliori altri piazzamenti. Prendiamo quindi il torneo di Auckland: è un International, quindi non Mandatory né Premier 5. Il punteggio massimo che una giocatrice può ottenere è 280, ma se il sedicesimo ed ultimo risultato ad inizio settimana era 370 (una finale in un torneo Premier), la giocatrice non vedrà aggiunto alcun punto al suo ranking, anzi paradossalmente pur vincendo potrebbe retrocedere di posizioni.
Avendo dunque fatto grandissimi risultati in 3 tornei Slam, la sua crescita in classifica è stata esponenziale. Brava, davvero brava in quel 2014 a collezionare una dopo l’altra due semifinali ed una finale. Se nel primo giocava libera da pressioni e nel secondo veniva da una settimana molto positiva a Norimberga, la finale di Church Road fu il tassello forse meno atteso, ma non certo demeritato. Si è fatta largo tra le macerie della parte alta del tabellone, eliminando una dopo l’altra le carnefici di Serena Williams (Alizè Cornet agli ottavi) e Maria Sharapova (Angelique Kerber ai quarti) prima di non farsi condizionare in semifinale da una Simona Halep che fu costretta a giocare quel match con un dolore alla caviglia. Nel 2015, invece, è accaduto questo:
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2015: Bouchard comincia l’anno al n.7 e lo chiude al n.48, concludendo la stagione dopo il torneo di Pechino, collezionando appena 12 vittorie e 16 sconfitte
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12/16, di cui 7 successi ottenuti negli Slam → 5/12
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uscite al primo turno: 10
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Di nuovo, riproponiamo tutto in una tabella
Il dato più importante è la differenza minima tra le eliminazioni all’esordio nel 2015, quando si pensava fosse una stagione terribile, e quella dell’anno precedente: 10 contro 9. Per quanto riguarda il 2014 in molti considerano la sconfitta contro Shelby Rogers a Montreal il punto che ha segnato negativamente gli ultimi mesi di stagione, ma va considerato come anche prima le battute d’arresto precoci erano molto frequenti: delle 9 citate, ben 6 sono arrivate nei primi 7 mesi dell’anno. Quando però arrivavano i tornei importanti, di colpo arrivavano anche i grandi risultati. A livello storico e statistico era un dato molto importante, ma da quello numerico, che alla lunga si tramuta in costanza e determina la differenza tra una top-10 giocatrici di 2°/3° fascia, la situazione stonava. Ed ha continuato ad essere così, pur con tante situazioni complicate che si sono succedute nel 2015 e di cui non si può non tener conto: la separazione dal coach storico, Nick Saviano, la scelta ancor più sorprendentemente di Sam Sumyk ed un rapporto naufragato come peggio non poteva ad inizio agosto, la vicenda della mancata stretta di mano ad Alexandra Dulgheru in Fed Cup (già avvenuta un anno prima con Kristina Kucova per lo spareggio per il World Group), la caduta ancora misteriosa negli spogliatoi di Flushing Meadows.
Fino ad ora, nel 2016 la canadese ha già collezionato 19 vittorie contro 10 sconfitte, frutto soprattutto di un inizio anno abbastanza positivo dove con una programmazione diversa ha deciso di muoversi in tornei di basso livello basso per racimolare punti e fiducia, ma anche qui si possono notare alcuni aspetti:
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19/10 → Bouchard ha ottenuto 2 finali WTA (Hobart e Kuala Lumpur, entrambe perse) dove ha racimolato un bilancio vittorie/sconfitte di 8/2 (4/1 ciascuno), dato su cui si basa gran parte del suo ranking attuale. Oltre a quelli, non ha mai ottenuto più di 2 vittorie consecutive
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5/5 → da Indian Wells a Roma sono appena 5 i successi (ed altrettante le sconfitte) ottenuti in 5 tornei a cui ha preso parte.
Insomma, la canadese ha avuto nel 2014 un’annata dai due volti: spettacolare ed allo stesso tempo altalenante, già due termini che viaggiano su binari distanti. A mettersi contro di lei anche l’argomento su cosa sia successo ai coach avuti e poi cacciati: dopo di lei, Sumyk fu accolto da Garbine Muguruza e nei primi due tornei ottenne la finale a Wuhan ed il titolo (il più importante della carriera della spagnola) a Pechino; Thomas Hogstedt, dopo averla seguita nei primi 3 mesi del 2016, alla prima settimana al fianco di Madison Keys l’ha portata in finale a Roma. Potrà esserci, nel suo futuro, spazio per qualche intrusione, magari altri exploit qua e là, ma riuscirà a trovare una dimensione da giocatrice di alto livello? Al momento sembra ancora vagare alla ricerca della strada giusta da intraprendere.