di Salvatore Sodano C’era un ragazzo che come me… amava i Beatles il Rock&Roll… e il tennis? Forse, ma scavando nel fotocatalogo dei vip, a disposizione nella banca dati, di Morandi tennista non c’è traccia. Allora? Cosa c’entra Morandi con il tennis, a parte le circostanze che spesso lo hanno visto esibirsi negli stadi del […]
16 Gen 2016 15:00 - ATP
Esclusiva / Intervista a Pietro Nicolodi: «Borg e Panatta idoli della mia infanzia»
di Redazione
TENNIS – Di ADAMO RECCHIA. Pietro Nicolodi, voce di Sky Sport, ci ha concesso un’interessante intervista. Commentatore di molti sport, tra cui il tennis, dalle sue risposte si evince una passione è estremamente contagiosa.
È chiara la sua predilezione per i tennisti serve and volley infatti confessa la sua estrema passione per Stefan Edberg e per i campi in erba. La risposta più curiosa è stata quella in cui ci confessa che reintrodurrebbe le racchette in legno e boccerebbe tutte le novità.
Ciao Pietro, grazie per aver accettato il nostro invito. Raccontaci il Tuo primo impatto col nostro sport.
«I primi ricordi tennistici sono legati a due idoli della mia infanzia: Adriano Panatta e Bjorn Borg. Non mi perdevo una partita di quelle che ai tempi davano in tv. Ricordo che una volta riusciì a convincere i miei genitori a farmi saltare la scuola pomeridiana per stare a casa a vedere una partita di World Team Cup di Dusseldorf, dove erano impegnati Panatta e Bertolucci. Ovviamente, il tutto, grazie alla tv tedesca. Poi giocavo ore su ore con gli amici in cortile, tirando contro il muro o usando un campo che avevamo disegnato per terra».
Ti occupi di molti sport: che differenza trovi tra il tennis e tutti gli altri?
«A livello lavorativo cambiano completamente i ritmi della telecronaca. Nel tennis, secondo me, bisogna lasciare che il gioco sia il protagonista assoluto. Il silenzio è quasi d’obbligo, soprattutto sui punti importanti. In sostanza bisogna disturbare il meno possibile il gioco e lo spettatore. Non sempre ci riesco ma almeno ci provo. Per il resto sono innamorato di talmente tanti sport che non sto a farmi troppe domande sulle loro differenze».
Trovi che il nostro sport possa essere migliorato in qualche modo, a livello regolamentare o a livello di spettacolo?
«Confesso di essere un tradizionalista. Se fosse per me giocherei ancora con le racchette di legno. Quando sento parlare di variazione delle regole in Coppa Davis mi vengono i brividi, quando sento parlare di quinto Slam spengo la luce. In conclusione penso che il gioco non vada toccato più di tanto».
Quando commenti un match di tennis ti emozioni maggiormente per un incontro maschile o femminile?
«Domanda insidiosa anche se in realtà commento per la maggior parte match maschili. Solo a Wimbledon mi capita di commentare anche le donne. Forse il tennis degli uomini, di media, offre un livello più alto ma non faccio fatica ad ammettere che le emozioni che mi ha regalato la visione di Roberta Vinci contro Serena Williams a Flushing Meadows siano state letteralmente pazzesche. Quindi vale la regola classica: basta che sia bel tennis, non importa che sia maschile o femminile».
Quali sono in questo momento i giocatori o le giocatrici che ti piacciono di più e perché?
«L’ultimo campione del tennis che ho amato visceralmente è stato Stefan Edberg. Facevo delle cose indescrivibili seguendo i suoi match. In quello perso contro Stich a Wimbledon (senza perdere il servizio) ho consumato 15 anni d’età. Al suo ritiro ho deciso che avrei smesso di soffrire in quel modo assurdo e quindi adesso mi diverto a vedere chiunque. Mi piacciono i confronti di stile (non tantissimi in realtà), i giocatori e le giocatrici che si comportano bene in campo. Faccio un po’ più di fatica ad accettare quelli che hanno un talento pazzesco e lo buttano via con scelte scellerate».
Su quale superficie si esprime il miglior tennis secondo te?
«Pur essendo Queens e Wimbledon i due posti più belli del mondo per giocare a tennis, ho sempre avuto gli US Open come torneo dello Slam preferito. Penso che il cemento sia la superfice più equilibrata, anche se, rispetto al passato, tutto è stato molto omologato. Quando ero giovane sull’erba la palla non si alzava di un centimetro e gli scambi duravano il tempo di un lampo».
Se dovessi dare un consiglio ad un giovane che vuole intraprendere questa professione cosa ti sentiresti di comunicare?
«Coltivare il sogno, coltivare la passione, non arrendersi mai, neanche davanti all’evidenza. Io ho fatto così e dopo svariati tentativi sono riuscito ad andare avanti. Direi che vale per tutte le professioni».
Chiudiamo con una domanda più soft: nel tuo tempo libero giochi a tennis?
«Purtroppo una simpatica infiammazione al braccio destro mi tiene fermo da un po’ di mesi. Diciamo che mi arrangio, avrei anche un discreto stile ma di partite in carriera non è che ne abbia vinte moltissime. Anzi».