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26 Dic 2015 12:58 - ATP
Marat Safin tra tennis e politica: «Roger Federer un innovatore. Voglio aiutare la Russia a migliorarsi»
di Diego Barbiani
TENNIS – Di Diego Barbiani
«E’ bene che sia tu a lasciare lo sport, prima che avvenga il contrario» dice Marat Safin, ex n.1 del mondo e ritiratosi nel 2009 all’età di 29 anni dopo che non riusciva più a venire a capo dei tanti infortuni, in un’intervista pubblicata su sport360.com.
Dal 2011 il russo è entrato in politica, perché come dice lui stesso «quando finisci la carriera sportiva non hai molte alternative, devi scegliere tra il cominciare un’attività o entrare in politica. Nel primo caso, però, è molto più complicato perché devi avere un team che ti segua e ti sappia consigliare al meglio nelle scelte. A quel punto non conta più chi tu sia stato, se n.1 o 2 o 3 del mondo, o quanto hai vinto. Se pensi che qualcuno ti deve qualcosa per questo, sei fuori strada». Ma perché, allora, proprio l’ingresso in politica? «Perché no? – replica Marat – è qualcosa comunque di diverso rispetto a prima, un passo avanti nella vita e nella maturità della persona. Ho scelto questo percorso perché mi sento in grado di fare del bene per le persone portando loro la mia esperienza. Per esempio: aver viaggiato tanto mi porta a conoscere meglio determinati aspetti al di fuori della Russia, così poi da provare a riportarli anche qui da noi. E’ difficile, a causa anche di una mentalità piuttosto chiusa, però qualcosa negli ultimi tempi sta cambiando».
All’inizio, però, non è stato facile imporsi, «c’erano numerose difficoltà ed anche l’opinione pubblica forse non mi vedeva bene. ‘Cosa può saperne di politica un giocatore di tennis?’ pensavano in tanti. Invece io sono convinto che gli sportivi possano conoscere diverse cose che le altre persone non possono. Ad esempio, come migliorare l’aspetto sportivo del proprio paese, il che porterebbe benefici a tanti bambini e ragazzi, alle scuole e non solo».
Tutt’altro mondo, quello della politica, rispetto al tennis. «Tutti i giorni in giacca e cravatta, non ero abituato. Entro in ufficio alle 10:00 del mattino per finire, secondo tabella, alle 18:00 ma spesso andiamo avanti con degli ‘straordinari’ perché dobbiamo pianificare sempre numerose attività, dai meeting alle riunioni ed alla fine è normale sentirsi stanchi di questa attività invece che di quella fisica, per questo devi abituarti in fretta».
Marat ripercorre anche la sua carriera confrontando anche la sua generazione con quella attuale. «Ho vissuto durante l’era di Roger Federer. Fu un momento diverso da ora, penso che i giocatori avevano molta più qualità. Roger è stato un innovatore, ha portato tante cose nuove nel tennis: da come interpreta il gioco, alle sue qualità, da come è capace di colpire da ogni lato del campo, è qualcosa di semplicemente stupendo. Ha innalzato di molto il livello di gioco e così tutti i giovani sono stati portati a crescere su standard più alti. Io ho preferito mollare quando sentivo che non ne avevo più: non potevo sopportare l’idea di essere al massimo tra il 20 ed il 30 del mondo, tutti i nuovi giocatori sapevano ormai che non ero in ottime condizioni, arrivavo a fine anno con dolori a tutti i muscoli».
Safin ammette di non seguire tanto il tennis di adesso, ma ogni tanto non perde l’occasione per cercare qualche informazione su chi è venuto fuori negli ultimi tempi: «Ho letto di Nick Kyrgios, ma non avevo mai avuto l’occasione di vederlo di persona. Poi ho avuto l’opportunità durante l’IPTL e devo dire che è incredibile vederlo dal vivo e vedere la potenza che è in grado di generare. Pure Kei Nishikori (suo compagno di squadra nei Japan Warriors) è veramente forte. Stessa cosa per il tennis femminile: grazie all’IPTL ho visto Belinda Bencic e Karolina Pliskova ma non solo…» poi un giudizio su questa nuova formula nata lo scorso anno da un’idea di Mahesh Bhupathi: «E’ una bella idea. Il formato mi è piaciuto parecchio. Non ero da solo ma avevo un team con me, dei ragazzi professionisti che tifavano per me. Abbiamo subito fatto gruppo, trascorso tanti momenti divertenti assieme e poi ho potuto viaggiare in diversi posti nuovi. Non ero mai stato in India, neppure a Singapore». Nel suo team c’era pure Kurumi Nara, con cui ha spesso trovato modo di scherzare a proposito di essere il suo fidanzato, l’accompagnava in braccio durante l’ingresso in campo ed è stato il primo a correrle incontro quando ha sorprendentemente battuto 6-4 Serena Williams. Lui che ha avuto per tanto tempo la nomea di playboy del circuito ATP, ha speso parole al miele per la tennista giapponese: «Kurumi è una ragazza davvero carina e simpatica. Persona eccezionale».
Come lui, anche la sorella Dinara Safina ha avuto un percorso molto travagliato. Ha raggiunto il n.1 del mondo, ha perso due finali Slam, ma all’età di 25 anni ha detto addio al tennis a causa, anche lì, di tantissimi problemi fisici. «Le ho detto che quando si finisce la vita da tennista sembra come di dover ripartire da zero. Devi imparare a vivere in maniera diversa, capire che serve uno stipendio e non ci sarà più l’appoggio di prima. Magari si comincia lentamente, poi però appena si trova qualcosa che piace fare bisogna coltivarla per fare sempre del proprio meglio». Inoltre, «deve godersi la vita, perché quando sei una tennista l’unica cosa che hai in testa è competere e vincere, competere e vincere. Poi però quando ti infortuni o sei costretto al ritiro, lì è veramente dura accettare che la vita da tennista è terminata».
Così è stato per lui, che una volta detto addio a Parigi-Bercy nel novembre 2009 ha impiegato un anno a trovare il suo nuovo impiego. Un ruolo in politica, perché no?