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30 Dic 2015 16:45 - ATP
Il Miami Open perde la causa legale: lo spostamento del torneo appare inevitabile
di Diego Barbiani
TENNIS – Di Diego Barbiani
Non c’è pace per l’impianto di Key Biscane, finito da qualche tempo al centro di un processo giudiziario che oggi potrebbe aver detto la parola fine al torneo Master 1000 e Premier Mandatory di Miami.
La questione legale tra Bruce Mathesons ed i proprietari dell’impianto di Crandon Park, sede storica dell’evento sportivo, è arrivata agli sgoccioli e lo scorso fine settimana il terzo grado di giudizio si è espresso in favore del primo, discendente di quei Mathesons che avevano in proprietà il territorio da decenni prima che nel 1940 venisse ceduto alla contea solo per essere utilizzati come ‘public park purposes’ (in sostanza, l’unico utilizzo che si dichiarava era quello di creare zone verdi per le persone).
Già negli anni ’80 Mathesons si era opposto alla prima richiesta di ampliamento dell’impianto, che chiedeva una costruzione di uno stadio centrale più grande e venne creato un comitato di quattro persone che dovevano decidere su ogni cambiamento venisse proposto per il torneo. Ovviamente, Bruce era uno dei quattro. Questa situazione però non ha mai trovato molto d’accordo con gli organizzatori e le schermaglie sono continuate nel tempo. Ora che l’appello al terzo grado di giustizia legale del Miami Open è stato rifiutato, sembra quasi impossibile che si possa continuare a pianificare anno dopo anno uno degli eventi storici del calendario tennistico. «Bisogna ora capire quanto effettivamente ci possa volere al torneo prima di traslocare» ha dichiarato l’avvocato difensore Eugene Stears all’uscita dalla sala dove si è tenuto il processo. Gli organizzatori avevano chiesto che si potesse attuare un piano da 50.000 dollari per modernizzare ed ampliare l’impianto un po’ vecchio di Key Biscane, torneo che ospita ogni anno sulle 300.000 persone e nell’ultimo decennio ha sofferto terribilmente la concorrenza di Indian Wells.
In California, nelle due settimane precedenti, il clima è totalmente l’opposto. Nel 2015 gli spettatori sono stati quasi 170.000 in più, numeri da far concorrenza ai tornei dello Slam e gli organizzatori, nella conferenza di chiusura del torneo, annunciavano con soddisfazione che per gli anni a venire erano previsti diversi lavori tra cui la costruzione di un nuovo stadio che avrebbe contenuto al suo interno un vero museo storico del tennis.
«Non posso dire quando il torneo si sposterà» continua ancora Stears, ricordando però che il contratto di altri otto anni, a causa di questa sentenza del tribunale, è stato annullato. «Da questo momento, non essendoci le condizioni per ampliare l’impianto come invece noi volevamo, il contratto decade. Gli organizzatori prenderanno in considerazione tutte le ipotesi, ma è charo al momento che con queste circostanze pensa di continuare è quasi impossibile. Questa è diventata una situazione insostenbile per produrre business». Parole che suonano come una sentenza, con Dubai e Pechino che bussano alla porta chiedendo che nel caso davvero si chiudano i battenti, la licenza possa passare a loro. A livello teorico, Dubai parte con un piede avanti perché ospita già il torneo maschile (ATP 500) e torneo femminile (WTA Premier 5 o semplicemente Premier, si alterna con Doha) e soprattutto tra i maschi tutti i top-player vanno a giocare negli Emirati senza chiedere ‘gettoni di presenza’. In più, il torneo si svolge appena prima della trasferta in California e dunque risulterebbe tutto sommato più comodo senza spostare Pechino da ottobre a marzo creando uno spostamento, da parte dei giocatori, tra Asia, Stati Uniti, Asia ed Europa in un mese. A favore di Pechino, comunque, c’è il fatto che l’impianto dell’attuale ATP 500 e WTA Premier Mandatory risulta essere tra i più preparati ad ospitare un possibile torneo combined con gli oltre venti campi di cui è composto che non creerebbe sovrabbondanza ai giocatori quando si tratta di prenotare, ad esempio, un campo per allenarsi.
«Loro hanno già uno stadio grande» sentenzia Richard Ovelmem, avvocato di Bruce Mathesons, «bastava modernizzare solo quell’aspetto, non volerne costruire un altro permanente (il grandstand attuale è tutto fatto di tribune provvisorie, ndr)». Siamo molto vicini ad una possibile rivoluzione del calendario tennistico. Perdere Miami sarebbe un fatto simile a quanto successo ad Amburgo, vittima suo malgrado di aver perduto la licenza di Master 1000 a favore di Ion Tiriac che ne ha approfittato per portare Madrid da ottobre a maggio e ‘promuovere’ Shanghai a nuovo Master 1000 da sede della Masters Cup di fine anno. Tra l’altro, la cittadina tedesca non sembra ancora essersi ripresa: non è bastata la presenza di Rafael Nadal quest anno o di Roger Federer nel 2013, ci sono ancora numerosi debiti e dopo essere stato declassato ad ATP 500, il rischio concreto è che possa scendere ancora di categoria fino a diventare un ATP 250.