20 anni di successi: il video tributo del mondo del tennis a Rafa Nadal
TENNIS – INTERNAZIONALI BNL D’ITALIA – Di ROSSANA CAPOBIANCO – Roger Federer pare divertirsi ogni anno a tenere con il fiato sospeso il pubblico romano, che lo aspetta sempre con l’isteria e l’ansia d’attesa che accompagnava le rockstar anni ’60, tra voci vere e fasulle. Alla fine lo svizzero è arrivato nella Capitale, come sempre.
Arriva o non arriva? Arriva, arriva. Lo ha detto Tizio a Caio che lo ha detto all’amico mio.
Ah, ok, allora viene, dai. Perso subito, deve venire per forza!
C’è, è qui, si allena sul Centrale alle 16! Il sabato alle 15,50 il Centrale pieno che aspetta Roger. No, aspetta, rimandato alle 18, si sta più freschi.
Sono le 18,40 e di Federer nemmeno l’ombra sotto i pini. Voci che si rincorrono, gente che si diverte a spararla grossa.
Domenica, Roger non è sul programma degli allenamenti. Ma arriverà, è colpa del Terminal 3 di Fiumicino e di quel frigorifero portatile, vedrai. Ritarda ma viene.
Il Foro chiude la prima Domenica e Federer non si vede nemmeno alla Taverna Trilussa. Allora proprio non c’è ancora.
Intanto, ridendo forse sotto i baffi, Roger pubblica foto di montagne svizzere in fiore e mucche, lasciando intendere che si trova ancora a Zurigo.
E giù insulti, domande, perplessità, capocciate sui propri pc, biglietti da rivendere o confermare.
Notti insonni.
Ricorda molto la storia dello scorso anno, quando, appena fresco di seconda coppia di gemelli, decise proprio alla fine di arrivare a Roma, immortalato dagli stalker di professione che sono i suoi fan (in senso buono, naturalmente).
Così questo lunedì mattina in cui la prima ad immortalarlo è stata una pallavolista azzurra, fuori dall’auto all’entrata del Foro Italico.
C’è, si allena con Volandri! Sky conferma, i bambini corrono, le ragazze si chiedono se è solo o con famiglia, gli organizzatori tirano un sospiro di sollievo, i biglietti rimasti (pochi) finiscono.
E’ l’effetto Roger Federer a Roma: che poi alla fine arriva sempre, sempre tra i dubbi dell’ultim’ora. Che a Roma lo si ama a dovere, malgrado tre finali perse (o forse proprio per quello?), malgrado tenga sempre tutto in sospeso per via di preparazioni, eventi personali, Slam troppo vicini, distrazioni.
E proprio per questo Roma lo attende e lo vuole sfiorare come gli inglesi nel tour di Dylan a metà degli anni 60 in Gran Bretagna, perché vorrebbe finalmente vederlo imperatore tra le statue ed i marmi che così spesso lo han visto deliziare un luogo incantevole.