di SALVATORE SODANO Queste grandi competizioni internazionali a squadre al femminile, la prima fondata nel 1923 come “Wightman Cup”, equivalente della “Coppa Davis”, con nuovi format e denominazioni, si disputano da oltre un secolo. La prima, che prendeva la denominazione dal nome della grande signora del tennis americano Hazel Wightman, fu disputata sin dal 1923 […]
TENNIS – USA – Di Diego Bonomo – Dalla prima vittoria Atp contro Pablo Cuevas, nemmeno sedicenne, sembra passato un secolo. Ryan Harrison sembrava destinato a ben altri palcoscenici ed invece l’ex baby prodigio della Louisiana finora non ha mantenuto le attese.
Ad Acapulco, la scorsa settimana, il ventiduenne ha però dato qualche segnale di ripresa, mietendo vittime illustri e raggiungendo la semifinale. Sul cemento messicano, dopo aver superato agevolmente le qualificazioni, Harrison si è sbarazzato di tre top 50 (Young, Dimitrov e Karlovic) concedendosi addirittura il lusso di rifilare un 60 al numero dieci al mondo, Grigor Dimitrov. Anche nella semifinale è riuscito a strappare un set a David Ferrer, salvo poi crollare del tutto. Oltre alle prestazioni in campo, però, di Harrison ha anche colpito una ritrovata fiducia.
«Mi fa piacere potermi concentrare sulla mia carriera dopo alcuni problemi – ha dichiarato il giocatore texano – Voglio diventare il più forte tennista del mondo». Ma quali sono i problemi che hanno impedito al giovane a stelle e strisce di continuare la scalata in classifica? Problemi fisici ma soprattutto mentali. Dal 2013, Harrison ha sofferto qualche infortunio sparso, al polso, alla spalla, all’anca ed anche una brutta polmonite virale che lo ha costretto ad abbandonare l’attività per quasi un mese. Ma, per ammissione dello stesso tennista, alcuni problemi familiari, tra cui un litigio pubblico con il padre dopo una sconfitta Miami, lo hanno destabilizzato e, sconfitta dopo sconfitta, sono venute a mancare le certezze che lo avevano portato nel 2011 entrare nella top 100 (il secondo più giovane dopo Tomic) e nel luglio 2012, appena ventenne, a toccare il suo best ranking di numero 43 al mondo. A queste incertezze, si è aggiunta anche la pressione mediatica che Harrison ha dovuto subire, una pressione che evidentemente il ragazzo non ha saputo gestire al meglio.
«Ero troppo insicuro e molto spaventato dei giudizi dei media. C’è stato un momento in cui ho sperato che scrivessero cose buone su di me, che sto andando bene, tutto quel genere di cose a cui non pensi quando sei sicuro di quello che stai facendo», ha detto pochi giorni fa ad Acapulco. A questi fattori mentali, si sono aggiunte anche alcune modifiche tecniche che, anziché migliorare il suo gioco, lo hanno reso ancor più vulnerabile. Ha, ad esempio, iniziato a giocare sempre più in top spin ed il suo dritto, la sua arma in più, ha perso sensibilmente efficacia. La spirale negativa di risultati lo ha fatto così sprofondare in classifica. Ad ottobre 2013 si è piazzato addirittura oltre la 400esima posizione, un disastro per colui che veniva considerato il nuovo astro del tennis statunitense, erede di una scuola di campioni e di successi.
La ripresa è stata lenta e faticosa e che l’ottimo risultato di Acapulco sia arrivato proprio adesso non è un caso. Harrison ha chiarito di aver superato i problemi familiari, ma soprattutto da qualche mese è tornato a farsi seguire da Grant Doyle, il suo coach storico, colui che lo aveva aiutato ad arrivare al numero 43. Un’altra grossa mano gliela sta dando il suo amico e mentore Andy Roddick, con cui spesso si allena, che lo ha spronato a riprendere il percorso interrotto. I due hanno probabilmente restituito al ragazzo la sicurezza perduta ed una nuova fiducia nei propri mezzi, un mix che, assieme alla ritrovata serenità, non può che spingerlo nella giusta direzione.
I risultati, infatti, non sono tardati ad arrivare. In questo 2015 Harrison ha già vinto un challenger, ad Happy Valley, in Australia, dove ha battuto, tra gli altri, lo sloveno Blaz Rola (n.97) ed in finale Marcos Baghdatis (n.60). Grazie a questo successo ed alla semifinale di Acapulco, Harrison, che aveva iniziato l’anno al numero 193, si ritrova già alla posizione numero 109. Dalla sua ha ancora la giovane età, 22 anni, e di certo Harrison non ha alcuna intenzione di fermarsi proprio adesso che ha ritrovato il piacere di giocare a tennis. Che il 2015 possa essere l’anno buono per togliersi qualche soddisfazione? Le premesse sembrano esserci.