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11 Feb 2015 18:00 - ATP
Victor Estrella Burgos, l'eroe della Repubblica Dominicana che vince per tutto il suo popolo
di Redazione
TENNIS – Di Piero Vassallo
A 34 anni suonati Victor Estrella Burgos è diventato il giocatore più anziano a conquistare il primo titolo ATP della carriera. E’ solo l’ultimo dei record stabiliti dal tennista dominicano, protagonista di una storia di vita e di sport capace di far sognare ed emozionare.
La Repubblica Dominicana si gode la sua Stella, di nome e di fatto: mai un tennista nato nella repubblica situata nell’isola caraibica di Hispaniola era riuscito a entrare nei top 100 della classifica ATP, figurarsi riuscire a vincere un torneo. Victor è stato capace di fare entrambe le cose, diventando numero 99 del mondo il 3 marzo dello scorso anno grazie alla vittoria nel Challenger di Salinas e festeggiando domenica scorsa il primo titolo nel circuito maggiore grazie al successo nel neonato torneo di Quito, battendo in finale un top 15 come Feliciano Lopez.
In patria è diventato un vero e proprio eroe nazionale e la sua popolarità è ormai pari a quella delle stelle del baseball locale. Si perché nella Repubblica Dominicana il baseball è lo sport per eccellenza, amato e giocato da una percentuale altissima della popolazione, mentre il tennis fatica a prendere piede per una questione economica prima che culturale. Per un’aspirante tennista è difficile, se non impossibile, riuscire ad emergere vista l’assenza del supporto di una federazione che non dispone dei fondi necessari a sostenere chi vuole provare a sfondare armandosi di racchetta. E la situazione di Estrella Burgos non è diversa da quella di tanti dominicani: nato da una famiglia modesta di Santiago, da bambino fa il raccattapalle in un club di tennis riservato alla gente benestante, accontentandosi di fare qualche palleggio quando i campi vengono lasciati liberi. Crescendo le cose non migliorano, i soldi continuano a scarseggiare, Victor intraprende la strada dei tornei Futures, ma i risultati non arrivano e senza le disponibilità economiche diventa impossibile sostenere le spese.
Decide di lasciar perdere, fra il 2004 e il 2006 gioca quasi esclusivamente in Coppa Davis, per il resto si guadagna da vivere facendo il maestro di tennis nei villaggi turistici fino a quando, spinto dal suo coach di allora Sixto Camacho, non decide di riprovarci riprendendo ad allenarsi con continuità. Ed è la svolta della carriera. Fa incetta di tornei Futures, risale la classifica e inizia a ottenere successi anche nei Challenger, così a inizio 2014 si ritrova intorno alla posizione 140 del ranking. Il resto è storia recente: entra nei primi 100 col successo di Salinas e continua a scalare posizioni in classifica, fa il suo esordio in un torneo dello Slam perdendo al primo turno con Janowicz al Roland Garros, batte Benneteau sull’erba del Queen’s e straccia un altro record diventando il più anziano esordiente allo US Open. Non solo: a New York grazie ai successi su Igor Sijsling al primo turno e sul giovanissimo Borna Coric al secondo (tra i due ci sono 17 anni di differenza!) è riuscito a spingersi sino al terzo turno, perdendo in tre tie break e con grande onore contro un top 10 come Milos Raonic. In quei giorni ha saputo infiammare l’entusiasmo dei tanti immigrati dominicani residenti a New York, accorsi a sostenerlo con una vitalità e una passione che hanno reso i campi secondari di Flushing Meadows una vera e propria bolgia. Perché Victor è uno di loro, un ragazzo che si è costruito una carriera senza alcun aiuto, lavorando e soffrendo come la povera gente di Santiago de los Caballeros, la seconda metropoli più grande del paese, dove è nato e cresciuto.
Il suo tennis potrebbe definirsi a tutti gli effetti “operaio”, i suoi 173 centimetri di altezza non gli permettono di esprimere una grande potenza, così per supplire a questo handicap è costretto a mantenere una forma fisica eccezionale; gioca il rovescio quasi esclusivamente in slice e preferisce naturalmente i campi in terra battuta. Vincendo il torneo di Quito ha vissuto forse la giornata più bella della sua vita, si è portato a ridosso dei primi 50 del mondo e ha festeggiato con la bandiera del suo paese, perché Victor sa bene che quella non è solo la sua vittoria, ma anche la vittoria della sua gente, di chi va avanti lottando e lavorando duramente e nessuno più di lui può comprenderne il vero significato.