di Salvatore Sodano C’era un ragazzo che come me… amava i Beatles il Rock&Roll… e il tennis? Forse, ma scavando nel fotocatalogo dei vip, a disposizione nella banca dati, di Morandi tennista non c’è traccia. Allora? Cosa c’entra Morandi con il tennis, a parte le circostanze che spesso lo hanno visto esibirsi negli stadi del […]
TENNIS – di Federico Parodi
Come ogni anno, al termine della stagione tennistica, riavvolgiamo il nastro, per rivivere insieme le emozioni dei grandi incontri che hanno segnato il 2014 della racchetta. Partendo dal circuito maschile, ecco qui di seguito il “best of” Atp, i 5 match più belli della stagione, in rigoroso ordine cronologico.
Stan Wawrinka b. Novak Djokovic 2-6 6-4 6-2 3-6 9-7 (Australian Open)
Stan Wawrinka aveva già provato l’anno precedente a fare lo sgambetto a Novak Djokovic. Stesso teatro, la Rod Laver Arena, stessa maratona, conclusa 12-10 al quinto in favore del serbo: una batosta per lo svizzero, che aveva mancato diverse chance per ammazzare la partita. 12 mesi dopo, nei quarti di finale, Nole e Stan si ritrovano uno di fronte all’altro e danno vita a un’altra battaglia memorabile. Wawrinka, dopo una partenza in sordina, si porta avanti 2 set a 1. Djokovic reagisce da campione e pareggia i conti. Addirittura il giocatore di Belgrado piazza un break in apertura del 5° e decisivo set. Difficile, a quel punto, scommettere sul talento di Losanna. «Gli saranno tornati in mente i fantasmi del 2013, a quel poveretto», devono aver pensato in molti. E invece no. Stan recupera lo svantaggio e tiene botta. Fino all’8-7 in suo favore. Serve Nole, che ha un paio di indecisioni nei momenti cruciali. L’elvetico questa volta ringrazia si va a prendere il match. È felice come un bambino, ignaro del disegno ancor più emozionante che il destino gli riserverà di lì a pochi giorni, quando sarà proprio lui a succedere nell’albo d’oro del torneo all’uomo che ha appena sconfitto e che su quel campo non perdeva da tre anni.
Roger Federer b. Novak Djokovic 3-6 6-3 6-2 (Atp 500 Dubai)
L’Atp 500 di Dubai non avrà il prestigio di un Grande Slam o di un 1000, ma ha un ruolo decisivo nella stagione appena conclusa, perché segna lo spartiacque tra il Federer sbiadito del 2013 e quello rivitalizzato dalla cura Edberg ammirato fino a pochi giorni fa. La semifinale negli emirati contro Novak Djokovic (la 31° della loro personale sfida) mette in mostra, finalmente, un Roger convincente dal punto di vista fisico. Sotto di un set, il 17 volte campione Slam sembra spacciato. Ma è allora che Fedex sveste i panni di vittima sacrificale e incomincia a sfoggiare un tennis aggressivo, fatto di serve and volley e colpi in spinta appena se ne presenta l’occasione. Il serbo perde il servizio a metà del 2° parziale e da quel momento l’uragano rossocrociato è inarrestabile. Il n.2 al mondo è una macchina perfetta che rimanda di là qualsiasi tipo di palla (spesso non facendola toccare al suo avversario) e respinge tutti i tentativi di reazione del serbo. Sì signori, Roger Federer è tornato grazie soprattutto a quella vittoria!
Rafael Nadal b. Novak Djokovic 3-6 7-5 6-2 6-4 (Roland Garros)
Non si è nemmeno avvicinata a quella che fu la grande battaglia del 2013, quando Nole Djokovic (avanti 4-2 nel quinto set) arrivò vicinissimo a piegare Nadal sul suo campo, impresa riuscita negli ultimi dieci anni al solo Robin Soderling. Ma in un’annata non straordinaria dal punto di vista dello spettacolo (e le Finals sono state lo specchio di questa tendenza), la finalissima del Roland Garros merita di essere trattata, se non altro perché sulla terra infuocata di Parigi si affrontano i primi due giocatori del mondo e in palio c’è una fetta di storia: da una parte Djokovic insegue il Career Grand Slam, dall’altra Rafa punta a diventare il primo giocatore a vincere un Major per almeno dieci anni di fila. Ciliegina sulla torta? Se vince il maiorchino resta in vetta al ranking, se ha la meglio lo sfidante sarà lui a tornare numero 1. Sappiamo tutti com’è andata a finire. Eppure, la partenza di Nole promette bene. Il serbo è una furia e costringe il campione in carica a difese disperate, conquistando il set d’apertura. Il 2° parziale sarà però decisivo: Nadal mina le sicurezza di Nole strappandogli il servizio, il serbo reagisce d’impeto. Il match si trasforma in un testa a testa tra gladiatori, il contesto che piace di più al toro spagnolo, quello che esalta il suo strapotere fisico. La temperatura sfiora i 30° gradi e Nole si spegne con il passare dei minuti. Avrebbe bisogno di un stop, dell’arrivo della pioggia: e invece niente, il Philippe Chatrier continua a ribollire. Nadal passeggia nel terzo e nella sua mente sgranocchia già la nona coppa dei Moschettieri della sua straordinaria carriera. Il Djoker ha un ultimo moto d’orgoglio nel 4° set, ma sul 4-5 si arrende. Rafa rotola sulla terra, è ancora una volta lui il vincitore.
Novak Djokovic b. Roger Federer 6-7(7) 6-4 7-6(4) 5-7 6-4 (Wimbledon)
La partita dell’anno, senza se e senza ma. Novak Djokovic, 27 anni, gioca quel pomeriggio il miglior tennis della sua vita su erba e raggiunge vette toccate soltanto nello stratosferico 2011. Roger Federer, anni 33, ha già vinto Wimbledon per sette volte, ma l’ottava sinfonia sarebbe un capolavoro assoluto, mai riuscito a nessun altro in campo maschile. Alla fine del 3° parziale, quando cede il secondo tie-break di giornata e va sotto, lo svizzero sa, in cuor suo, di avere ormai pochissime chance. Nole è nel frattempo trasformato in RoboNole, non concede nulla al servizio, non molla una palla. Fargli punto diventa un’impresa titanica, ma Roger ha la testa dura, sembra voglia ribellarsi a quella trama già scritta; d’altronde, quello lì, è da sempre il suo giardino. Resta attaccato con le unghie e con i denti a un 4° set che va veloce in direzione Belgrado: recupera un break, lo riperde, lo recupera ancora. Poi annulla più di un match point da campionissimo e vincerà quel parziale per avere anche una chance di break-point sul 3-3 del 5°. La palla, stoppata dal nastro, rimane nella metà campo elvetica. Il destino, che si era fermato lasciando migliaia di persone senza fiato, riprende all’improvviso il suo corso. Il serbo torna padrone della partita e, infine, piazza l’acuto decisivo, riconquistando anche lo scettro di numero uno, al termine di una delle finali più emozionanti della storia dei Championships (come dirà poi Gianni Clerici, che su quel campo di partite ne ha viste abbastanza per avere voce in capitolo).
Roger Federer b. Stan Wawrinka 4-6 7-5 7-6 (Atp World Tour Finals)
L’ultimo match selezionato è il ricordo ancora fresco del derby svizzero, la partita che salva uno dei più deludenti Master di sempre e che fa perdere svariati anni di vita a Severine Luthi. A una settimana esatta dalla storica finale di Davis contro la Francia, la seconda semifinale londinese oppone i due connazionali e amici, Roger e Stan, uno di fronte all’altro per la 16° volta. Quello che succede alla O2 Arena ha davvero dell’incredibile. Federer non è in forma scintillante ed è Wawrinka a condurre gran parte degli scambi, facendo il bello e il cattivo tempo. Quando Roger, in qualche modo, riesce a far suo il secondo set, il match pare girato. Wawrinka non si scompone, breakka in apertura di terzo set e conserva il margine fino al 5-4. Il tennista di Losanna va a servire per il match, per conquistarsi un meritatissimo posto in finale. Lo psicodramma è però dietro l’angolo: Stan spreca tre palle match, giocate avanti tutta, in un terreno che non gli è propriamente congeniale. Il basilese resta attaccato a ogni punto e risorge, aggiudicandosi un interminabile game. Il finale è un’altalena di emozioni che culmina in un tie-break tesissimo, in cui Federer s’infortuna alla schiena e rischia il tutto per tutto sul primo match point a favore: attacco in back sulla riga e stop volley che muore lì. Pugnetto e poi
abbraccio fraterno tra i due sfidanti. Il torneo di entrambi termina in quel preciso momento – Federer come risaputo non potrà giocare la finale per infortunio – ma i due sapranno rifarsi a Lille, pochi giorni più tardi, alzando al cielo la prima Insalatiera della storia della Svizzera.