di SALVATORE SODANO Queste grandi competizioni internazionali a squadre al femminile, la prima fondata nel 1923 come “Wightman Cup”, equivalente della “Coppa Davis”, con nuovi format e denominazioni, si disputano da oltre un secolo. La prima, che prendeva la denominazione dal nome della grande signora del tennis americano Hazel Wightman, fu disputata sin dal 1923 […]
TENNIS – Di Andrea Scodeggio
Rafael Nadal e continuità non sono mai state due parole che si sono ben accomunate. L’appendicite annunciata è solo l’ultimo di una serie di problemi che affliggono il tennista spagnolo da sempre e che ne hanno pregiudicato, anche se sembra difficile crederlo, il rendimento in carriera.
Potrebbe essere una blasfemia, specie se uno controlla la straordinaria bacheca di trofei vinti, ma se si analizza bene la carriera fino in fondo (e con fondo, si intende soprattutto i suoi finali di stagione) ne emerge fuori un quadro clinico da abbonamento negli ospedali. Qualcosa che farebbe impallidire e sconfortare uno come Dottor House, se avesse la possibilità di esprimersi.
La carriera di Nadal si può dividere in due tronconi, con il 2009 (anno in cui perse l’unico RG della carriera) a fare da divisore perché da quel momento in poi che le ginocchia avranno delle serie ricadute e la sua carriera ne risentirà enormemente. E’ bene sottolineare comunque come anche nella prima parte ci furono ritiri eccellenti e qualche avvisaglia su come il suo corpo, seppur esternamente vigoroso, fosse in realtà più fragile di quanto non si pensasse.
Nel 2005, anno della consacrazione e del suo primo Open di Francia, non parteciperà al Master finale di Shangai per l’infortunio allo scafoide tarsale del piede sinistro, scoprendo anche di avere una malformazione congenita dell’osso, tanto che lo costrinse anche al forfait negli Australian Open l’anno successivo. E mentre tutto il mondo già dubitava sul suo futuro, Rafa tornò e fece ancora razzia dei tornei su terra rossa. Sempre quell’anno, un altro dolore alla spalla lo costrinse al ritiro al Queen’s, subito recuperato con tanto di finale disputata a Wimbledon, poi persa contro Federer.
Nel biennio 2007/08 il fisico si assesta e non ci sono infortuni di grosso rilievo. Vince il suo primo Wimbledon, l’oro olimpico alle Olimpiadi e conquista la prima posizione nel ranking mondiale. Tutto perfetto ma resta la macchia di due ennesimi finale di stagione con un rendimento di molto inferiore rispetto a prima. Nel 2008 avverte i primi dolori al ginocchio e salta le ATP finals rinunciando anche alla finale di Coppa Davis comunque vinta dalla Spagna per 3-1 a Mar Del Plata contro l’Argentina.
Si arriva al 2009, che incomincia nel migliore dei modi con la prima vittoria degli Australian Open ancora sul grande rivale Federer. Le ginocchia, però, sono lì per cedere e se Miami passa indenne, dopo il Roland Garros lo abbandonano e la tendinite lo costringe a non prendere parte a Wimbledon. Si riprende e conclude la stagione senza acuti.
Il 2010 è l’anno migliore della sua carriera, in cui vince 3 slam su 4, con il primo acuto nello Us Open che gli porterà anche il Carrer Grand Slam. Nadal torna numero uno al mondo ed a Novembre ecco la prima finale degli ATP Finals, persa contro Federer e dopo la battaglia di tre ore contro Murray in semifinale. E’ questa la prima volta in cui Nadal ha concluso la stagione da assoluto protagonista e senza strascichi fisici.
Il 2011, dove non poté il fisico, ci pensa un tennista a fermarne l’ascesa: Novak Djokovic. Il serbo è più letale di qualsiasi malanno, imponendogli sonore sconfitte in tutti i loro sei incroci. Di rilievo c’è il solito (ed è dura sminuirlo) Roland Garros e la Coppa Davis, ma nulla più.
Peggio sarà il 2012 con il ritorno delle ginocchia doloranti e la scoperta della famigerata sindrome di Hoffa, ovvero la contemporanea infiammazione dei tessuti del ginocchio sinistro. L’ultimo match dell’anno lo perderà contro Rosol a Wimbledon e poi più nessun incontro per oltre sette mesi.
Per molti si pensava fosse l’ultimo atto di una tragedia greca, il palcoscenico che si chiude nel modo più doloroso possibile con la triste perdita dell’eroe, ed invece nel 2013, come un colpo di scena degno di una soap opera argentina, risorge dalle ceneri e rivince nuovamente il Roland Garros (le solite vecchie abitudini dure a morire) ed un secondo Us Open, finendo l’anno da numero uno al mondo con 11 titoli vinti.
Il 2014 è storia recente e coincide con il ritorno dei malanni: perde la finale degli AO contro Wawrinka per un dolore alla spalla, e dopo aver giocato stoicamente tutto il torneo con le vesciche alle mani. Vince il nono Roland Garros, il quinto consecutivo, ma poi perde a Wimbledon (come negli ultimi 3 anni da un giocatore dalla 100esima posizione in giù) e non partecipa ai Master di Toronto, Cincinnati ed agli Us Open per un dolore al polso destro. Per non farsi mancare nulla ecco ora il principio di appendicite che ha compromesso le sue prestazioni in campo e fatto uscire anzitempo sia al torneo di Pechino che al Master di Shangai. Il quadro clinico è completo e lo stato di salute del paziente, più volte dimesso e ritornato, ha oramai assunto i connotati dell’assurdo.
Si può dunque parlare di continuità? Nei risultati sicuramente, come anche nei suoi malanni.