Quale forma ha l’acqua? In verità l’acqua prende la forma che le viene data, perché si sostiene che non ne abbia davvero una tutta sua. Proprio come un liquido, incapace di acquisire una sola forma, il tennis di Jannik Sinner fluisce, si adegua a ogni foggia o situazione. Scorre inesorabile ignorando gli ostacoli e procede […]
TENNIS – Di Piero Vassallo
Roger Federer ci aveva visto lungo quando alla fine di un match di quarto turno al Roland Garros 2012 andò a congratularsi con grande enfasi con il ragazzino biondo capace di strappargli un set sul Suzanne Lenglen. All’epoca David Goffin aveva 21 anni, era al suo primo torneo dello Slam e stupì tutti arrivando fino agli ottavi nonostante fosse un Lucky Loser.
Le avvisaglie insomma c’erano e se nemmeno voi credete alla coincidenze vi basti sapere che David è nato il 7 dicembre 1990 a Rocourt, sobborgo di Liegi che otto anni prima aveva dato i natali a Justine Henin. Già la Henin, capace di portare all’eccellenza insieme a Kim Clijsters, il movimento tennistico belga che però non ha saputo trovare degni eredi: aspettando e sperando in Alison Van Uytvanck , Kirsten Flipkens ha dato il massimo con la semifinale a Wimbledon dello scorso anno e Yanina Wickmayer si è rivelata un fuoco di paglia. Non meglio nel maschile, con Xavier Malisse impegnato a soffocare il suo grande talento con l’altrettanto smisurata follia e il piccolo Olivier Rochus a fare il massimo con mezzi fisici limitati.
I belgi possono però sorridere perché con David Goffin hanno finalmente trovato un giocatore di alto livello: in pochi mesi la sua crescita è stata esponenziale, ha vinto 34 delle ultime 36 partite giocate ed anche i primi due titoli ATP, a Kitzbuhel e a Metz. Figlio di un maestro di tennis, le sue prime sfide le ha giocate contro il fratello maggiore Simon, fino a quando non ha attirato le attenzioni della federazione belga che lo ha cresciuto sotto la guida dell’ex capitano di Davis Reginald Willems.
Dopo una buona carriera juniores ha iniziato a frequentare il circuito maggiore dividendosi fra Futures e Challenger, prima di “assaggiare” i primi tornei ATP, nel 2011. L’anno dopo è arrivata la prima svolta. Ha raggiunto i quarti nel 250 di Chennai e ha vinto il Challenger di Le Gosier, prima di rivelarsi al grande pubblico al Roland Garros battendo nell’ordine Radek Stepanek, Arnaud Clement (entrambi al quinto) e Lukasz Kubot, meritandosi un ottavo da sogno contro Roger Federer. A Parigi David aveva stupito tutti per il suo timing sulla palla, la sua capacità di giocare d’anticipo e la sua intelligenza tattica unita a una rapidità di gambe impressionante. Tutte qualità che gli permettono di supplire a un fisico del tutto normale: alto 1.80 per 68 chili, niente a che vedere con gli “iron man” del tennis moderno.
Il 2013 doveva essere l’anno della consacrazione invece i risultati non si sono visti e a complicare le cose ci si è messa una frattura al polso che lo ha costretto a terminare anzitempo la stagione. Tornato a inizio 2014, l’andazzo sembrava quello dell’anno prima fino a quest’estate quando ha iniziato la sua incredibile corsa: dopo aver perso al primo turno a Wimbledon contro Andy Murray, ha vinto il challenger di Scheveningen e si è ripetuto a Poznan e a Tampere, il tutto senza cedere un solo set. Il piccolo capolavoro però lo ha compiuto a Kitzbuhel battendo De Schepper, Kohlschreiber, Lorenzi, Maximo Gonzalez e in finale il prodigio di casa Dominic Thiem, mettendo fine a un digiuno di titoli che per il Belgio durava da sei anni, dai tempi del trionfo di Steve Darcis a Memphis. Proprio Darcis, con cui si allena ormai da tanti anni, lo ha etichettato come “uno dei migliori tennisti belgi di sempre. Deve solo migliorare il servizio”. E David ha seguito il consiglio: dopo un buon terzo turno a New York e due vittorie in singolare contro l’Ucraina in Davis, è volato a Metz dove ha zittito il pubblico francese estromettendo il favorito Jo-Wilfried Tsonga prima di battere in finale il portoghese Joao Sousa. Il tutto mettendo a referto 44 ace in tutto il torneo, di cui 14 in semifinale contro Struff e 10 in finale contro Sousa. Segno che il ragazzo non solo cresce e migliora nelle sue principali qualità, ma cerca anche di correggere le lacune del suo gioco.
A 24 anni ancora da compiere e con una classifica da top-35 (ad oggi è numero 32), Goffin può guardare al futuro con grandi ambizioni. Vero che il suo essere fisicamente “leggero” lo rende deficitario in potenza, ma ciò non gli preclude il raggiungimento di grandi risultati: basti pensare a Kei Nishikori, finalista allo US Open e persino più piccolino di Goffin. Oppure a quell’Andre Agassi a cui il belga si ispirava nelle sue prime sfide contro il fratello nel giardino di casa. Perché se hai talento e sai giocar bene puoi anche permetterti qualche muscolo in meno, e questo David Goffin lo sa.