Lo sport ha la responsabilità di combattere la violenza di genere. Con i suoi valori paritari e la sua risonanza mediatica, lo sport ha una voce per fare la differenza. Ha una voce per iniziare il cambiamento. Oggi ce la fanno sentire uomini e donne, schierati insieme contro ogni forma di durezza e diversità. Oggi che, […]
TENNIS – DI DAVIDE BENCINI – Spesso le domande durante le sue interviste (l’ultima quella rilasciata a El Pais) non fanno che ripercorrere gli stessi binari, uno su tutti quello del presunto ritiro. Ma ormai Roger Federer vive quest’ultima fase della sua carriera con tranquillità quasi zen, forte della consapevolezza di non essere affatto un comprimario. E di essere tuttora diverso rispetto a tutti gli altri.
Domande fatte tante volte. Interviste che a volte sembrano volere a tutti i costi pretendere determinate risposte. La ricerca di perché quando il perché è troppo semplice per essere vero, o troppo banale per essere compreso. Eppure le interviste di Roger Federer finiscono sempre inevitabilmente per diventare uno spot della voglia. Un voto al puro divertimento per quello che fai…
I tempi passano, gli anni si sommano e pesano sulla schiena, eppure nessuno sembra poter togliere al “vecchio” Roger Federer quella voglia di giocare a tennis che ha sempre avuto e che ancora oggi lo spinge a entrare in campo, a 33 anni suonati, con la stessa semplicità con cui lo faceva a 20.
Nelle parole confessate a “El País“ traspare quasi la sorpresa di chi non capisce per quale motivo gli vengano ancora rivolte quelle domande, quei quesiti che riempiono spesso la bocca dei tifosi (quelli beceri…) e ai quali lui risponde con il suo solito grande amore per il tennis.
Gli viene chiesto se stia pensando al ritiro e lui ripete quello che ha sempre detto fin da quando, nel 2008, dopo Wimbledon la gente lo dava già per finito, con quell’aria da svizzero che vive per il suo lavoro e che al contrario di moltissimi svizzeri però non ha paura a esprimere quanto lo ami. E’ un Federer che non vede ancora il giorno in cui appenderà la racchetta al chiodo. E francamente, dopo una semifinale Slam in Australia, un torneo vinto, altri bei risultati, una forma più che convincente e un altro Wimbledon quasi portato a casa e nel quale tutti, ma proprio tutti, Djokovic a parte forse, hanno fatto il tifo per lui, non gli si può dare torto.
Certo, per chi è ed è stato Roger Federer è difficile accontentarsi e soprattutto “accontentare”: tifosi che lo credono perfetto e che vedono un po’ meno perfetta forse una stagione dove i risultati sono “solo” quelli elencati sopra. Eppure lui continua a non definirsi perfetto: perfetto svizzero forse, educato e composto, sempre pronto a dare tutto. Eppure non fa fatica a dire di avere anche lui i suoi problemi, per quanto contento di essere l’immagine del tennis degli ultimi anni.
Il tutto malgrado si senta sempre un po’ straniero all’interno del mondo tennistico odierno, fatto di una fisicità non propria degli anni nei quali Roger si è formato, guardando i Sampras, i Becker e gli Edberg in tv. Oggi è diverso, e pochi come lui sanno cosa voglia dire adattarsi per non soccombere. Il tennis è diventato uno sport più di “movimento” che di talento o di colpi. Ed è il lavoro a fare la differenza. Ciò nonostante viene fuori nei suoi pensieri tutto l’orgoglio di chi è riuscito a sopravvivere e a farcela, nonostante venisse da un passato diverso, a mantenere il suo stile.
Lo stile: quello stile che oggi rende tutti i giocatori tanti cloni in campo. Tutti forti, sia chiaro, ma così uguali tra loro. E non vede il buon Roger come si possa tornare a quel passato, malgrado l’immagine forte, dorata e splendente che ancora la foto di Federer rappresenta per il gioco, così anacronistica e per certi versi opposta al modello del tennista di oggi.
Eppure non c’è niente da fare: vecchio, perdente, o semplicemente solo più perdente di prima, Federer dice ancora di averne, di avere voglia, di voler giocare per divertirsi e non perché si senta obbligato: magari adesso non guarda i match degli altri alla tv, fa spallucce sentendo che un torneo è stato vinto da questo o quel giocatore, mentre passeggia con le bimbe mano nella mano nel bosco. Semplicemente gioca, e anche a chi lo intervista sembra quasi impossibile sentirsi dire che nella propria immagine allo specchio vede solamente un tennista professionale, un marito e un padre di famiglia. Che dopo il tennis farà il papà. Niente frasi a effetto. Non sarebbe nello stile del personaggio. Solo una pura sensazione di tranquillità e serenità di chi sa di avere dato tanto e sente di avere ancora da dare, senza dimenticare chi è e cosa lo circonda, o lo accompagna, nel cammino che non ha ancora smesso di percorrere.