di Salvatore Sodano C’era un ragazzo che come me… amava i Beatles il Rock&Roll… e il tennis? Forse, ma scavando nel fotocatalogo dei vip, a disposizione nella banca dati, di Morandi tennista non c’è traccia. Allora? Cosa c’entra Morandi con il tennis, a parte le circostanze che spesso lo hanno visto esibirsi negli stadi del […]
TENNIS – DI DAVIDE BENCINI – Il nostro n.1 è atteso al varco, visti i punti incassati nel 2013 e ora da difendere prima della stagione americana. Ma a Stoccarda è arrivata la prima scivolata…
Sarebbe quasi l’ora di dire “Adesso basta giocare: è ora di diventare grandi”. Ma si sa che con Fabio Fognini questa filosofia non ha mai funzionato e che probabilmente questo non sarà mai il suo tipo di scuola. Fatto sta che un anno fa eravamo qua a vedere finalmente sbocciare la sua stella, a vedere confermate quelle speranze da top player che l’Italia attende da troppo tempo; un anno fa assistevamo a un giocatore che cominciava a fare paura ai grandi, i quali sussurravano, guardando i tabelloni, di sperare di non trovarselo davanti. Fabio Fognini nell’estate 2013 era diventato la possibile mina vagante, dopo aver vinto in successione i tornei di Stoccarda e di Amburgo (qui persino salvando tre match point a Delbonis in finale senza perdere la brocca come il vecchio Fabio avrebbe fatto) e aver perso in finale a Umago. 19 del mondo, a 105 punti dalla top 15 (raggiunta poi nel 2014).
Poi era arrivato chiaramente in America cotto come un tacchino, ma finalmente potevamo dire di avere davanti un giocatore cresciuto, finalmente pronto per i grandi palcoscenici e per giocarsela con tutti.
Il 2014 era cominciato con alti e bassi, sempre “alla Fognini” diciamo: altro torneo vinto e altra finale, per poi divenire l’idolo di tutta Italia con quella partita contro Murray in Coppa Davis; ma anche match persi male, come quello contro Tsonga a Montecarlo o contro Rosol a Roma.
Poi alla finale di Monaco di Baviera si sono alternate le multe e le sceneggiate alla “vecchio Fabio”, facendo temere ai più che il meglio forse fosse già venuto e che il nostro resterà sempre un giocatore da grandi acuti ma da ricadute degne del peggior Ivanisevic. Adesso sarebbe il momento di confermarsi, perché 650 punti da difendere (dei quali già 160 salassati in malo modo contro Bautista Agut la scorsa settimana) non sono pochi e chi sta dietro non resta a guardare. Sampras diceva che il difficile non è diventare numeri uno ma restarlo: allo stesso modo il difficile non è vincere, ma rivincere. Per non restare una meteora, per non essere solo quello che in quel mese del 2013 ha azzeccato le 3 settimane della vita.
Le ultime uscite ci hanno restituito più un Fognini da sceneggiata napoletana che il tennista che l’anno scorso regalava finalmente gioco e vittorie. Difficile dire se potrà ripetere quel 2013 o migliorarsi, visto che in America avrebbe meno punti da difendere di noi che scriviamo. Non perché non ne abbia la forza o le capacità, ma più che altro perché a grandi alti finora, nella sua carriera, sono sempre seguiti momenti in cui Fabio sembrava quasi avere bisogno di tornare a essere il bambinone che se la prende con tutto e tutti sconfiggendosi da solo. C’è chi ha detto recentemente che non raggiungere la top 10 per un giocatore come lui sarebbe un vero peccato. Beh, anche a lui piacerebbe essere ricordato più per i risultati che per il fatto di essere quello che ha conquistato Flavia Pennetta o che ha battuto il record di multe nel circuito. Ma a volte pare difficile crederlo, vedendo come riesce a farsi intrappolare da quel personaggio che si è creato nel corso degli anni.
Adesso è atteso alla prossima prova di maturità: l’anno scorso si chiamava primo titolo. Ora si chiama forse semplicemente maturare, per arrivare magari nei primi dieci. Adesso, come per qualsiasi atleta, l’asticella si è alzata. Ci riuscirà? Difficile, ma lo speriamo tutti.