di Salvatore Sodano C’era un ragazzo che come me… amava i Beatles il Rock&Roll… e il tennis? Forse, ma scavando nel fotocatalogo dei vip, a disposizione nella banca dati, di Morandi tennista non c’è traccia. Allora? Cosa c’entra Morandi con il tennis, a parte le circostanze che spesso lo hanno visto esibirsi negli stadi del […]
di LORENZA PAOLUCCI
TENNIS – L’ Italia di Davis è in semifinale ma solo quattro anni fa incappava, contro la Svezia, nella più cocente delle sconfitte, nel tentativo di riemergere dall’ abisso della B. Quanta strada hanno fatto gli azzurri in questi anni? Meno di quattro anni fa, in Svezia, nel freddo dello Sparbanken Lidkoping, Arena di Lidkopoing, per l’Italia di Corrado Barazzutti si consumava una specie di psicodramma sportivo. Simone Bolelli e Potito Starace persero un doppio che li vedeva avanti per due set, e si consegnarono alla Svezia di Robin
Soderling, dicendo addio alla più concreta speranza di risalire nel World Group durante gli anni infernali della serie B. Allora Starace, indomito trascinatore della squadra, parlò di una “maledizione” che impediva all’Italia di ritornare tra le grandi. Il calvario della serie B di Davis per gli azzurri è durato dieci anni, stagioni in cui si è toccato il fondo: nel 2004 con la retrocessione in C contro lo Zimbabwe, nel 2007 perdendo 3 a 0 da Israele e nel 2008 rischiando di nuovo la C. In questi anni difficili i nostri tennisti se la sono sentiti dire di tutti i colori: incapaci, viziati e senza carattere.
Per fortuna c’erano le donne che andavano a cento all’ora nel circuito ed in gruppo, puntualmente vincenti nella loro Davis, la Fed Cup, meno prestigiosa, ma che rappresentava per il movimento italiano una boccata d’aria quanto mai necessaria. I successi femminili avevano dato il via a paragoni estenuanti tra il tennis in gonnella e quello in calzoncini, con i maschietti che hanno dovuto mangiare la polvere e guardare dal basso i successi delle colleghe sempre mediaticamente meno considerate. Gli uomini poi ci mettevano del loro nel trovare le scuse più assurde per giustificare la pochezza dei risultati. Il vento, il campo, la mancanza di allenatori, la sfortuna.
Certo nel 2009 giocarsi l’accesso nel World Group contro la Svizzera di Federer non era sicuramente la strada più semplice, ma a parte questo episodio, l’Italia dimostrava di essere una squadra di serie inferiore come fece notare allora Adriano Panatta “la sfortuna non c’entra, l’Italia è una squadra di Serie B”. Il sopracitato “suicidio” contro la Svezia non faceva che confermare che l’Italia non era pronta per tornare tra le grandi e non certo per motivi tecnici.
Ma proprio dallo scivolone in Svezia qualcosa è cambiato. Nel 2011 l’agonia della B finisce, contro il Cile, ed in Cile, proprio li dove nel ’76 ci fu l’unica storica vittoria azzurra. Da quel giorno in poi abbiamo combattuto per rimanere aggrappati al World Group, sperato in sorteggi favorevoli, avuto un po’ di fortuna, ma ci siamo sempre stati. Lo scorso anno la semifinale l’avevamo sognata, contro il Canada anche se si giocava sul veloce, potevamo farcela ma l’assenza di Bolelli in doppio fu fatale e perdemmo al fotofinish.
Quest’anno il sogno è diventato realtà, ed ora contro la Svizzera di Re Roger ci giochiamo un’insperata finale.
L’Italia è tornata finalmente tra le grandi potenze del tennis mondiale, dove merita di stare. Questo grazie all’importanza di un gruppo affiatato, di un doppio vincente, e di un n.1 come Fabio Fognini, che vale la top ten. Poi c’è anche Andreas Seppi, al quale la maglia azzurra un giorno pesava ma che ora sembra riuscirlo a rigenerare, anche quando nel circuito non riesce ad esprimere il suo miglior tennis.
L’unico limite forse della squadra azzura, resta la dipendenza dalla terra rossa ma anche qui si fanno progressi: Fognini, Seppi e Bolelli se la giocano anche sul veloce, sono gli avversari piuttosto a diventare più pericolosi sulle superfici rapide. Di fatti la semifinale contro Federer e Wawrinka se affrontata in casa sarebbe stata di certo più abbordabile.
Agli svizzeri però penseremo a settembre, ora godiamoci l’Impresa di Napoli, consapevoli che questa squadra è cresciuta e lo ha fatto partendo da molto lontano.