Quale forma ha l’acqua? In verità l’acqua prende la forma che le viene data, perché si sostiene che non ne abbia davvero una tutta sua. Proprio come un liquido, incapace di acquisire una sola forma, il tennis di Jannik Sinner fluisce, si adegua a ogni foggia o situazione. Scorre inesorabile ignorando gli ostacoli e procede […]
di FEDERICO MARIANI – Con la vittoria nel Master 250 di Vina del Mar, Fabio Fognini ha portato a tre il suo bottino di titoli in bacheca, ha ritoccato il suo best ranking con la posizione numero 14 e, soprattutto, ha dimostrato che l’incredibile estate scorsa, quando sono arrivati due trofei in back to back, non è il suo limite massimo, c’è di più.
Il ligure, giustamente, alza il tiro ed ora che è talmente vicino da sentirne l’odore, strizza l’occhio alla top ten. Fa bene Fabio a porsi nuovi grandi obiettivi perché nel tennis professionistico la costante ricerca del prossimo step è una determinante vitale per raggiungere altissimi livelli e restarci. La domanda che ora sorge spontanea ad esperti ed addetti ai lavori è palese: dove può arrivare Fognini? Difficile rispondere, difficile dire se riuscirà ad esorcizzare questa sorta di maledizione-top ten che non vede colori azzurri da troppi anni, difficile raggiungerla ma non certo impossibile per questo Fognini.
Jo Tsonga, l’attuale numero 10 del mondo, dista esattamente 625 punti, non uno sproposito quindi. In mezzo ci sono Isner, Haas e Raonic, tutti giocatori che non stanno attraversando uno straordinario stato di forma e, da qui al Roland Garros, avranno tutti da difendere una buona quantità di punti senza contare che la stagione sul rosso, iniziata di fatto da Vina del Mar, per caratteristiche è molto più favorevole al giocatore di Arma di Taggia rispetto ai suoi più diretti concorrenti.
In definitiva, quindi, si può serenamente affermare che a livello di meri calcoli la top ten per Fabio è tutt’altro che irraggiungibile e questo pregioso traguardo deve stare in cima ai pensieri di Fognini, senza però diventare un’ossessione attanagliante come spesso nella storia del gioco è successo, ad esempio a Roberta Vinci.
La questione si sposta ora sul fatto di stabilire se sia giusto considerare Fognini un cosiddetto “top player” e, in caso di responso negativo, cercare di capire cosa manca al ligure per essere considerato tale. Il talento di Fabio è indiscutibile, lo è sempre stato, ma come quasi sempre accade, il salto di qualità è avvenuto a livello mentale. Si è sbloccato qualcosa negli ultimi dodici mesi nella testa di Fognini che gli ha permesso di raggiungere livelli fino a qualche tempo fa insperati.
In mezzo a tante lodi, però, appare evidente l’esistenza di differenze tra l’azzurro ed i giocatori della top ten o a ridosso di questa. La maggiore di tali differenze è senza dubbio la continuità di rendimento su tutte le superfici, in particolar modo sul cemento: se sulla terra, infatti, possiamo considerare il taggese tra i primi giocatori del mondo senza essere accusati di patriottismo, altrettanto non può dirsi sulle superfici veloci dove almeno una ventina di giocatori pare essere più competitiva del “Fogna”.
Da qui deve ripartire Fabio per arrivare davvero in alto in quanto col tennis ipercompetitivo dei giorni nostri, non posso più esistere degli specialisti di una o l’altra superficie che si mantengono ad alti livelli. Oggi è necessario essere sempre pronti, sempre competitivi e su tutte le superfici. Se Fabio assimilerà questo e pianificherà col suo team una programmazione di alto livello, avremo un nuovo un top ten.