di Salvatore Sodano C’era un ragazzo che come me… amava i Beatles il Rock&Roll… e il tennis? Forse, ma scavando nel fotocatalogo dei vip, a disposizione nella banca dati, di Morandi tennista non c’è traccia. Allora? Cosa c’entra Morandi con il tennis, a parte le circostanze che spesso lo hanno visto esibirsi negli stadi del […]
Dall’inviato a Melbourne, Luigi Ansaloni
Nel tennis vige una simpatica regola che vale da quando il gioco con la racchetta più famoso del mondo ha emesso i primi vagiti. Ovvero: la palla deve rispettare dei limiti. Nel servizio entro un certo spazio, durante lo scambio entro altri spazi. Ma i limiti ci sono sempre. Diverso, per certi aspetti, è il baseball. Anche lì ci sono regole, eccome, ma la palla è più “libera”, soprattutto nel momento più puro, catartico e spettacolare del gioco: l’Home Run. In quel momento, quando il battitore spedisce la palla al di fuori dal campo e il ricevitore non la può più prendere, si ha un senso di leggerezza, di potenza. Questo perché, a differenza del tennis, non ci sono angoli, righe e limiti da rispettare. La palla vola via, e lo stadio viene giù.
Tutta questa infinita introduzione per far capire le differenze (anche se ovviamente il tutto non si riduce solo a questo) tra il baseball e il tennis. Perché? Semplice. Oggi si è vista una giocatrice di tennis con un talento indiscutibile volere giocare a baseball. Parliamo nella nostra Camila Giorgi, futura (o anche attuale, perché no) reginetta del tennis italiano, tanto brava e carina ma con evidenti problemi geometrici nel campo. L’azzurra ha perso in tre set contro la francese Cornet (6-3 4-6 6-4 il risultato finale in 2 ore e 36 minuti), ma non è questo il punto, bensì il numero impressionante dei suoi errori gratuiti: 73. Una cifra inaudita, quasi inaccettabile per una giocatrice del suo livello e del suo talento. Anche perché questo Everest di gratuiti non è stato nemmeno lontanamente scalato dai suoi vincenti, 28.
Probabilmente il caldo micidiale ha influito in tutto questo: con 41 gradi all’ombra più che una partita è una gara per evitare di sprecare inutili energie, quindi cercare il “colpo” definitivo diventava una necessità più che uno scopo, ma quando è troppo è troppo. Anche lei stessa, con estrema umiltà e intelligenza, lo ha detto a fine partita: “Il mio gioco è molto aggressivo, però stavolta qualcosa non è andata”. E’ giovane e avrà sicuramente tempo per imparare quei limiti del campo che contro la Cornet sembravano non esistere.