Il pagellone azzurro: Fognini ed Errani promossi, Quinzi è la sorpresa

Di Enzo Cherici
 
Fognini: 7
 
Nessun italiano aveva vinto tanto nel corso di un’ annata (42 vittorie) dai tempi di Barazzutti nel 1978. Tutti ricorderanno il suo magico luglio, con le vittorie di Stoccarda e Amburgo, e la finale di Umag. Ma il suo top dell’anno dal punto di vista tecnico è coinciso con la semifinale di Monte Carlo, dove ha impartito autentiche lezioni a top ten del calibro di Berdych e Gasquet, prima di arrendersi a Djokovic. Il suo problema è sempre lo stesso: quando gli prende il quarto d’ora buono è capace di nascondere la palla a chiunque (per informazioni rivolgersi al Nadal di Pechino), ma quando s’avvita su sé stesso (il che gli accade ancora troppo frequentemente) è capace di prenderle dal primo che passa.
 
Conclude comunque l’anno da 16 del ranking ed è un risultato straordinario, difficilmente ipotizzabile ad inizio stagione. Potrà conservarlo o anche migliorarlo, ma dovrà migliorare di molto il suo rendimento sul duro e, di conseguenza, negli Slam. Non è possibile che un giocatore con i suoi mezzi tecnici non riesca a superare il primo turno in tre Slam su quattro!
 
 
Seppi: 6 meno meno
 
Ha iniziato l’anno da numero 23, l’ha chiuso al numero 25. Una stagione, dunque, sostanzialmente equilibrata. Staremmo per dire…”alla Seppi”!
 
Al contrario di Fognini, ha fatto benino negli Slam (due ottavi, due terzi turni) ma troppe, troppe sconfitte evitabili (eufemismo) sparse qua e là nel corso dell’anno. In estrema sintesi, gli è mancato l’acuto. Quello che, pur perdendo con Djokovic, aveva avuto a Parigi l’anno precedente. Per non parlare del quarto di finale di Roma, con la splendida vittoria contro Wawrinka. L’annata appena conclusa verrà ricordata invece per le interminabili lotte con Istomin (15 set in tre partite, record 1-2) e per le vittorie con Cilic (ma non a Torino, in Davis…) e Nishikori. Alla fine sembra poco, ma forse non lo è. Non dimentichiamoci che parliamo d’un giocatore che non ha un colpo che è uno che possa far male all’avversario. È la classica testa di serie a sua insaputa, quella che tutti vorrebbero incontrare in uno Slam. Quel discolo di Rino Tommasi lo marchiò a vita con la definizione di “regolarità falloso”. Forse non aveva tutti i torti.
 
Volandri: 6+
 
Leggendo la sua classifica di fine anno (71) viene da domandarsi se forse i Challenger non regalino troppi punti… Parliamoci chiaro, a 32 anni suonati, è bravissimo nell’avere ancora un dignitosissimo rendimento, tenuto anche conto che aveva iniziato la stagione da numero 87. Ma i fatti parlano chiaro: è ormai un giocatore da Challenger. Niente di male e nessuna intenzione di sminuirlo in questa affermazione, anzi. Chi ha avuto qualche volta modo di vedere match di questo circuito sa come si giochi col coltello tra i denti. Ogni partita è una lotta e non è affatto semplice tenere un rendimento come il suo. Bravissimo dunque, ancor di più dopo il trionfo nel Master Challenger disputato in Brasile lo scorso novembre. Se si esce però dai Challenger e si volge lo sguardo al tennis che conta, abbiamo zero vittorie negli Slam, zero vittorie nei Masters 1000. Per questo si fa fatica a considerare veritiera la sua strepitosa classifica finale. Ma a 32 anni s’è dato delle priorità ed ha senz’altro centrato tutti i suoi obiettivi dell’anno. Stagione senza dubbio positiva.
 
 
Quinzi: 7 e mezzo
 
Tenuto conto che compirà 18 anni soltanto il prossimo febbraio; che ha iniziato l’anno da numero 562; che l’ha concluso da 327; che nel mezzo ha vinto il titolo di Wimbledon junior; che ha già battuto un numero 129 del mondo (Elias); che è già arrivato a giocarsi una semifinale in un Challenger… Tenuto conto di tutto questo, riteniamo la sua stagione assolutamente straordinaria. 
 
Certo, il difficile viene ora. Perché su di lui c’è una pressione enorme da parte di un ambiente assolutamente inabituato a vincere qualcosa di importante da più di 30 anni. Ma il ragazzo sembra sapere il fatto suo e, soprattuto, dimostra ad ogni match miglioramenti a livello tecnico e caratteriale. Il futuro è dalla sua. Stavolta siamo fiduciosi. Non dovrebbe ripetersi un caso-Nargiso bis.
 
 
Bolelli: ng
 
Aveva iniziato discretamente la stagione, con il terzo turno di Doha e la semi di Buenos Aires. Aveva superato clienti ostici come Kubok, Robredo e Monaco. Poi, di colpo, a Miami il polso ha fatto crac. Fine. Chiaramente non giudicabile, volevamo fargli soltanto un grosso in bocca al lupo.
 
 
Errani: 7 e mezzo
 
Non ripete la straordinaria stagione 2012, ma si mantiene su altissimi livelli. Le prime tre neanche le vede, ma con tutte le altre non solo se la gioca, ma spesso e volentieri le bastona alla grande. Il suo top lo raggiunge ancora una volta a Parigi, dove gioca uno straordinario quarto di finale contro la Radwanska, prima di arrendersi in semi a Sua Maestà, Serena Williams.
 
Male negli altri Slam (dove supera solo un turno all’Us Open prima d’essere asfaltata dalla Pennetta), mantiene comunque un rendimento altissimo per gran parte della stagione. Parigi a parte (che non è affatto poco), le manca in qualche modo l’acuto, la vittoria di grido. Cala un po’ nel finale, ma a testimonianza della buonissima annata si qualifica per il secondo anno consecutivo per il Master, dove però arriva con le pile un po’ scariche e non riesce a superare il Round Robin. Si rifarà qualche settimana dopo regalando con la sorellina Vinci la quarta Fed Cup all’Italia. Ad averne di maschietti come lei!
 
 
Vinci: 7+
 
Una stagione all’inseguimento della Top Ten. Alla fine non c’è l’ha fatta per un pelo (è arrivata al numero 11, ha finito al 14), ma senza ombra di dubbio la sua annata rimane stra-positiva. 
 
Due titoli in cascina (Katowice su Kvitova e Palermo su Errani), costantemente tra le migliori durante quasi tutto l’anno, non smetteremo mai di ringraziare il cielo per averci dato una giocatrice così. Con quel suo tennis molto vintage, fa letteralmente impazzire la gran parte delle colleghe, grazie a tagli e variazioni di cui nemmeno sospettavano l’esistenza. Dopo una lunga serie di sconfitte s’è tolta qualche soddisfazione anche contro l’amicona si sempre, Sarita Errani, tanto che erano corse anche voci di dissapori tra le due. Niente di tutto ciò. Alla fine l’amicizia ha prevalso sui risultati, tutti felici, speriamo il sodalizio vada avanti ancora a lungo. Peccato davvero per quel “numero 10” sempre sfuggito per un pelo. 
 
Tra poco avrà 31 anni e sarà sempre più difficile mantenersi a questi livelli. Noi ce la godiamo finché dura e non smetteremo mai di dirle grazie per il piacere che ci regala ogni volta che scende in campo.
 
 
Pennetta: 7 meno meno
 
Anche per lei gli anni saranno presto 32 e dopo tutti i problemi fisici avuti nel recente passato, pochi scommettevano su un suo ritorno a grandi livelli. E invece… E invece lei ha sofferto nella prima parte dell’anno, passato soprattutto a riprendere confidenza con il campo e nel cercare di ritrovare il suo ritmo. Poi un colpo di fortuna (era ora!) l’ha in
qualche modo lanciata per una seconda parte di stagione…alla Pennetta. A Wimbledon si fa male la Azarenka e lei si ritrova al terzo turno. Che vince, per poi arrendersi in ottavi alla fiamminga Flipkens. Torna un po’ di fiducia e a New York compie il suo capolavoro. Supera Errani e Vinci e si issa sino alle semifinali dello Slam a stelle e strisce. Perde con la Azarenka, ma se la gioca, nonostante una pessima giornata al servizio. Finisce l’anno al numero 31. Dopo tutto quello che aveva passato, non le si poteva chiederle di più.
 
 
Knapp: 6 e mezzo
 
Dopo tutti i guai che aveva avuto, il suo primo obiettivo era quello di star bene e tornare a divertirsi in campo. Missione compiutissima. Ma non solo. Perché Karin ha fatto di più, rendendosi protagonista d’un piccolo miracolo tecnico che l’ha portata dal numero 120 d’inizio anno, al numero 40 di fine stagione.
 
Il suo momento di svolta è stato Wimbledon, dove ha approfittato della caduta della Sharapova per portarsi fino agli ottavi di finale, sconfitta dalla futura campionessa Bartoli (sic). Anche all’Us Open è andata bene, raggiungendo un signor terzo turno, superata da Robertina Vinci dopo aver battuto la Vesnina (24 del ranking). Insomma, un ritorno alla grande il suo, con miglioramenti tecnici (soprattutto nel servizio) davvero notevoli. Speriamo ora che la salute continui ad assisterla, chissà che non riesca a togliersi (e regalarci) altre soddisfazioni. 
 
 
Schiavone: 5
 
Brutta stagione per l’ex Leonessa. L’unico semi-acuto l’ha avuto nel suo Roland Garros, dove ha superato Flipkens e Bartoli, prima di arrendersi in ottavi alla Azarenka. Per il resto, ad eccezione della vittoria a Marrakesch, buio pesto. Tanti sorteggi sfortunati, vero. Ma anche tante, troppe sconfitte evitabili e vittorie di misura contro avversarie che solo un paio d’anni fa avrebbe spazzato via. 
 
Sappiamo che ancora non pensa al ritiro e questa potrebbe essere una buona notizia. Una campionessa come lei, ancora con la voglia di battersi in campo, potrebbe darci (e darsi) magari ancora un’ultima gioia. D’altra parte, ce l’ha fatta la Pennetta quest’anno, perché non potrebbe farcela anche lei?
 
 
Giorgi: 5
 
È la Fognini in gonnella. Capace di prendere a pallate chiunque, ma anche di prenderle contro chiunque. Ha grandi potenzialità tutt’ora parzialmente inespresse. Comincia ad avere 22 anni, è sempre giovane ok, ma non è possibile che una col suo talento inizi l’anno da 74 del mondo e lo chiuda da 97! Qualcosa, evidentemente, ancora non quadra. Le righe del campo, tanto per dirne una, continuano ad essere un optional, un’eventualità. Bisogna che inizi a “pensare” di più quando è in campo. Non è possibile sempre sparare, sparare e ancora sparare. Quando lo capirà, se lo capirà, ci regalerà tante soddisfazioni.

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