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di FEDERICO MARIANI
Come ogni esercizio che si rispetti, anche la stagione tennistica, quando volge al termine, necessita di bilanci che vadano a sentenziare su chi ha fatto bene, chi benissimo e chi, invece, ha deluso.
Incentrando il discorso sui piani alti del gioco, su quelli altissimi in particolare, l’autunno tra Asia ed Europa ci fa chiedere se Juan Martin Del Potro possa davvero elevarsi a fantomatico membro dei cosiddetti “Fab Four”, ovverosia quei giocatori che, tra i fortissimi, spiccano ancora di più e che sono da considerare come papabili alla vigilia dei vari tornei maggiori, Slam in primis.
Il rendimento del talento di Tandil registrato ultimamente e le prospettive future farebbero rispondere in modo positivo alla domanda. Il ragazzone argentino, infatti, si è aggiudicato prima il 500 di Tokyo e dopo si è confermato a Basilea battendo di nuovo Federer, in mezzo c’è stata la prestigiosa finale a Shanghai con lo scalpo importante di Nadal in semi. I titoli sono per ora quattro con Bercy e le Finals ancora da giocare, posti nei quali partirà minimo come terzo favorito per la vittoria finale alle spalle del duopolio serbo-spagnolo.
A ben vedere, un giocatore del calibro di Del Potro non può essere considerato alla stregua dei vari “comprimari di lusso” quali ad esempio Berdych , Ferrer o Tsonga in quanto Juan Martin ha già dimostrato di essere di una categoria superiore e non solo con la conquista dello Slam newyorkese nell’ormai lontano 2009. Delpo, infatti, è già risorto dopo il grave infortunio al polso che sembrava avergli tolto quella violenza che solo lui sul circuito sa imprimere alla pallina; con questa stagione, il suo ritorno ad altissimi livelli è assodato anche se è difficile dire se sia o meno al 100% del suo potenziale come in quella magnifica estate di quattro anni fa quando fece raccogliere a Nadal sei giochi in tre set. Il diritto sicuro è tornato quello di una volta ed oggi è da ritenersi l’arma più letale del tennis moderno alla quale nessuno sa trovare il modo di opporre resistenza.
Per uno che entra tra i fatidici primi quattro, ce n’è uno che forzatamente deve uscirne e tutti gli indizi portano all’illustre nome di Roger Federer. Per quanto possa sembrare solo una trovata giornalistica questa di catalogare i Fab Four, oggettivamente questo 2013 avaro di successi per lo svizzero non può farlo figurare tra i primi quattro giocatori del mondo e tra i più accreditati per la vittoria in uno dei tornei dello Slam. Ed in questo senso si è mostrato il ranking che spesso, non sempre, riporta in modo fedele i reali gap tra i tennisti.
Il limite più grande di Del Potro che lascia qualche residua perplessità sul suo conto è la tenuta fisica, vero tallone d’Achille della carriera di Palito. Come spesso accade, il fisico fa fatica a reggere il peso di una muscolatura molto massiccia come quella del venticinquenne di Tandil e sovente gli è capitato in questi anni passati sul circuito, di incappare in infortuni e stop vari. Altra pecca dell’annata dell’argentino è rappresentata dal capitolo Slam: questi è andato decisamente male nei grandi appuntamenti centrando solamente una semifinale a Wimbledon. Londra a parte, infatti, Delpo ha raccolto un misero terzo turno a Melbourne (perso da Chardy) ed un altrettanto deludente secondo turno a New York (fuori da Hewitt). La sensazione è che i due problemi siano collegabili: Juan Martin sembra, infatti, soffrire al momento la distanza dei tre set su cinque.
Se il fisico lo sosterrà, però, molto probabilmente avremo un nuovo “fantastico” che si andrà ad aggiungere agli altri tre e solo il 2014 potrà dare un responso definitivo su questo. Sempre che Federer non cambi marcia ancora nell’anno venturo lasciando di stucco tutti ancora una volta e, nel caso, perché mai i fantastici non potrebbero essere cinque?