di Salvatore Sodano C’era un ragazzo che come me… amava i Beatles il Rock&Roll… e il tennis? Forse, ma scavando nel fotocatalogo dei vip, a disposizione nella banca dati, di Morandi tennista non c’è traccia. Allora? Cosa c’entra Morandi con il tennis, a parte le circostanze che spesso lo hanno visto esibirsi negli stadi del […]
… E poi arrivò anche l’ex presidente della Federazione di tennis spagnola, Pedro Muñoz.
Se ieri le dichiarazioni di Köllerer erano sembrate per molti il classico albero che cade nella foresta senza fare rumore, quelle di oggi, se confermate, di Muñoz risuonano molto forti nel mondo del tennis, aumentando i sospetti verso un sistema che presenta moltissime lacune e ormai giornalmente partorisce lati oscuri e genera sospetti a tutti i livelli.
Se infatti nel caso di Köllerer le accuse vanno prese con la classica formula del “Leggere attentamente le avvertenze” non c’è dubbio che le parole circa casi di doping insabbiati a fine anni ’90 rilasciate da niente meno che l’allora presidente della federtennis spagnola non possono non fare alzare le antenne a tutti gli addetti ai lavori e storcere il naso anche a chi addetto al lavoro lo è poco.
Stando a quanto riportato dalla rivista Bloomberg, Muñoz avrebbe dichiarato non solo come alcuni tennisti fossero risultati positivi all’antidoping ma poi sistematicamente coperti dalla federazione, ma anche che in occasione di una positività di un atleta in particolare egli si sia fatto avanti in prima persona nel suo caso: “Un giocatore spagnolo una volta fu trovato positivo all’antidoping perché aveva assunto un farmaco per curare la spalla infortunata. Mi sono recato a Parigi con lui per l’udienza e anche se era stato trovato positivo alle controanalisi gli fu comminata dall’ITF solo un’ammenda di 6.700 dollari”.
Ora, come la dobbiamo prendere?
Inutile dire che se la cosa è andata veramente così, a parte il “pronti, attenti, via!” per andare a cercare su internet quale sia l’atleta in questione a cui fa riferimento Muñoz, si tratta di un qualcosa che non può che fare gridare allo scandalo, soprattutto dopo i risultati della sentenza Puerto che già di per sé non hanno certo portato lo sport spagnolo a essere visto sotto una luce migliore, anzi. Il fatto che una dichiarazione del genere poi venga resa pubblica il giorno dopo in cui un ex tennista spara a zero, guarda caso, sui due esponenti maggiori del movimento iberico, dà quanto meno da pensare.
Purtroppo, speranzosi o meno che queste cose non siano vere, si stanno aprendo pian piano scenari abbastanza inquietanti e soprattutto un quadro veramente poco chiaro di come viene gestita la situazione.
E se una voce come l’ex presidente di una federazione importante come quella spagnola arriva a rivelare una cosa del genere è lecito pensare che forse ci sono state tenute nascoste molte cose, e che il sistema sia molto più ingarbugliato di quello sereno e pulito che molti descrivono.
Stando a quanto avrebbe dichiarato Muñoz il problema è anche che l’ITF non fornisce i nomi dei colpevoli finché non vengono presi dei provvedimenti definitivi da parte della corte e che le procedure andrebbero ridefinite. Che le cose debbano cambiare se lo chiedono in molti, considerato anche il fatto che nessuno sa realmente quanti controlli vengano fatti e su chi vengano fatti. Le informazioni in nostro possesso sembrano uscite da una commedia di Woody Allen; un tennista X che dice di essere stato controllato 23 volte in 3 settimane, il tennista Y che dichiara di non avere avuto un controllo da Pasqua del 2001; quello che dice che il doping nel tennis non serve a niente (beata ingenuità), l’altro che è pronto a farsi controllare persino i calli del piede pur che si faccia di più.
Di chi ci dobbiamo fidare se un Cilic viene trovato positivo e lo veniamo a sapere, tra l’altro per vie traverse, dopo 3 mesi, vedendo poi una pena comminata forse in seguito allo sdegno generale generato dalla spifferata più che dalla regola infranta?
Cosa si fa realmente? Quanti controlli vengono fatti? Chi viene coperto? Le domande rimangono ancora senza molte risposte, o, peggio ancora, vengono spiegate con affermazioni che generano altre domande.
E l’ultima domanda che ci resta in bocca a questo punto è: da chi arriverà la prossima dichiarazione?