Vittoria importante del Kazakistan nel match inaugurale della United Cup 2025. La nuova stagione tennistica si è aperta con la terza edizione della competizione a squadre derivata dalla Hopman Cup e con la solita formula: 6 gironi da 3 in due località diverse (Perth e Sydney), dove quindi ogni risultato può incidere in positivo o […]
Una prima di servizio profonda, piatta, potente. Wawrinka non risponde bene. La palla si impenna. Mahut inizia a pensare. “Che faccio? La prendo? La lascio? Smettila, dannazione! C’hai perso una finale al Queen’s per questo!”. Qualche affannoso passo laterale verso la linea, quasi a spingere quella maledetta pallina ad uscire. Poi la convinzione: “Ce l’ho fatta”. Lascia cadere la racchetta sull’erba di S’Hertogenbosch ed inizia a piangere, sfogando anni ed anni di sconfitte durissime.
Sembrava che il suo momento non potesse mai arrivare, nonostante un tennis talentuoso. Faceva quasi impressione trovarlo al n.240 del mondo all’inizio della scorsa settimana, quando si è presentato per disputare le qualificazioni. Non poteva nemmeno immaginarsi di vivere giorno dopo giorno una cavalcata sempre più sorprendente, in un torneo dove c’è stata un’ecatombe di teste di serie fin dal primo turno. Dalla sua parte sono caduti subito Baghdatis, Gimeno Traver, il suo amico Isner e soprattutto Ferrer. Lui ha contribuito mettendo in fila tutti i suoi rivali, uno fra tutti proprio Wawrinka fresco di rientro in top10, non concedendo neppure un set e venendo brekkato solamente una volta, nella semifinale contro Xavier Malisse.
Sembrava rassegnatosi all’idea di essere un eterno secondo. Professionista dal 2000, ha colto la sua prima finale dopo sette anni, sull’erba del Queen’s. In quell’edizione giocò un tennis favoloso, mettendo in fila prima Monfils e poi addirittura Nadal. In finale andò avanti di un set contro Roddick, poi però si bloccò su un comodo match point ed alla fine uscì sconfitto. Poi a Newport, sconfitto da Santoro, ed infine oggi. Tre finali, tutte sulla sua superficie amata.
Si portava dietro sempre quest aria un po’ imbronciata, schiva. Una carriera segnata dall’amarezza, aumentata anche dopo aver perso il compagno di doppio storico, l’amico di tennis inseparabile. Julien Benneteau un giorno gli disse: «Non possiamo più giocare insieme, io posso e voglio misurarmi in tornei di livello più elevato, mi spiace».
Prima di oggi, Mahut era comunque nella storia del tennis per quell’incredibile primo turno a Wimbledon contro John Isner, di cui ancora oggi all’All England Club si vantano con una targhetta commemorativa per celebrare il match durato tre giorni e conclusosi 70-68 al quinto set. Un punteggio da fantascienza pura. Eppure Mahut aveva perso, ancora una volta. Forse poteva evitare di chiedere la sospensione al termine del secondo giorno di gioco, forse poteva sfruttare quel comodo rovescio sulla palla break del possibile 33-32. Sono i piccoli particolari che lo avevano costretto a rimanere l’eterno secondo. Addirittura perse, pochi mesi dopo, una partita in un Challenger contro lo spagnolo Bautista Agut, servendo il 97% di prime palle in campo. Quattro seconde di servizio solamente in tre set lottatissimi e chiusi 7-6 in favore dell’iberico. E lui rimaneva sempre a bocca asciutta. Intanto Isner veniva chiamato dappertutto, la vittoria nel loro incontro gli ha regalato una fama spropositata, ma non a Mahut, lui era quello che aveva perso, chi doveva filarselo?
Approfittava di qualche wild-card per risalire la classifica. A fine anno giocò il Master1000 di Parigi-Bercy e disputò una partita eccellente contro Gasquet. Risultato? 7-6 al terzo per il suo connazionale, lui sempre a bocca asciutta.
Il successo contro Andy Murray lo scorso anno al Queen’s non aveva avuto un seguito importante, mentre qualche giunse qualche buon piazzamento negli Slam: lo scorso anno raggiunse il terzo turno a Parigi, quest anno in doppio disputò un ottimo torneo con Llodra e giunse fino in finale. Dall’altra parte della rete i fratelli Bryan. Al tie-break del terzo (sempre quello) erano avanti 4-2 prima di cedere il passo ai fortissimi statunitensi ed alle lacrime amare per l’ennesimo grande traguardo sfumato a pochi passi.
Mahut aveva dichiarato di sentirsi sempre più affranto. In molti avevano smesso di crederci, forse pure Nicolas stesso.
Poi arriva S’Hertogenbosch e finalmente la prima vera soddisfazione per lui, che incredulo abbraccia il trofeo e lo stringe forte a sé. Non lo lascerà mai, non lo perderà una sola volta di vista.
Su Twitter è stato letteralmente sommerso dai tantissimi messaggi d’affetto e di congratulazioni. Uno in particolare, scritto proprio qualche minuto dopo l’esito della finale, dice “Congratulazioni Nicolas Mahut! Primo titolo ATP in Olanda, nessun altro lo meritava più di te!” firmato John Isner.
Non sarà un successo molto prestigioso, ma solo il francese sa quanta fatica ha compiuto per arrivare fin lì, solo lui conosce quante volte una possibile impresa si è tramutata nella solita, atroce sconfitta. Finalmente quell’ultimo maledetto punto è arrivato, ce l’hai fatta Mahut!