Ora Sinner deve correre ai ripari. E in fretta…

L’All-In lo firma Alcaraz, si prende tutto, lascia a Sinner appena le briciole. Vince il sesto Slam su sette finali giocate, scavalca Jannik in classifica, entusiasma il pubblico giocando di forza e di destrezza. È il suo anno, il primo posto è meritato, ha vinto di più, ha pareggiato il conto degli Slam, e ha dipinto a Sinner un futuro meno agevole di quello che il nostro aveva immaginato. Offre una dimensione di sé, lo spagnolo, che invita a rivedere tutti i pronostici sul futuro. Continuità? Solidità? A questo Alcaraz non mancano, è cresciuto, è diventato un ometto, l’unica domanda è quanto gli sia costato lo sforzo fatto. Sinner deve correre ai ripari, e per lui il concetto ha una sola applicazione: tornare a studiare, a migliorare. Sotto la pressione esercitata da Carlitos, il taccuino delle cose da fare si è riempito. Il servizio deve progredire ancora, le variazioni fluire con maggiore scioltezza. Oggi la classifica dirà che Carlos è in testa con 11.540 punti, Sinner è dietro con 10.760. Non importa, 65 settimane di primato sono un’impresa invidiabile. Vi sono 760 punti di differenza. Possono essere annullati, forse il primato stagionale si deciderà alle Finals di Torino. Ma tocca a Sinner rimettersi in cammino.

Non sembra nemmeno l’inizio di una finale Slam, piuttosto il quarto set della finale di Wimbledon, quello che Alcaraz non ha potuto giocare – né lo avrebbe meritato – ma se l’è trascinato dietro per mesi, divorato dalla voglia di riscatto, dall’urgenza di dimostrare che in quella finale dei Championships non era lui, la testa non l’aveva aiutato e i colpi le erano andati dietro sparpagliandosi per il campo senza costrutto. È un altro Alcaraz, o forse è semplicemente l’Alcaraz che Sinner farà bene ad aspettarsi da qui in avanti. Jannik spende male i propri crediti, ha due palle per portare a casa il primo game, alla battuta, e si ritrova sotto di un break. Il dritto di Alcaraz detta legge, dà forma agli scambi e quasi sempre li chiude. Sul servizio dello spagnolo non si gioca. Sinner non trova per strada una sola palla break, Alcaraz ingurgita famelico i suoi servizi vinti a zero. L’unica, per Jannik, è cercare di evitare quel dritto che gli fora il cervello e fa sanguinare i suoi sforzi. Ci prova attaccando e già va meglio, ma gli spazi che gli concede lo spagnolo sono ridotti, e qualche errore a rete è da mettere in conto. Arriva il secondo break, Alcaraz chiude con una differenza punti che non era prevedibile fra i due: 31 a 18.

C’è tutta la New York dello spettacolo, sugli spalti. C’è Sting, e c’è il Boss, Springsteen, con la figlia. In un cambio campo suonano “Dancing in the Dark”, la gente canta. È un omaggio. Ci sono attori, Ben Stiller,  Danny De Vito, Michael J. Fox. C’è lo sport. Edberg, Lendl, il pilota Checo Perez… A Lindsey Vonn hanno concesso un posto nel box di Sinner. Lo sci resta il primo amore. C’è anche Trump, scranno presidenziale, con le coppe in bella mostra. Quando lo inquadrano sullo schermo, la maggioranza dei newyorker lo fischia. Il torneo non si è fatto trovare preparato per l’arrivo del presidente, le misure di sicurezza richieste sono state severe, a metà del secondo set c’era ancora la folla, in fila, che non riusciva a entrare nello stadio. E il match è stato ritardato di 40 minuti buoni. Uno strazio per i tennisti riscaldarsi, e poi tornare a riscaldarsi, e rifare tutto da capo.

Serve la riscossa… Sinner mette da parte gli attacchi a rete e torna ai consueti diletti. La scelta è di alzare il ritmo, e se non basta, alzarlo ancora. Lo fa, e ad Alcaraz non piace nemmeno un po’. Il break arriva al quarto game e Sinner vola al 4-1, rimontando sul suo servizio da 15-30. Si torna al tennis che fece sussurrare ad Alcaraz “non riesco a rispondere ai suoi colpi da fondo”, nel pieno della finale di Wimbledon. Sinner è di nuovo dominante, la speranza è che duri…

Non tanto, a quanto si vede. In tutti i primi servizi dei set, Sinner lascia una palla break. Letale nel primo, disinnescata nel secondo, ma nel terzo Alcaraz è ancora pronto a colpire, e ritrova la sua dimensione da giocoliere recuperando il terzo game da 0-30, con uno smash molto arcuato, colpito quasi dalla riga di fondo, che Sinner cerca vanamente d’intercettare. Alcaraz si ritrova 5-0, Sinner torna a commettere errori che non appartengono al suo tennis. Forse sperava che la conquista del secondo set, decisamente meritata, gravasse maggiormente sui neurociti di Alcaraz, mettendone a soqquadro le certezze fino a renderlo malleabile. Non è così, e la delusione è forte per Jannik. Sbatte la racchetta per terra, scuote la testa, guarda il suo box quasi cercasse un colpevole. Ma non è lì che deve cercare. L’unico è Alcaraz, tornato imperiale nell’esecuzione dei suoi servizi. Gli ace salgono a sette. E non c’è ombra di doppi falli. Perso il secondo servizio, Sinner si limita a cercare un punto che eviti il sei-zero. Lo trova con l’unico servizio rimasto: tra i due, in 15 sfide, non c’è stato mai un set perso a zero.

Di nuovo nella fossa, Sinner sa bene che il match deve andare a prenderselo lui, in qualche modo, ma con coraggio e senza esitazioni. Non sarà Alcaraz a darglielo, non più, il terzo set l’ha rilanciato. Ma anche nel quarto Sinner concede la palla break. L’annulla con un gancio di dritto che sfiora la riga. È un buon segnale? Quando mette la prima, il suo gioco fermenta, si gonfia di buoni auspici. Il terzo doppio fallo regala ad Alcaraz una nuova palla break, Sinner l’annulla ma gli applausi sono per Carlitos, che aggancia una smorzata che nessun altro al mondo avrebbe tirato su. È il game più lungo del match, Sinner se lo prende al terzo vantaggio, ma è una fatica improba. La svolta si consuma nel quinto game, che Sinner conduce 30-15, ma rimette in discussione con un doppio fallo. Alcaraz si stacca, non molla un servizio che è uno. Sinner annulla due match point, è l’ultimo guizzo. L’immagine della vittoria coglie Alcaraz a braccia sollevate. Si riprende il cemento che lo ha lanciato nel 2022. I punti sono 112 a 89. Troppi… Ora è Sinner a dover correre ai ripari.

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