Cosa accade quando due fuoriclasse si incontrano fuori dal campo, ma nel territorio condiviso della vita vissuta? Nasce “Polvere e Gloria”, l’inaspettata unione in musica tra Andrea Bocelli e Jannik Sinner, in uscita il 20 giugno per Decca Records / Universal Music. Il brano è una conversazione tra generazioni, tra percorsi diversi ma guidati dalla […]
Quando sono giunti sul sei pari del quinto set, la voglia di fermarli, di dire basta, dividete la posta in palio, non credo sia venuta solo a me. Sono convinto fosse una sensazione comune, tra i molti del Roland Garros, anche tra quelli che hanno spinto con convinzione per una vittoria dello spagnolo, ed erano di sicuro la maggioranza. Cinque ore e ventinove minuti di tennis, per un verdetto di parità, il match avrebbe fatto la storia due volte. Ma erano sogni inutili. Sinner è stato incredibile nel recuperare un match all’ultimo secondo, quando Alcaraz è andato a servire per la vittoria. Ha rimesso tutto in discussione, ha superato la stanchezza e la lunga assenza dai campi da gioco, ha messo da parte tattiche e tutto il rammarico che si portava dietro per i match point falliti nella quarta frazione. È tornato a due punti dalla vittoria. Poi c’è stato solo Alcaraz, e un Super Tie Break giocato alla perfezione dallo spagnolo.
È andato così il primo assalto di Sinner alla Coppa dei Moschettieri, e non è sembrata a nessuno una conclusione iniqua, così come non sarebbe apparso fuori dalla logica se Sinner avesse vinto in quattro set. Peccato nel tennis non esista il pareggio, e non è la prima volta che mi viene da pensarlo.
Ma che belle sensazioni, però… E quanto è bella l’Italia di Sinner, che perde a muso duro, che ci dà dentro fino alla fine, e trova agganci per sostenersi e rimettersi in piedi dopo le cadute.
Bella e lontana dai luoghi comuni più abusati e banali. Un’Italia che anche nella sconfitta cade in piedi, e merita applausi, coinvolgente per tutti, anche per chi mai avrebbe pensato di schierarsi dalla parte del tricolore. Un orgoglio sentirsi rappresentati da un simile campione dello sport, al termine di un match dove la sportività ha trionfato su tutto, al punto che i due protagonisti nelle fasi più calde e di fronte agli errori più evidenti, si sono arbitrati da soli.
Sinner ne esce con una certezza in più, sebbene non potrà essere questa la prima cosa che gli sarà passata per la mente, ieri sera, quando avrà tentato di chiudere gli occhi e abbandonarsi al sonno. Le sconfitte fanno male, sempre, e quando non lo faranno più, è assai probabile che il momento d’oro della carriera di un tennista d’alto bordo è ormai passato.
Non per Sinner, sempre più in testa, da solo, nella classifica del tennis. Lo attendono anni lunghi di dominio e vittorie, è giusto che lo sappia, ora che l’angoscia della sconfitta gli sembrerà intollerabile. Dovrà trovare quel minimo di distacco dagli avvenimenti di questa finale per ritrovare considerazioni meno dolorose. Ce la farà, perché la prima finale al Roland Garros, ha mostrato che potrà vincere prima o poi anche sulla terra più difficile del tennis, quella del Campionato Mondiale alla Porte d’Auteuil. E non solo sulla terra di mattone. Anche sull’erba di Wimbledon dove è già stato semifinalista, per poi tornare a dettare legge sul cemento.
Carlos Alcaraz è formidabile, ma non insuperabile. Il conto tra i due presenta oggi un divario che la finale non ha ratificato, anzi… Otto a quattro, ma il match sarebbe stato di Sinner, se uno dei tre match point a disposizione sul 5-3 del quarto set avesse preso la forma giusta, quella che lui, e tutti quanti, stavamo aspettando. Il primo di poco out su un dritto recuperato in corsa. Il secondo fuori sulla spinta forse un po’ troppo affrettata del rovescio. Il terzo in rete. Tre occasioni irripetibili? No, come si è visto dalla prosecuzione della partita, ma tali in quel momento da fiaccare il numero uno e ridare slancio e vitalità al tennis di Alcaraz. Lì lo spagnolo si è ritrovato, dopo aver ballato nel primo e in buona parte del secondo set. Si è ripreso nel terzo, ma senza dare ancora l’impressione di poter assumere il comando del match.
Aver superato la fase più negativa, invece, ha cambiato le sue certezze, le ha rese profonde e il suo tennis migliore ha preso a fluire. Ed è onestamente bellissimo il tennis di Alcaraz, imprevedibile e talmente aggressivo da tenere con il fiato in sospeso chiunque segua i suoi match. La fase finale del quarto set e l’inizio del quinto hanno visto Alcaraz sugli scudi. Ripreso il 2 pari nei set con uno scatto da 13 punti a 1, lo spagnolo ha fatto gara di testa. Ci voleva un Sinner grande così, per obbligarlo da capo a riprendere l’inseguimento. Ma il tie break finale, a dieci punti, l’ha giocato solo lui. Sinner ha steccato subendo il primo mini break e non si è ritrovato più. Peccato… Ma il tennis è così. Dicono l’abbia inventato il diavolo. Forse è vero.