di Salvatore Sodano C’era un ragazzo che come me… amava i Beatles il Rock&Roll… e il tennis? Forse, ma scavando nel fotocatalogo dei vip, a disposizione nella banca dati, di Morandi tennista non c’è traccia. Allora? Cosa c’entra Morandi con il tennis, a parte le circostanze che spesso lo hanno visto esibirsi negli stadi del […]
21 Ago 2023 14:24 - La parola del Direttore
Alcaraz sconfitto ma ora è più forte di Djokovic
La storia recente del tennis avverte chiunque abbia voglia di leggerla, che Novak Djokovic – se c’è da vincere qualcosa, anche una bilia a battimuro – non guarda in faccia nessuno
di Daniele Azzolini
A metà del secondo set, avanti di un break e con il primo già in saccoccia, Carlitos Alcaraz si avviava lietamente alla seconda vittoria consecutiva, in una finale, contro Novak Djokovic. E che finali… Dopo i Championships, il “mille” di Cincinnati. Non c’era alcun motivo logico per supporre che il risultato potesse essere ribaltato. Djoko si trascinava in campo, sudava schiumando come un ronzino, sembrava stesse per crollare da un momento all’altro, e lo avrei anche capito. Cincy, Ohio, è uno dei posti più torridi degli Stati Uniti. Ma non era vero niente. Né che non vi fossero forzature o stratagemmi per ribaltare il risultato, né che il Djoker stesse per squagliarsi alla velocità di un gelato alla soia. Il problema era se crederci o meno, e Carlitos, anima candida, ci ha creduto.
La storia recente del tennis avverte chiunque abbia voglia di leggerla, che Novak Djokovic – se c’è da vincere qualcosa, anche una bilia a battimuro – non guarda in faccia nessuno. In passato c’è chi lo rimproverò per questo, l’onesto Roddick si disse pronto a fargli una scenata, alla quale rinunciò solo perché il secondo del Djoker, nell’occasione promosso a guardaspalle, era due volte più grosso del suo. Restò famoso però il raccontino con cui mise al corrente la stampa della situazione: «Giocai con questo tennista di cui non voglio fare il nome, posso solo dire che fa rima con Shmovak Shmokovic. L’avevo un po’ insultato durante il match, perché sembrava stesse per morire ma non era vero. Nello spogliatoio, per tutta risposta, lui mi ha tirato giù i pantaloncini. A quel punto l’ho attaccato al muro, poi mi sono accorto che il suo allenatore era grosso due volte il mio, e allora l’ho rimesso seduto e l’ho lasciato perdere».
Niente del genere è successo ieri al termine della finale di Cincy. La quale, a dirla tutta, dal momento in cui Carlitos – chissà a che cosa pensando – ha mollato la presa nel secondo set, facendosi controbreaccare, ha vissuto momenti perfino epici con i due tennisti spalla a spalla intenzionati a non cedere più un solo punto all’avversario. Alcaraz ha ciccato un match point nel secondo, perso al tie break, e nel terzo ne hanno falliti due a testa. Anche lì, la conclusione al tie break è stata favorevole a Djokovic, che ha chiuso il match ripetendo il siparietto dell’incredibile Hulk, già fatto nel corso di un Australian Open di qualche anno fa. Si è strappato la maglietta, ha urlato come un ossesso, e per lo sforzo è sembrato perfino diventare un po’ verdognolo.Il match non cambia molto della situazione in essere. Djokovic sale all’incredibile numero di 39 Masters 1000 vinti, Alcaraz resta (per pochi punti) in testa alla classifica, e nonostante la sconfitta ribadisce di essere ormai un filo sopra al serbo. I prossimi US Open aggiungeranno con autorevolezza qualcosa in merito a questa sfida. Djokovic però dovrà evitare di fingersi allo stremo. Il siparietto se l’è giocato in questa occasione. Alcaraz ormai è avvisato. E come tale, mezzo salvato.
Voglio solo dare un consiglio al giovane Carlos. Quando non ha niente di meglio da fare, legga la storia del tennis. È molto bella, zeppa di personaggi formidabili, e soprattutto istruttiva.