Poland Garros

Nell’ottobre del 2020 Iga Swiatek stava giocando il torneo che l’avrebbe lanciata ai piani alti, poi altissimi, del ranking WTA e il più importante quotidiano sportivo polacco (Przegląd Sportowy) lanciò in prima pagina la vittoria della sua atleta in semifinale con un titolo che è passato ormai alla storia: ‘Poland Garros’.

Oggi, giugno del 2023, quel titolo torna sempre più prepotentemente nelle nostre analisi per quanto bello, azzeccato, e in qualche modo speciale. Tre anni e quattro edizioni dopo quel Roland Garros di ottobre così anomalo, con il covid-19 ancora ben presente nella nostra quotidianità e un tennis continuamente stravolto, Iga ha messo insieme tre titoli e una finale in doppio (nel 2021). Numeri impressionanti in singolare: 30 partite disputate in cinque edizioni, compreso anche il 2019, e 28 vittorie a fronte di due sole sconfitte, con appena sette set lasciati per strada e 26-0 nelle partite dove ha vinto il primo parziale.

La più giovane tennista a raggiungere quota quattro negli Slam vinti da Serena Williams, seguendo abbastanza da vicino il ruolino parigino (irraggiungibile nella sua perfezione) dell’idolo Rafael Nadal, ha messo giù un altro mattoncino per ribadire quanto sia grande la sua forza. Non è stato un Roland Garros splendido. Il 2020 fu travolgente, con anche la partita più bella della carriera agli ottavi contro Simona Halep; il 2022 fu una sicurezza. L’opinione comune era che non potesse che essere suo, anche visto lo slancio totale delle 28 vittorie consecutive, lo stato delle principali avversarie e come dopo pochi turni quasi tutte le top-10 fossero fuori. Passavano i turni e pensavamo: “Forse Pegula le può dar fastidio, forse Kasatkina la può incartare, forse Gauff trova il modo di non soffrire col dritto”. Possibilità realistiche che tutto ciò avvenisse, sulla terra parigina, erano minori del famoso cammello che passa per la cruna dell’ago.

Quest anno è stato tutto diverso, anche perché l’avvicinamento a Parigi è stato l’opposto di quanto Swiatek avrebbe sperato. Qualche momento di tensione a inizio anno, poi principalmente i problemi fisici e di salute che da Doha l’hanno accompagnata fino alle porte del Bois de Boulogne. Ripensando a cosa fu il 2022, Iga poteva davvero crollare: le bastava una sconfitta, una giornata no, per perdere tanto sia nel margine con le prime inseguitrici sia nella fiducia. Trovatasi nella scomoda posizione di non poter guadagnare terreno in classifica contro avversarie (Aryna Sabalenka in particolare) in grande ascesa, quel margine di oltre 6000 punti iniziale si è ridotto fino a portarla dietro, nel ranking virtuale, durante questo Slam. Le sue “colpe”, se così si può dire, erano davvero poche. La polacca in questi cinque mesi si è comportata in maniera quasi esemplare: l’unico appunto, minimo, è su questo Slam.

Non c’è stata la solita passeggiata fin dai primi turni: Cristina Bucsa e Claire Liu, due avversarie a cui aveva quasi rifilato 6-0 6-0 sul cemento, le avevano dato filo da torcere nei set d’apertura prima che la distanza emergesse nel secondo; il 6-0 6-0 a Wang Xinyu al terzo turno era spiegabile già solo con l’enorme contrasto nell’adattamento e spostamenti al rosso. Un quarto turno favorevole contro Lesia Tsurenko che le aveva tolto di mezzo sia Barbora Krejcikova sia Bianca Andreescu. Settima vittoria consecutiva contro Coco Gauff. Poi le fatiche tra semifinale e finale, contro due avversarie molto diverse nelle idee di gioco ma che le hanno dato enorme filo da torcere e, soprattutto Karolina Muchova, per poco non riusciva nella clamorosa impresa.

Per la prima volta Swiatek ha avuto di fronte partite dure nelle fasi finali di uno Slam. Non contiamo la semifinale persa all’Australian Open 2022 contro Danielle Collins perchè lì fu semplicemente ingiocabile per quella versione di Swiatek. Stavolta, e non è un caso, Iga è emersa di testa, gambe e cuore. Dopo una finale come quella di ieri si può parlare della sua difficoltà ma ancora una volta spalle al muro (anche per alcune sue responsabilità) ha trovato il modo di alzare il proprio livello. E sempre in una finale. Questa, ancor più del dritto pesante e pieno di spin, del rovescio chirurgico, dei movimenti ineccepibili, sembra essere la dote vera che sta mantenendo Iga come leader (o una delle, visto che il pericolo sorpasso sembra solo temporaneamente rimandato) del tennis femminile.

Ieri, dietro 3-4 e servizio per la sua avversaria, ha cominciato a giocare libera di testa e colpire risposte incredibili dandosi subito chance del controbreak. Sotto 0-30 nel game successivo ha trovato aiuto nel dritto, rischiando e venendo premiata, salvando poi molto bene la palla break del possibile 5-4 Muchova. Possiamo dire di un servizio che può (deve) migliorare, o di quante volte si sia sentita spaesata a rete (accentuata molto più del normale contro una del calibro della sua rivale), ma nel complesso ha mostrato di avere ancora qualcosa più delle altre. Non si parlerà di supremazia e dominio come il 2022, ma nell’anno dove era attesa da tutti al varco con ancor più scrutinio. Maggiori pressioni, maggiore stress. E per una ragazza che, va ricordato, è costantemente seguita dalla psicologa per tenere a bada le proprie emozioni. Se avete visto cosa era Iga anche solo nel 2018, e la confrontate con quella vista in questi ultimi 15 mesi, troverete una differenza incredibile.

Si chiude così un torneo che ha regalato poco fino alle semifinali, per poi chiudersi coi fuochi d’artificio. Non è più un assolo al vertice della WTA, ma finché Iga saprà settare questo livello (e su terra il contesto potrebbe sempre essere a suo favore) sarà compito delle altre fare qualcosa in più. Nel frattempo, è sempre più ‘Poland Garros’.

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