No Fabio, non è ancora finita

Sfilano in due davanti al pubblico in festa. Fabio e Federico. Mamma Flavia applaude intenerita. A guardarli, sembra abbiano vinto entrambi. Fognini padre ha l’animo sereno di chi ha fatto bene ciò che da qualche tempo gli riusciva fra troppe difficoltà. Fognini figlio lo sguardo fiero di chi se ne va a spasso con un padre così, tornato a vincere un match che finirà tra i ricordi più belli. Abbracciato al collo, Fede ha il compito di asciugare il volto del padre e lo fa muovendo un enorme asciugamano. Sulla telecamera a specchio, la scritta che Fabio condivide con Federico dice: Done it’s not Over”. Fede approva, ma chissà se già parla inglese. Poco importa. Il padre non è un tennista finito. Questo conta. Lo ha dimostrato battendo Murray, una volta di più. Come faceva sei anni fa.

Il match vale come prefazione al torneo e porta la firma congiunta di Andy e Fabio, coautori di un match prezioso, composto ma ricco di spunti su cui vale la pena riflettere. Il ricordo del match di sei stagioni fa, nel secondo turno del 2017, con Andy ancora numero uno e Fabio che tra un servizio e l’altro chiedeva al suo team se fosse giunta la telefonata tanto attesa, con l’annuncio dell’arrivo di Federico, il primo della cucciolata di casa Fognini-Pennetta, mi aveva convinto che l’odierno confronto potesse fare da introduzione al torneo, forse da prologo: la nona sfida tra due campioni da osservare con l’affetto per lo stile impeccabile del tennis di una volta e l’occhio rivolto al presente, nel quale i due non amano affatto sguazzare, non sapendo mai troppo bene che cosa aspettarsi.

Così, mi ha incuriosito trovare i due intenti a fare qualcosa di diverso… Cioè a spiegare, giocando, quanto possa essere ancora attuale il tennis che mettono in pratica, comprensibile in ogni suo aspetto, gradevole nelle sorprese, lindo nei gesti che lo compongono. Un tennis che richiama partecipazione di pubblico proprio perché ispirato ma sempre logico, nel quale tutti si riconoscono.

La prefazione serve a ben disporre il lettore alle pagine che verranno. O ad annunciare le domande cui il libro è chiamato a rispondere. Fognini e Murray hanno traslato in termini tennistici molti dei sentimenti che li attraversano in questi mesi, nei quali l’avvento dei giovani che giocano un tennis mezzo ping e mezzo pong mostra di essere in stato di avanzata asseverazione. I due, in accordo, quasi in lieta comunione verrebbe da dire, hanno mostrato che esiste un tempo per la smorzata, e uno per la sbracciata che dà ritmo al gioco, che il lob va fatto preciso, e la misura della precisione la offre l’ultimo lembo di riga bianca. Non solo… Hanno anche indicato con convinzione che colpire forte non sempre è necessario. Ci sono altre strade, perdinci.         

Mi è capitato di seguire Fognini, in questi ultimi mesi, più da vicino di quanto non abbia fatto prima. Barazzutti è di nuovo con lui e il binomio funziona. Ma ho visto Fabio infastidito dal tennis che oggi va per la maggiore. Il tennis a mitraglia su di lui ha un effetto avvilente prima ancora che stordente. La discesa nella classifica del singolare (130) è stata rapida, gli infortuni sempre in agguato l’hanno tenuto in ostaggio sin dal primo torneo sul rosso all’Estoril, obbligandolo a saltare anche l’amatissimo Mille del Principauté. Ieri, osservando Fabio e Andy scambiare come se non avessero età, ho pensato che se i tornei offrissero più occasioni per confrontarsi tra chi realmente gioca meglio, loro due sarebbero ancora lì, pronti a continuare fino ai quaranta.

Teniamoci invece questa bella vittoria, che festeggia il ritorno di Fabio in un torneo dopo una sosta di oltre un mese. Il primo set è stato davvero perfetto, oltre che straordinariamente lungo. Dodici minuti solo il primo game, quasi mezz’ora quando il break di Fognini ha preso corpo, nel terzo game. Murray ha provato il riaggancio nel sesto game (tre palle break, tutte estirpate da Fabio), ha imposto scambi estenuanti, ma più li ha allungati più Fognini ha trovato il modo di farli suoi (16 punti a 11 negli scambi da 5 a otto colpi). Nel secondo set, Fabio si è acquietato e Murray è salito rapidamente 5-1. Il terzo set era a un passo, ma Fognini è tornato a giocare di precisione ed è risalito fino al 5-4, pareggiando i break. È caduto nel decimo game, invece, dopo aver lasciato che lo scozzese prendesse il largo (0-40). Era però un Fognini vivace, che ha superato in fretta la fase di torpore. Il terzo set l’ha visto subito in fuga, grazie a un break nel primo game. Murray ha provato a distrarlo, ma Fabio ha tenuto fino in fondo. E ha chiuso con un ace, il settimo. Un match da due ore e 56 minuti e 47 colpi vincenti. Venti in più di Murray.

Nelle stesse ore, anche Cobolli è sceso in campo, la sua prima a Roma colta con le proprie forze. È stata una prova interessante, e le distanze con il francese Rinderknech alla fine sono sembrate minime. Due set, ma potevano essere tre. Un match che Cobolli ha giocato senza risparmio, ma anche con quel pizzico di maturità che serve. Un bel rodaggio per affrontare le qualifiche dei prossimi tornei.

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