Janusz Swiatek a sport.pl: “Nessuno voleva aiutarci. Il papà di Iga allenava le figlie in un parcheggio”

Sono giorni speciali per il tennis in Polonia.

L’addio di Ashleigh Barty e la successiva conquista del numero 1 del ranking WTA da parte di Iga Swiatek, prima tennista uomo o donna polacca a raggiungere la vetta del mondo, stanno creando una lunga attesa per quando il primo lunedì di aprile si ufficializzerà il passaggio nella classifica.

Mentre Iga è in campo a Miami, dove ha raggiunto per la quinta volta nel 2022 i quarti di finale e punta, domani contro Petra Kvitova, alla quinta semifinale stagionale, a “casa sua” stanno venendo pubblicati decine di articoli per esaltare il traguardo. Dai più celebrativi a quelli più delicati, perché la storia della ventenne dalla provincia di Varsavia è ben lontana dal potersi definire agevole. Non è un unicum e le parole (in questo caso) di Janusz Swiatek a sport.pl raccontano bene quanto il percorso generale per atleti che puntano alla strada del professionismo sia, in poche parole, terribile.

Il fratello di Tomasz Swiatek, papà di Iga, ha raccontato in una lunga intervista esclusiva quanti sforzi abbiano dovuto fare, fisici e mentali, per cercare un minimo appoggio ricevendo però soltanto porte sbattute in faccia. “È veramente un incubo ottenere supporto finanziario per i giovani tennisti in Polonia” ha dichiarato, “Tantissimi non credono al talento. Ho provato a chiedere aiuto a diverse persone per ottenere qualche sponsorizzazione quando ancora non aveva un manager. Era complicatissimo. Ora dopo vari anni le persone si sono ricordate di quando chiedevo loro supporto. Ricordo che 10 anni fa parlavo con un amico che lavorava per un’agenzia che seguiva dei calciatori, gli avevo detto di mettere da parte qualche penny e di darlo a Iga, che non se ne sarebbe pentito. L’ho rivisto una settimana fa e mi ha detto: ‘Se solo fossi divenuto manager di Iga in quel momento…'”.

Janusz ha raccontato che al di là del problema economico ci sia tutta la fase in cui i rapporti devono reggere di fronte a mille problemi. Bisogna guidare i propri figli nello sport, aiutarli nella scuola, spendersi in ogni modo per loro e gestire i momenti in cui possono ribellarsi, come tipico degli adolescenti. In questo, ha speso parole di elogio per Iga che “già a 13, 14 anni aveva ben chiaro quanti sacrifici ci potessero essere di fronte a lei”. “C’è voluto un enorme dispendio di energie e tempo per arrivare dove è ora” ha continuato lo zio, “Io ho preso parte al loro impegno, ho avuto modo di aiutarli, ho visto mio fratello allenare le proprie figlie (Tomasz è stato atleta olimpico nel canottaggio, nda). Mi ricordo quando loro sono andati ad allenarsi al Warsawianka Tennis Club o quando era costretto a costruire un piccolo campo in un parcheggio di una piscina e le faceva giocare lì”. Agata, sorella maggiore di Iga, ha provato anche lei a perseguire una carriera da tennista ma il fisico le ha dato troppi problemi e si è dedicata allo studio, fattore che è rimasto importantissimo anche per Iga fino a quando nel maggio 2020 ha completato il liceo con ottimi voti. Oggi, Agata sta diventando dentista seguendo il percorso di medicina della madre, che non viene però mai nominata né si presenta in pubblico per scelta personale: “Tomasz ha sempre voluto che la scuola rimanesse una parte fondamentale della formazione delle figlie”.

Janusz ha poi aggiunto: “Ho sentito tante volte dire che è più facile per altri giocatori emergere perché possono avere aiuti come delle wild-card. Soprattutto quei giocatori che provengono da paesi che ospitano tornei Slam. Iga ha dovuto lottare molto duramente nelle qualificazioni. È possibile arrivare al top senza wild-card, ma è dannatamente più complicato. Iga ha voluto fare di tutto per arrivare in quella posizione dove non avrebbe più dovuto fare le qualificazioni perché prende tanto tempo, richiede grande sforzo ed è veramente un limite”. In tutto ciò, oltre agli scarsi fondi e la scarsa attenzione, c’era anche un problema di a chi affidare la crescita di Iga: “L’altra enorme difficoltà era trovare la persona giusta. Ora io e Tomasz quando ci incontriamo e parliamo di Iga siamo molto soddisfatti dei risultati, ma ancora ricordiamo come in tanti dicevano che non ce l’avremmo fatta, che non sarebbe mai venuto fuori nulla. Molti coach, soprattutto, anche se non era il caso di Piotr Sierzputowski, con cui Iga ha lavorato tanto bene per cinque anni. Ho visto tanti coach quando lei era negli junior, proprio all’inizio della carriera. Alcuni di loro facevano bene il loro lavoro, altri cambiavano il loro metodo a seconda che il papà di Iga fosse presente. Soprattutto nei primi periodi questo era davvero evidente e abbiamo dovuto essere molto presenti perché ci fosse un adeguato comportamento”.

Per usare un’espressione importante dell’autore dell’articolo, ‘il fallimento è orfano, il successo ha molti papà’. Ora che Swiatek si sta guadagnando riconoscimenti a livello internazionale, tutti vorrebbero un assaggio di quella torta: “Ora sento tanti amici che vorrebbero una foto o un autografo di Iga” ha detto Janusz, “e alle volte penso: ‘Dove eravate allora?’. Quante volte ho chiesto loro anche solo di visitare la pagina Facebook di Iga, per cercare almeno un po’ di visibilità, ma non c’era alcuna reazione. Questa era la realtà dei nostri inizi. Abbiamo dovuto chiedere per qualsiasi cosa, cercare di arrangiare ogni aspetto attraverso ogni canale possibile. Oggi Iga ha tantissimi fan, ma siamo veramente partita dal nulla.

Un altro passaggio importante, racconta, è stato nella formazione del carattere. Iga è una ragazza molto introversa, cresciuta abbastanza nella capacità di esprimersi ma che ancora a 17 anni si mostrava un po’ tremolante con il dialogo verso una persona sconosciuta, come quando ci parlammo all’Australian Open 2019. Nei suoi anni precedenti ha dovuto veramente farsi forza per far uscire il carattere che vediamo ora in campo e Janusz ricorda di un torneo junior a Radom, città polacca che tra qualche settimana oltretutto sarà sede dello spareggio di Billie Jean King Cup tra Polonia e Romania. Allora la situazione era molto diversa: “Era ancora una bambina. Tutti quanti volevano vincere quel torneo, soprattutto i genitori dei ragazzini impegnati. Lo volevano a ogni costo. Accadeva spesso che imbrogliassero, perché non c’erano arbitri e così i genitori prendevano loro le decisioni. Quella era la realtà. Iga non poteva sopportarlo e chiedeva: ‘Perché stanno imbrogliando contro di me?’. Alla fine però ha cominciato a tirare fuori la propria voce e a insistere, contraddire le decisioni di altri e spingersi oltre i suoi limiti. Anche così ha costruito il proprio carattere”.

Alla fine, il percorso di Iga è qualcosa di enorme anche perché ha raggiunto la vetta del mondo a nemmeno 21 anni (li compirà il 31 maggio) malgrado tutti i problemi che anche lei denunciava soprattutto paragonando se stessa a tante altre giovani che potevano godere di circostanze più favorevoli. È anche vero che situazioni così, purtroppo, sono abbastanza la norma per atleti di certi paesi. E molto probabilmente scavando un minimo si può sentire molto peggio. Ma se Swiatek è l’esempio di ‘una su un milione’ che dal nulla arriva al top, è sì giusto elogiarla ma è anche doveroso tenere a mente quanto sia dura e rischiosa la strada che ragazzini e ragazzine come lei devono intraprendere fin dall’inizio e dove i sogni, spesso, rimangono incompiuti.

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