Ero certo che Matteo avrebbe affrontato quell’ultimo set, il quinto, in modo diverso dai due precedenti, finiti con merito sulla racchetta di Gael Monfils.
Gliel’ho visto fare in altre occasioni, in altri set decisivi, di essere disposto a giocarsi il tutto per tutto a muso duro.
È una delle belle doti che Berrettini porta con sé, credo da sempre. Un modo di essere che non merita di essere scambiato per spavalderia, ma che anzi profuma di umiltà, quella buona, quella che ti sorregge da dentro e tira fuori l’orgoglio quando è il momento di farlo.
Ho sempre pensato che Matteo fosse un campione ben oltre il tennis che pratica e i colpi che tira. Certo, servizio e dritto sono sontuosi, e il rovescio, preso in cura da mani abili (complimenti a Vincenzo Santopadre), è diventato oggi ben più di un colpo di supporto, ma un colpo tattico, che affianca e solidifica i colpi d’assalto che il nostro tennista possiede per vie naturali.
Un rovescio in back che ho visto trasformarsi in preziosi passanti contro Alcaraz e Carreno Busta. Oppure esercitarsi in lungo linea, per segnare un vincente bimane capace di sorprendere Monfils fermo sulle gambe, come intontito. E ancora… Un rovescio che può determinare palleggi lunghi e angolati, utili ad aprire gli spazi per poi colpire con il dritto. E finalmente cercare traiettorie basse e guizzanti per proporsi a rete.
Ecco una novità di questo quarto di finale che mi fa piacere sottolineare: ho visto Matteo attaccare più del solito, e sempre per scelta tattica. Con l’approccio di rovescio, talvolta, altrimenti per vie dirette con il servizio. Un modo intelligente per rendere più rapido il match ed evitare i palleggi più lunghi e insistiti.
È la sua terza semifinale nello Slam. Gli manca quella di Parigi, ma si tratta solo di aspettare. Pazientate, arriverà anch’essa. Ne arriveranno altre, e quella è la via per raggiungere gli obiettivi più alti.
Io sono convinto che ce la farà. Presto. Prestissimo. E mi auguro che questi risultati, e il suo modo di essere un campione capace di fare sempre le scelte giuste, mettano a tacere i suoi detrattori, quelli che ritengono le sue vittorie – chissà come, chissà perché – sempre, per qualche aspetto, casuali.
Basta dire sciocchezze… Non occorre conoscere a fondo il tennis per sapere che quando si raggiungono tre semifinali in tre Slam diversi, la casualità sia l’ultima cosa da tirare in ballo.
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