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Djokovic, un numero uno non al di sopra della legge

Molto si è ragionato in questi giorni sul fatto se Djokovic dovesse venire ammesso al primo slam dell’anno e si è letto di tutto e di più sulla questione, sia a livello etico che a livello giuridico.

Eppure è parso fin da subito complesso distinguere, specie nel caso di un individuo nella posizione di Djokovic, non proprio l’ultimo arrivato ecco, tra tifo, regole e opinione pubblica, in quanto quasi in modo ovvio le tre cose hanno finito per confondersi tra loro. Da un lato abbiamo assistito a caos organizzativo e regole quasi “cambiate” o “rivalutate” in corso; dall’altro a un movimento opinionistico che si divideva tra pro vax e no vax, dimenticando sulla via dell’epilogo di tutta la vicenda magari quello che era il punto da cui tutta la storia era nata.

Vi ha puntato tutto durante l’udienza finale, in una sorta di All in pokeristico, la difesa, rimarcando almeno tre volte come irrazionalità principale nella causa il fatto che Djokovic venisse “additato” dal ministro Hawke come un no vax, senza, a loro modo di vedere, una prova a sostegno. Peccato che in fin dei conti, lo stesso enfatizzare che proprio l’espulsione di Djokovic avrebbe potuto portare a una reazione dei no vax in Australia fosse in piena contraddizione con quanto voluto dimostrare sopra, ovvero che Nole non avesse alcun rapporto o posizione in favore dei contrari al vaccino.
Quello che molti però in corso d’opera hanno perso di vista, tra manifestazioni in favore del numero uno del mondo affinché giocasse il primo slam, è il fatto che non si dovesse provare che anche da non vaccinato potesse prendere parte all’evento o no, ma che come persona potesse o meno calcare suolo australiano, in quanto potenziale pericolo per “salute e buon ordine, sulla base del fatto che ciò era nell’interesse pubblico”.
In sostanza, Novak aveva i requisiti per entrare in Australia? Secondo il governo federale no, per i suoi (anche recenti) precedenti comportamenti in fatto di Covid (vedere in primis la partecipazione da positivo all’intervista all’Equipe) nonché per gli errori effettuati alla consegna del visto.
Si può parlare all’infinito del fatto che lo Stato Victoria e Tennis Australia avessero accettato la richiesta di esenzione di Nole, creando un equivoco interno alla fine mica da ridere; fatto sta che il governo federale aveva fin da subito ribadito che la voce che avrebbe contato sarebbe stata la propria, facendo intendere che le speranze di vittoria legale sarebbero state minime. Avrà anche giocato un ruolo la pressione pubblica di una popolazione che per più di 260 giorni ha vissuto in lockdown e con il 90% di vaccinati. Ma quello che si è perso di vista nel cammino di questa settimana è che vista la chiara presa di posizione del governo, gli spiragli per una fuoriuscita diversa in pratica non esistevano.
L’opinione pubblica si è suddivisa poi anche in questioni del tipo “che rischio può essere Djokovic da non vaccinato per l’Australia o per il torneo” fino a sfociare sui social in questioni di tipo quasi medico. Non staremo qui a disquisire se il vaccino protegga di più o di meno, se sia giusto o sbagliato vaccinarsi o se uno stato che obblighi gli sportivi a vaccinarsi per partecipare a un evento sia nel giusto o no. Non sta a noi e ce ne guardiamo bene. L’unico fatto è che, per brutto o bello che sia, il governo australiano ha puntato (e da un anno ormai) sulla politica del vaccino. E questo va accettato. Purtroppo per Nole e i suoi tifosi.

La difesa ha rimarcato a più riprese che Djokovic non costituisse alcun pericolo per la salute pubblica. Fatto sta che il passato recente di Novak, dal torneo organizzato due anni fa in Serbia fino alla famosa intervista del Dicembre 2021, dimostri proprio il contrario…

Tutti avrebbero voluto uno slam col numero uno del mondo. Nessuno vuol negare questo. Ma anche il numero uno del mondo deve attenersi alle regole. E non solo; dovrebbe elevarsi a esempio, anche nelle proprie scelte. Perché anche se sei contrario al vaccino, non sei libero di fare quello che vuoi e pretendere che le tue azioni non abbiano conseguenze o influenze su chi hai intorno. Specie se sei numero uno del mondo.

Davide Bencini

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