Diplomato scenarista. Nel senso di chi, da un evento, si diverte a considerare gli sbocchi futuri, le svolte se ci saranno, le novità che potrebbero prendere corpo. Paolo Bertolucci non gioca più in doppio da tempo, ma i suoi nuovi singoli si spingono nei mesi a venire. È come fare le carte al tennis. E lui, che i settanta se li porta con una freschezza che gli fa onore, è l’uomo dei tarocchi.
The Tarot Game, caro Paolo… Torino come Londra, sembra parlare al futuro del nostro sport. Le indicazioni non mancano. Tu in quale ordine le hai immagazzinate?
«La vittoria di Zverev merita il podio, porta con sé molte possibili novità. Non mi colpisce il fatto che sia stato il tedesco ad alzare il trofeo, sotto la pioggia dei coriandoli, quanto il modo in cui questo successo ha preso forma. La vittoria su Djokovic rimarca una vicinanza ormai accertata tra chi, un tempo, fungeva solo da inseguitore e chi invece rappresenta il vertice. Le distanze si sono assottigliate, forse del tutto cancellate. Si va verso una stagione in cui i giovani di qualche tempo fa, ormai diventati uomini e tennisti maturi, potranno salire sul podio più alto del tennis e cominciare a vincere i trofei che contano di più. Il discorso vale per Zverev, e anche per Medvedev. Spero possa valere anche per Tsitsipas, che a Torino non è stato tra i protagonisti. E per Berrettini e Sinner, che sono stati al centro di una bella staffetta, non voluta, ma di ottimo auspicio per il futuro».
Zverev ha impressionato soprattutto per il modo in cui non ha permesso a Djokovic di fare la sua partita
«Il tedesco, contro Nole, ha giocato non soltanto la più bella partita della stagione, ma direi della vita. Si è issato a livelli davvero molto alti, e ha creato una gabbia intorno a Djokovic, che ha finito per prosciugarlo nelle forze e nella volontà. C’era riuscito anche Medvedev, agli US Open. Dunque si può pensare che questi ragazzi ormai abbiano trovato un loro modo di opporsi a quello che, per ultimo, ha rappresentato il gruppo degli inarrivabili. È da questa semplice valutazione che si giunge alla conclusione che qualcosa è ormai cambiato, al vertice del nostro sport».
Una stagione davvero particolare. Divisa in due parti quasi opposte. Una prima con Djokovic piglia tutto, proiettato verso la conquista di un Grande Slam che mai come quest’anno è stato a un nulla dall’essere colto. Poi, d’improvviso, il ribaltone più netto e impensabile che si potesse prevedere. Giochi Olimpici, US Open, Finals… E Djokovic ha perso tutto…
«Sì, è andata così. Djokovic è stato grande, i tre Slam vinti e l’approdo alla finale del quarto rappresentano comunque un’impresa. I Giochi forse vanno messi a parte. Li ho seguiti, ma il tennis continua a restarne ai margini. Djokovic si è fatto infilare dal gran ritorno di Zverev, ma non credo che abbia smarrito lì la fiducia che avvertiva intorno a sé, e sulla quale faceva affidamento per chiudere l’operazione Grande Slam. Il crack si è verificato dopo, forse solo nel confronto con Medvedev in finale. Lì, di fronte al russo che ha giocato un tennis ad alta velocità e quasi senza errori, le caratteristiche di Nole, il giocatore freddo, solido, concreto, imbattibile si sono trovate a fare i conti con il suo lato più umano, e ha ceduto di schianto. Ha recuperato poi una buona condizione generale, ha vinto Parigi Bercy ed è giunto a Torino con la convinzione di poter dare l’assalto al sesto trofeo, e pareggiare Federer. E qui ha subito la trasmutazione di Zverev, che contro di lui non ha commesso un solo errore».
Bene, a te tirare le conclusioni…
«Nei tornei in cui la superficie offre ancora la possibilità di un confronto tattico, sono convinto che Djokovic possa dire la sua. Là dove la palla viaggia a più non posso, e la superficie di Torino si è dimostrata davvero molto veloce, sembra che Zverev e Medvedev, e forse anche qualcun altro, gli siano finiti sopra. Non va dimenticato che il serbo ha ormai i suoi bravi 35 anni. Non è vecchio, questo no, ma non è più nemmeno un ragazzino. Contro Zverev lo si è visto bene, a Nole non è mai partita la scintilla. Si è trovato di fronte questo muro, granitico, e non è riuscito a sfondarlo. Più in generale, sembra di capire che si va verso una stagione in cui in molti possano entrare nel giro delle grandi vittorie. E tra questi, Zverev e Medvedev con possibilità ancora maggiori. Sulla velocità è davvero difficile batterli. Tirano tutto, accettano il rischio estremo di giocate sempre ai limiti. E poi hanno 25 anni. Dieci meno di Djokovic… Vorrà pur dire qualcosa, no?».
Aiutaci a immaginare una Top Ten per il 2022… A partire magari dai due italiani.
«Ce li metto entrambi. Ne hanno facoltà… Berrettini, quando sta bene, ha un tennis autorevole, che si fa sentire, molto riconoscibile, molto suo. È il numero 7 di una classifica nella quale il dato che spicca è il numero dei tornei giocati, la metà degli altri. Dunque, Matteo quando gli è stato possibile, ha giocato sempre molto bene. Ha vinto, e il Queens per tradizione è una vittoria che conta, e ha fatto finali importanti. Madrid, Wimbledon… Il primo italiano a tentare la conquista di simili trofei. Sinner ha messo in piedi una stagione lunga e importante, la sua prima. Si è completato, ha capito dove deve insistere, che cosa c’è ancora da limare e migliorare nel suo gioco. Dovrà certo misurarsi con i punti e le vittorie ottenuti quest’anno. Ma è davvero un tennista di primo livello».
Continua, dai. Completaci il quadro…
«Nadal, se il restauro verrà completato, nei dieci ci sta, e pure nei piani alti. Mi aspetto il ritorno di Thiem, se anche lui riuscirà a superare i problemi fisici e psicologici che sono emersi quest’anno. Tra i nuovi dico Alcaraz, e non potrebbe essere altrimenti. Dobbiamo ancora completarne la conoscenza, ma sembra avere risorse importanti. Altri Next Gen, come Brooksby e Korda li metto ancora in attesa di sviluppi. Hanno qualità, ma la Top Ten pretende moltissimo dai tennisti. Ci sarà battaglia per il podio, con Medvedev, Zverev, forse Tsitsipas, e anche Djokovic e Nadal. Qualcuno ovviamente finirà fuori, magari Ruud e Hurkacz, che hanno molte doti ma non ancora la personalità degli altri».
Riassumendo… Djokovic, Zverev, Medvedev, Nadal, Tsitsipas, Berrettini, Sinner, Thiem, Alcaraz e uno fra Rublev, Ruud, Hurkacz, Korda e Brooksby. Andiamo così?
«Direi di sì. Vai… Proviamoci».
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