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US Open: Raducanu e Fernandez, la realtà supera ogni immaginazione

La WTA è un circuito molto dinamico, in particolar modo in questi ultimi anni. Senza il blocco saldo, forte e continuo che ha l’ATP dei big-3, il declino di Serena Williams e una generazione di inizio anni ’90 che al di là di qualche esempio non si è stabilizzata come poteva ai vertici ha portato a uno scatto immediato verso le nuove, giovanissime, leve.

I discorsi solo i soliti, non c’è molto di nuovo: Simona Halep è stata leader in termini di continuità assoluta, ma si è viaggiato spesso a fiammate per tante altre. Appena la generazione successiva ha battuto i primi colpi importanti subito si è resa protagonista e adesso, e non è nemmeno così sorprendente visto cosa sta succedendo da un paio d’anni, siamo già arrivati a raccontare di cosa fanno le 2000.

Il punto che veramente lascia basiti in questo US Open è stato vedere come Emma Raducanu e Leylah Fernandez si siano lanciate verso le fasi finali di un torneo iniziato con la grande regolarità delle prime 20 del seeding e si sta avviando alla conclusione con ancora due volti nuovi da proporre. Due ragazzine del 2002, una di queste addirittura proveniente dalle qualificazioni e appena 150 del mondo, 336 prima di Wimbledon. Proprio dall’edizione dei Championships 2018, con Julia Goerges, è cominciata una lunga serie giunta ora a 23 nuove semifinaliste Slam. Raducanu e Fernandez, chi poteva prevederlo? E non siate spavaldi…

La realtà, in questo caso, è meglio della più fervida immaginazione. Ed è bello mettere in luce alcuni aspetti delle due giocatrici, entrambe nate da un mix di luoghi e culture che è il filo conduttore dell’enorme spinta a un pianeta più multietnico e vario possibile, dove i confini sono perlopiù vaghe osservazioni per definire territori sempre più a contatto tra loro. Raducanu e Fernandez, tra l’altro, sarebbero anche conterranee a stretto livello di nascita: una di Montreal, l’altra di Toronto. La prima nata da padre rumeno e madre cinese e spostatasi a Londra all’età di due anni. La seconda con origini filippine da parte materna ed ecuadoriane dal lato del padre. Con loro si fondono assieme Europa, Nord America, Sud America e Asia, portatrici sane di un bagaglio culturale di cui ci sarebbe solo da provare sana invidia.

Raducanu aveva già creato shock generale a Wimbledon, dove si issò fino al quarto turno prima di perdersi nell’ansia e nel panico derivato dal gran clamore che subiva sulla sua pelle per la prima volta. Doveva giocare contro Ajla Tomljanovic, gli organizzatori l’avevano messa come ultima partita sul campo 1 cercando di dare un prodotto televisivo il più possibile in una fascia oraria che potesse toccare il momento di punta. La partita fu caricata in tutto il paese, lei di colpo è passata dall’essere completa sconosciuta a oggetto di discussione e analisi di ogni trasmissione televisiva. Andò in cortocircuito, ma si è ripresa immediatamente e nello Slam dopo, partendo dal tabellone cadetto, ha vinto fin qui otto partite con 16 set totalizzati e nessuno lasciato per strada. A livello di gioco probabilmente è abbastanza essenziale, un po’ uno stampo di tante tenniste fin qui transitate. Un dritto efficace, alcune belle traiettorie trovate con naturalezza, ma nel frattempo che trovi una vera collocazione ha una convinzione debordante. Giovanissima, con una carriera davvero agli albori, gioca e vince con punteggi anche incredibili, nel senso più letterale che ci sia. A logica non dovrebbe andare tutto *così* bene, è impensabile, eppure non ha avuto nessuna in grado di prenderle cinque game per set nel main draw e c’è un “hype” enorme verso di lei: a New York già al termine del suo primo match di qualificazioni una troupe televisiva è entrata in campo per un’intervista da mandare in onda su Amazon Prime TV che detiene i diritti per il Regno Unito Probabilmente questo stato di enorme fiducia la porta anche a far più di quello che sarebbe il vero livello medio, ma sarà da vedere nel tempo. Intanto è meritatamente tra le migliori quattro di uno Slam.

Fernandez è diversa, non tanto perché mancina ma perché sfrutta molte più frecce nel proprio arco e ha capacità di far viaggiare la palla malgrado un fisico molto leggerino. A inizio torneo ha affrontato tre giocatrici dai colpi molto pesanti: Ana Konjuh, Kaia Kanepi e Naomi Osaka. Ci si poteva attendere che la maggiore spinta delle avversarie potesse avere la meglio, invece ne è emersa giocando spesso in controbalzo soprattutto col dritto, trovando angoli molto acuti e portando gli scambi dalla sua, arrivando ad anticipi estremi per tramutare la spinta avversaria in velocità di palla che lei diversamente farebbe ancora fatica, forse, a imporre. E poi la testa, anche qui. Come Raducanu, il suo essere ragazzina a un Luna Park emerge ogni volta che si guarda intorno con lo sguardo quasi sorpreso e divertito, quando chiama il pubblico e diventa tutt’uno col momento. Follia e realtà mescolate assieme, non c’è più un vero limite: entrambe hanno fatto molto più di quanto era previsto e se la stanno godendo come matte. Se Emma ha vinto sempre con punteggi netti, Leylah ha fatto segnare oltre 80 vincenti tra la partita contro Angelique Kerber e quella contro Elina Svitolina, due delle più forti giocatrici in fase difensiva e contrattacco che il circuito propone.

Ora hanno due carichi da 90. Fernandez si troverà di fronte Aryna Sabalenka, sempre in bilico tra l’essere strabiliante e vulnerabile ma che partirà grande favorita e non potrebbe essere altrimenti. Raducanu ha Maria Sakkari, che può essere forse un po’ più giocabile della bielorussa, ma che fin qui è stata straordinaria eliminando Petra Kvitova, Bianca Andreescu e Karolina Pliskova, giocando nei quarti contro quest ultima una partita di grande intensità e dai numeri ben oltre la sua media al servizio con un parziale di 21 punti vinti consecutivamente seguito poco dopo da un altro di 12 e la chiusura senza concedere alcuna palla break. Sono arrivate all’ultimo ostacolo da quella che sarebbe una finale inimmaginabile, ma già fino a ora hanno già consumato tutti gli appellativi possibili.

Diego Barbiani

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Diego Barbiani
Tags: US Open 2021

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