Naomi Osaka, le tappe di un’escalation. Ora fermati e torna solo quando veramente vorrai

Chi ha avuto modo di vedere la partita tra Naomi Osaka e Leylah Fernandez, terzo turno dello US Open 2021, avrà purtroppo notato la quasi immediata autodistruzione che è presa alla giapponese quando era a un passo dal traguardo.

Set avanti, 6-5 e servizio nel secondo, zero palle break concesse fin lì contro una ragazzina molto in gamba ma ancora molto acerba a grandi livelli. Era partita quasi finita, doveva solo tenere l’ultimo game con l’autorità avuta fin lì. Invece, dopo il cambio campo, al primo punto perso è andata in tilt.

“Non mi sento brava abbastanza”, “mi dico costantemente che faccio schifo, che potrei fare meglio”. Sono solo due delle parti che pubblicava pochi giorni fa sui suoi profili social, l’ennesimo tentativo di cambiare alcune sfumature del proprio essere con cui spesso si trova a combattere. Ha 23 anni, ha quattro titoli Slam, 25 settimane da numero 1 del mondo, è una ragazza di grandi valori, ma ha un’insicurezza che col tempo è cresciuta e da qualche mese, come un fiume in piena, ha rotto gli argini e sta esondando. Chi ancora oggi pensa che stia esagerando, che abbia voluto puntare il dito contro la stampa, non conosce o non ricorda alcuni episodi pubblici del suo passato, e spesso in questi casi quanto si è visto è solo la punta dell’iceberg.

All’indomani del ritiro al Roland Garros c’era una forte sensazione di amarezza e ingiustizia riguardo alla sua vicenda. Sarebbe servito ben altro per poterla affrontare. Il punto fondamentale, per tenere un occhio oggettivo, era non dimenticarsi il suo passato, la sua persona, i punti deboli. Lei è quella ragazzina che al discorso sul palco dopo aver vinto Indian Wells era talmente nel panico da non riuscire a unire due frasi. Il momento era di festa, lei riusciva ad apparire sorridente, rideva di se stessa, e cominciava a far breccia proprio per essere così distante dai canoni perfetti del divo. Però il problema c’era, e si manifestò già la prima volta che venne esposta al grande pubblico: all’Australian Open 2016. A chi le chiese se stesse controllando il suo profilo Facebook in quei giorni, rispose: “No, voglio stare lontana da quello quando sono ai tornei, perché non… se qualcuno dice qualcosa di male, io scoppio a piangere in un angolo”.

Naomi non ha mai completamente superato queste grandi insicurezze. Una fragilità che sa può solo farle del male. All’Australian Open 2019 rivelava che mai avrebbe affrontato una conversazione con una sola persona, che sfrutta le sue battute e i suoi sorrisi per alleviare la tensione e controllare meglio le proprie emozioni. Il terremoto a Parigi, secondo la versione della sorella Mari, sarebbe stato causato da un parente che le avrebbe ricordato come sul rosso non abbia mai ottenuto risultati. È bastato quello per abbattere la sua sottile corazza, non sentendo la fiducia nemmeno di una persona così vicina.

Noi di Oktennis la chiedemmo per una conferenza stampa a Stoccarda nel 2017, dopo che aveva superato le qualificazioni. Malgrado il tutto si sviluppasse in un clima molto rilassato, c’era il padre e lei lo guardava spesso durante le risposte. Poi sono arrivati i momenti difficili. Il primo a Charleston nel 2018, quando nella sconfitta contro Julia Goerges e lei in conferenza stampa rivelò che il giorno prima “mi sono svegliata e mi sentivo male. Ero depressa, e non capivo perché”. Le chiesero se avesse idee per risollevarsi nella pausa, lei laconica: “Nulla, non ho voglia di nulla”. E con voce più cupa: “Ho vinto due partite, ma per me non vuol dire che posso far bene sulla terra. Mi sento una ‘ok’, niente di più. Scusa ma sono veramente triste” abbassando la testa e sospirando. A Pechino batté Shuai Zhang scusandosi con la cinese per il suo atteggiamento: fu più volte sul punto di lasciarsi andare a una crisi di nervi, Bajin quando veniva chiamato cercava di rassicurarla, di dirle che erano tutti lì per lei. In conferenza stampa non rivelò cosa le prese, ma il giorno dopo si sentì meglio e ammise: “So che è sbagliato, ma continuo a leggere i commenti (che riceve sui social, nda)”.

Dopo aver vinto lo US Open 2018 ebbe una fase molto delicata che il campo riusciva a camuffare. Parlò ufficialmente di depressione durante il Roland Garros 2019, quando perse al terzo turno da numero 1 del mondo contro Katerina Siniakova ed era a pezzi. In un dialogo in conferenza stampa con chi le chiese come stesse rispose: “Non voglio dire che mi sento depressa, ma lo sono. Penso sia una parte naturale della vita, soprattutto se ti alleni duramente per questi momenti e poi non ti comporti come vorresti. Penso che dire “sono depressa” sia una frase forte, perché mi sono già sentita così prima e ora non è così estrema”. A Wimbledon poche settimane dopo perse al primo turno, interruppe la conferenza stampa non trattenendo più le lacrime. Non c’erano domande dure, ma era talmente segnata dall’ultimo periodo che rispondeva con poche parole, tono molto pesante.

Da agosto 2019 sembrava essere riuscita a navigare meglio tra le pieghe del suo carattere. Sembrava una nuova Osaka: non abbandonava i suoi caratteri tipici ma controllava meglio quello che poteva. Purtroppo, in questo 2021 ci sono stati diversi passi indietro fino al primo annuncio di voler staccare col tennis. È rientrata alle Olimpiadi, forse anche perché ultima tedofora e provava a ricominciare, ma da allora mentalmente non è stata più impeccabile. Lei che raramente in carriera ha perso pochissime partite da un set di vantaggio ha subito le ultime due sconfitte dopo aver vinto il parziale di apertura: contro Jil Teichmann a Cincinnati e ora Leylah Fernandez, entrambe fuori dalla top-70. Stavolta è sembrata cedere ai suoi demoni. Dopo quasi due set condotti in maniera tranquilla è stata travolta da un’improvvisa fretta, sinonimo spesso di ansia e voglia di liberarsi del momento, come se la mente in quel momento stesse proiettandole contro i pensieri peggiori, quel “fai schifo” che lei aveva ammesso fosse un livello di considerazione di se stessa.

Ha perso, è scappata dal campo con grande fretta senza quasi raccogliere le sue cose, lasciando gli asciugamani sulla sedia. Un fugace cenno verso il pubblico e lo sguardo di chi aveva già deciso cosa fare di lì a poco. Non sembra esser più una situazione gestibile, almeno vista da fuori. La parola finale deve essere solo la sua, ma adesso più che mai sta uscendo tutto il malessere e la fragilità che ha mostrato negli anni e che forse nessuno aveva realmente colto fino a quel comunicato di Parigi. Ci stiamo perdendo tutti: noi che scriviamo, voi appassionati, il tennis e Naomi in persona. È un momento molto delicato, ma il volersi fermare è forse la scelta più doverosa. Ora l’unica cosa che conta sarà trovare il modo di star meglio, e se vorrà rientrare dovrà essere solo perché lei si sentirà di volerlo fare. I burnout mentali nel tennis, soprattutto femminile, sono stati tanti e diversi hanno colpito anche giocatrici di alta classifica. Ashleigh Barty è solo l’ultimo esempio, ma non aveva la stessa attenzione di Osaka ed è riuscita a compiere un percorso personale che l’ha riportata in campo quasi due anni dopo. Siamo esseri diversi, con strade diverse. Naomi per l’ennesima volta, non trattenendo le lacrime, ha ammesso che non riesce più a star bene in campo e ora vedrà dove la vita la condurrà. Nel frattempo, le facciamo un grande in bocca al lupo.

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