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07 Feb 2021 13:27 - La parola del Direttore
L’Italia è al centro del mondo del tennis
di Daniele Azzolini
C’è un’aria di ritrovata consuetudine. Non di riconquista, badate… A Melbourne di conquiste italiane non se ne sono mai viste. Nel tennis, prima di Sinner, meno che mai.
C’è stato invece tanto lavoro, durissimo lavoro, e ci sono state le speranze di molte generazioni d’immigrati.
Secondo il censimento del 2011 gli australiani di ascendenza italiana erano poco meno di un milione, su una popolazione che superava di niente i 21 milioni di individui, e oggi è salita fino a 24.
I loro nonni giunsero con chitarre e giacche rattoppate, e hanno costruito strade, grattacieli, rifondato l’agricoltura.
La più grande azienda di frutta e verdura che serve i mercati di Melbourne, a cominciare dal più grande, il Victoria Market, è italo australiana. Nasce non lontano dalla città, e occorrono gli elicotteri per spostarsi da una piantagione all’altra. Ha le dimensioni della Lombardia.
L’Italia, in Australia, conta. È l’unica meta agognata di un’Europa che laggiù, down under, guardano con perplessa curiosità.
«Noi siamo diretti», dicono, «voi europei procedete zigzagando, siete così meravigliosamente antichi».
Ma la voglia di sorprendersi con l’ultimo prodotto di esportazione del nostro sport, il vecchio e ritrovato tennis, è grande e un po’ insolita. Non era mai successo che una larghissima partecipazione d’italiani si presentasse nello Slam con tre teste di serie e nove presenze in campo maschile (cinque invece le ragazze). E addirittura richiamasse tante attenzioni, commenti e aspettative già prima del via.
L’Italia in finale nell’ATP Cup, trascinata a colpi di mazza da Berrettini (squassato il povero Bautista Agut) e corredata dalle geometrie che solo Fognini sa costruire (battuto per la prima volta in otto match Pablo Carreno Busta), poi superata dai Top Ten russi Medvedev e Rublev, oggi indiscutibilmente sulla vetta del nostro sport.
E due italiani in finale nel 250 che Melbourne ha promosso come viatico agli Australian Open, sui campi del circolo sulla Great Ocean Road. Travaglia che lotta come se non ci fosse un domani.
E Sinner che infila avversari con relativa facilità, ma se c’è da consumare muscoli e scarpe non si tira indietro e recupera un difficile match al russo Khachanov. Ha vinto Sinner, che aveva lasciato il 2020 con il successo di Sofia e ha cominciato il 2021 con il secondo trofeo.
Una voglia d’Italia che farà da architrave alla prima settimana dello Slam, nella quale il pubblico (che finalmente ci sarà) si colorerà di maglie juventine, romaniste, napoletane (un po’ meno milaniste e interiste).
La comunità tricolore è pronta a farsi sentire e il filo conduttore verrà da indotti solo all’apparenza banali. «Andiamo a vedere come picchia Berretto», sarà l’input da seguire.
Gli dà ragione, di sponda, persino Daniil Medvedev, il russo che si propone per un futuro da numero uno. «Giocano un tennis fantastico gli italiani, Fognini è un vero artista, Matteo fa impressione.
Sinner ha un gran futuro. Ma ancora di più mi colpisce l’orda di tennisti che hanno invaso la classifica. Quanti sono gli italiani nei primi cinquecento? Non ho mai fatto i conti, ma quando li guardo penso che in futuro incontreremo solo italiani».
C’è, nel gruppo, un sentimento comune, far bene per se stessi e per essere parte importante della squadra.
È polvere pirica, materiale ad alto potenziale esplosivo. Steto Travaglia vive di questo, lo confessa: «C’è la voglia di far durare il momento il più a lungo possibile. Il nostro tennis se lo merita». Berrettini usa un taglio più politico, ma è sincero anche lui: «Fognini, Bolelli, Seppi e Lorenzi sono stati i nostri tutor. Volevano che migliorassimo e noi ci siamo ispirati a loro. È stato un momento importante, che ci ha aiutato a scoprire il tennis del circuito. Li ringrazio, perché sono ancora giocatori in attività, e avrebbero potuto pensare solo a se stessi».
«Non mi sorprende il nostro momento», dice Fognini, «non mi sembra strano che l’Italia sia in finale nell’Atp Cup e che due ragazzi giochino contro per un titolo a Melbourne.
C’è una crescita coinvolgente, nuove amicizie che si saldano. La spinta è forte. Oggi, posso dirlo, mi sento vecchio e felice, e penso anch’io di essere capace di tutto. Ai ragazzi auguro di avere ancora tanta strada da percorrere, tanto da imparare. Il tennis è bello per questo».
La festa di oggi sta per scontrarsi con la realtà di domani (questa notte, anzi), e i bei discorsi troveranno subito un nuovo esame da affrontare. Il sorteggio degli Open d’Australia è risultato infìdo come poche volte. Dall’alto in basso, lungo il tabellone… Travaglia-Tiafoe, ultimo test prima di Djokovic; Sinner-Shapovalov (11), i due giovani di maggior talento; Mager-Karatsev; Sonego (31)-Querrey che fu numero 11 nel 2018; Cecchinato-McDonald; Berrettini (9) trova Anderson, numero 5 e finalista a Wimbledon e US Open nel 2018, poi attardato da un infortunio; Fognini (16)-Herbert e poi forse con Caruso che affronta Laaksonen; infine Seppi-Cuevas. La sfida è lanciata. Sonego si esalta: «Per me si va in nove al secondo turno».