[4] N. Osaka b. [1] A. Barty 3-6 6-3 6-2
Secondo titolo consecutivo per Naomi Osaka, che ha trionfato nel WTA Premier Mandatory di Pechino grazie a una partita molto bella, intrigante e dura dal punto di vista mentale contro Ashleigh Barty, sconfitta soltanto per 3-6 6-3 6-2.
È la decima vittoria di fila da dopo lo US Open che le garantisce già adesso di concludere la stagione meglio di quello che aveva fatto lo scorso anno e di rilanciarsi a pieno in un momento in cui aveva tanto da difendere anche in vista di quello che sarà il prossimo mese di gennaio in cui a oggi è comunque a rischio di trovarsi fuori dalle prime 10 del mondo.
La Osaka attuale però è una giocatrice di grandissimo valore, forse ancor più apprezzabile del momento vissuto lo scorso anno dopo il titolo allo US Open, e poco importa se tra Osaka e Pechino ha migliorato i risultati già ottimi dello scorso anno. Qui due titoli, nel 2018 una finale e una semifinale. Però il modo in cui si è imposta in diverse partite ci ha dato un volto nuovo. Perché già dalla vittoria contro Bianca Andreescu c’era una giapponese incredibilmente vogliosa di non fallire, di imporsi anche e soprattutto nei momenti più delicati dell’incontro andando alla ricerca del minor numero di errori pur mantenendo alta la percentuale dei rischi.
Oggi, contro l’attuale numero 1 del mondo, ha avuto forse ancora più difficoltà perché dopo il break preso a metà del primo parziale è sembrata andare incontro a una lunga fase di problemi al servizio. Tre doppi falli nella sua partita, concentrati tutti in quel sesto game sul 3-2 per l’australiana, e da lì al momento in cui ha preso il break nel secondo parziale (sempre sul 3-2, ma in suo favore) ha spinto pochissimo la palla col colpo di inizio gioco. Se aveva cominciato servendo su una velocità standard di 170/180 chilometri orari, dal 5-2 Barty si portava a malapena sul 160, con tanti colpi quasi appoggiati al di là della rete tra 140 e 150 chilometri orari, poca spinta nelle gambe verso l’alto e una seconda che a tratti scendeva anche sotto i 120 chilometri orari.
Non si è capito se fosse tutto causato da un problema alla spalla, anche perché lei stessa non ha mai fatto trasparire nulla se non un movimento di stretching subito dopo il break subito nel set d’apertura. Da lì in avanti ha gestito la fase negativa servendo piano ma piazzando sempre molto bene i propri colpi, trovando spinta da fondo campo o togliendo velocità per poi aprire di più l’angolo.
Era una finale in bilico, perché Barty malgrado l’ottima gestione delle fasi delicate nel primo set ha cominciato a perdere il controllo del suo dritto proprio quando Osaka ha messo la freccia nella seconda frazione, sbagliandone diversi in rapida successione prima per l’allungo della giapponese e poi per il consolidamento del vantaggio sul 5-2. Nel nono game, Osaka è tornata a servire forte conscia anche che doveva chiudere quel parziale e lì, malgrado una Barty completamente all’attacco ne è uscita vincente giocando di puro istinto con gli ultimi cambi in lungolinea col rovescio della sua partita. Il terzo set è stato molto equilibrato nelle prime fasi con errori che si facevano prevalere ai bei vincenti sulle diagonali di entrambe, ma era il vero momento decisivo della partita dopo che Osaka, sullo 0-0, aveva preso un break giocando molto bene coi fondamentali muovendo Barty che in quella fase ha avuto forse la colpa di perdere troppo campo in un momento in cui invece doveva gestire le difficoltà che stava avendo come aveva fatto per tutta la fase iniziale del match dove ancora Osaka si faceva preferire e lei era ottima in difesa.
Sul 3-2 Naomi ha tenuto sorprendentemente a zero il servizio e Barty è uscita dalla partita, regalando in tutto 10 punti consecutivi alla sua avversaria. A nulla sono valse le strenue difese sui match point concessi perché alla seconda chance l’ultimo dritto è finito lungo e Osaka, anche presa dall’emozione, ha potuto celebrare un’importantissima vittoria dopo il trionfo in casa.
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