“Ci tenevo a dirle che lei è la mia più grande ispirazione, che sono sconvolta ma le sono tanto grata”. Così Cori “CoCo” Gauff (è forse ora di cominciare a chiamarla con il suo nomignolo, o quantomeno a farci l’abitudine) in conferenza stampa subito dopo aver compiuto l’impresa.
La ragazzina del 2004 non aveva mai giocato su erba prima della scorsa settimana, aveva ancora un esame di scienze da dare e temeva che la sua professoressa neppure sapesse che stesse giocando le qualificazioni a Wimbledon. Ieri sera, con una prova di incredibile autorità a dispetto della giovanissima età, si è imposta contro colei che è da sempre la sua stella polare: Venus Williams.
Esordio Slam assoluto tra le grandi, campo 1 del più importante torneo del mondo, e un 6-4 6-4 che l’ha proiettata già nelle prime pagine dei quotidiani britannici che già si sprecano con i titoli sul genere di “A star is born”. Lei, predestinata ad arrivare ai piani alti, altissimi del ranking WTA fin da quando a neppure 14 anni raggiungeva la finale dello US Open junior, ha poi raccontato in conferenza stampa che cosa volesse dire questo momento: “Lei è la ragione per cui io sono qui ora. L’ho ringraziata per tutto quello che lei e Serena hanno fatto per questo sport. Sono felice che abbiano scelto il tennis, ma penso che sarebbero potute risultare così dominanti in ogni disciplina. Le stavo davvero dicendo “grazie, grazie”. L’avevo già incontrata prima di oggi, ma non avevo mai avuto il coraggio di parlarle”.
Figlia di un playmaker di basket e di una eptatleta, il momento più vicino che aveva trascorso a contatto con le Williams fu come sparring partner all’incontro di Fed Cup tra USA e Olanda: “Tutto quello che cercavo di fare in campo era di non pensare che avessi di fronte a me Venus. Mi ripetevo: “Fai il tuo gioco, tu vuoi vincere, tu puoi vincere”. Ha raccontato che prima di ogni partita, fin dall’età di 8 anni, lei e suo padre dicono assieme una preghiera, non chiediamo una vittoria, ma che tutto vada per il verso giusto. Dopo la partita mi sono inginocchiata e ringraziavo Dio per questa opportunità”. A fine match, però, la convinzione che potesse veramente arrivare a quella vittoria aumentava. E lì sono aumentati i nervi. È stato fin troppo evidente come non riuscisse a servire, ma nemmeno cominciare a servire, sul 5-4 40-15: “Sentivo che potevo vincere, ho cercato di ripetermi di stare calma. Cercavo di non farmi troppi pensieri, di non esagerare col mettermi pressione. Cercavo di immaginarmi di essere a casa tua, a colpire palle con uno sparring partner”..
A 12 anni diceva alla ESPN che il suo sogno era quello di diventare la più forte di sempre. Alla domanda, non si è rimangiata quelle parole: “Mio babbo mi diceva quelle cose fin da quando avevo 8 anni. Ovviamente non sono ancora 100% fiduciosa di questo, ma vediamo che succede. Se oggi fossi scesa in campo pensando “ok, vediamo quanti game riesco a fare” sicuramente non mi sarei neppure avvicinata alla vittoria”. Infine, un commento molto particolare: “Il mio motto? ‘Fai qualcosa’. Moriremo tutti, prima o poi. Nel frattempo cerco di fare del mio meglio”. Quindici anni.
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