Nadal-Thiem, tante incognite per una partita segnata

Tanta attesa per la finale del Roland Garros, dove Nadal e Thiem ci diranno se davvero è arrivato il momento dello scambio di consegne, o se siamo in presenza di immortali.

Ci sono partite che non ti aspetteresti mai e che quale che sia l’esito finale non si può che restare sorpresi. E poi ci sono partite come questa finale del Roland Garros, che sono esattamente il contrario, che stasera ci faranno dire che tutto sommato era scontato, che finisse così. Come essere sorpresi dalla dodicesima vittoria di Rafael Nadal, una sorta di appuntamento annuale, mancato solo tre volte negli ultimi 15 anni? C’è gente che non era ancora nata ai tempi della vittoria contro Puerta e che nel frattempo è diventata adolescente, sempre con un appuntamento obbligato la prima settimana di giugno, il morso di Rafa Nadal alla Coppa dei moschettieri. Ma d’altra parte come essere sorpresi dalla vittoria del giovane Thiem, arrivato nel suo prime time con un graduale ma costante avvicinamento alla vetta, certificata dalla vittoria del suo primo “1000” contro Federer, da quella contro il grande avversario di oggi a Barcellona, dal suo best ranking e dal successo contro il numero 1 del mondo che inseguiva il suo secondo personale grande slam? Quale che sia il risultato che verrà fuori intorno alle 18 difficilmente qualcuno potrà dirsi completamente sorpreso, qualunque sia il suo pronostico.

Questo significa che vedremo una partita equilibrata? Non necessariamente, e non solo per via del ricordo dei due precedenti su questo stesso campo, quando Nadal concesse 7 game nella semifinale del 2017 e 9 nella finale dello scorso anno, ma anche perché se Thiem trova una giornata come quelle di Barcellona – o come quelle di inizio settimana a Parigi – allora potrebbe essere Nadal a trovarsi in condizioni molto complicate. La prima e più grossa incognita riguarda proprio l’austriaco: quale versione di Thiem scenderà in campo? È senz’altro vero che Thiem ha trovato una certa continuità ma a differenza dei suoi predecessori è un normale fuoriclasse e non una specie di mostro che non sente pressioni. E quindi a volte il suo gioco – che necessità di tutta una serie di condizioni favorevoli, un po’ come quello di Wawrinka – si smarrisce: il dritto, che è un’arma letale, riguardate il match point contro Djokovic, va lungo di metri; lo slice non atterra più nell’ultimo centimetro di campo, condizione essenziale perché abbia una qualche efficace; il rovescio lungolinea finisce in mezzo alla rete.  Un Thiem in queste condizioni farebbe esattamente la fatica degli altri anni e in un paio d’ore consegnerebbe la dodicesima a Nadal, che dal canto suo è straordinario nel far giocare male gli avversari. Ci si ricorda ancora dello scorato Tsitsipas post-seminale di Melbourne, che ancora incredulo dice “sarà una qualità, non lo so, certo che nessuno è capace di questo come lui”.  Meno dubbi ci sono su Nadal, ma attenzione, perché naturalmente quello che abbiamo sotto gli occhi è un Nadal “minore” e non potrebbe essere altrimenti, considerato età e carriera. Rafa è stato straordinario a far emergere una qualità che è sempre stata presente nel suo gioco ma che coperta dallo strapotere fisico si notava meno, cioè la straordinaria intelligenza tattica, il più forte di tutti per distacco da questo punto di vista, e non solo di questo periodo. E su questa ha costruito le sue ultime fortune, colpendo sempre i punti deboli degli avversari, cambiando la partita sotto i loro occhi in continuazione, modificando i propri piani se necessario. Un paio di volte quest’anno tutto ciò non è bastato, a Madrid contro Tsitsipas e a Barcellona proprio contro l’avversario di oggi. Ma entrambi i casi sono lontani da Parigi, il primo per via delle condizioni di gioco – l’altura di Madrid è sempre stato un problema per Rafa – il secondo per via di una certa lentezza a carburare dopo il rientro da un lungo periodo di stop e la disastrosa prova di Montecarlo. In queste due settimane parigine Nadal ha dato segnali poco incoraggianti agli avversari, visto che arriva alla finale avendo perso un solo set, quello contro Goffin. Ma ha anche incontrato avversari debolucci, o già contenti del loro torneo e poco propensi a dannarsi l’anima per modificare un esito che già in partenza sembrava scontato, come nel caso – absit iniura verbis – di Federer. A dirla tutta aveva impressionato di più Djokovic, che era arrivato alla sfida contro Thiem senza aver mai perso un set e contro avversari un po’ più consistenti, non ultimo Zverev ai quarti.

Quindi? Quindi l’abbiamo detto: se Thiem trova la giornata buona i tentativi di Nadal di imbrogliare le carte e “sporcare” il gioco finiranno inevitabilmente frustrati, ma il punto è quanto è probabile che l’austriaco, reduce dalla due giorni contro Djokovic, abbia esaurito lì tutte le sue paure. Inutile scomodare i precedenti, la partitaCostretti a scommettere sull’esito del match, non possiamo che ricordare un adagio di Karl Kraus: “i giornalisti sono quelli che sapevano sempre tutto prima. Però te lo dicono dopo”.

 

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