Il terzo turno del singolare maschile dell’Australian Open si è chiuso con un vibrantissimo match tra due giocatori che per motivi diversi andavano seguiti con un certo interesse. Uno, Lucas Pouille, perché sembrava perduto a questi livelli e che magari non sarà il fuoriclsse che alcuni avevano creduto di intravedere ma non è neanche quel giocatore mediocre che ha calcato i campi negli ultimi due anni; l’altro, Alexei Popyrin, perché è uno dei nuovi della covata australiana che sembra così promettente e che si spera non incappi nelle disavventure dei fratelli maggiori.
Ha vinto il primo ma quanta invidia per chi potrà sostenere il secondo, che insieme a de Minaur potrà garantire all’Australia delle partite da seguire con palpitazione per i prossimi anni. Tomic, Kyrgios, Kokkinakis, de Minaur e appunto Popyrin fanno parte di una covata che prima o poi uno slam all’Australia finirà per darlo. Naturalmente dal punto di vista nazionalistico facciamo la figura dei ragazzini poveri che si affacciano alle finestre del ristorante di lusso, perché su uno solo di questi potremmo costruire almeno un paio di lustri di risultati e invece tocca riprendere la solita stancante – per noi più che per tutti – litanìa degli italiani fuori senza neanche arrivare alla prima domenica.
Del resto, se continuiamo imperterriti a ripetere che Fognini, bravissimo figliolo per carità, è un potenziale top10 dopo che per un’intera carriera e a quasi 32 anni non ha mai giocato un quarto di finale di uno slam (attenti che c’è il trabocchetto…), allora evidentemente lo stato di competenza di addetti ai lavori, dirigenti e persino tifosi nel nostro Paese non deve essere alto quanto si crede.
Adesso le sorti dell’italico tennis (in questi campi più veloci, diciamo) sembrano affidate alle gracili caviglie di Berrettini, uno che ha sicuramente la tigna per fare una carriera decorosa, ma che se a 23 anni fa ancora fatica a superare i primi due turni di uno slam (ha perso contro Tsitsipas, d’accordo, ma il greco ha tre anni in meno… ) vuol dire che non è il caso di riporre sulle sue spalle chissà cosa. Eppure sentirete magari qualcuno esaltarsi per le prove dei vari Vanni, Travaglia, Fabbiano, Cecchinato, magari maledire la sfortuna per aver perso tutti quanti al quinto set e il classico ritornello del movimento in salute.
Ma sappiate che pochi lo fanno con convinzione, lo stato dell’arte è sotto gli occhi di tutti, mica solo nostri. E se si volge lo sguardo al tennis femminile le cose sono ancora peggiori, con la Giorgi che da sola deve cantare e portare la croce col risultato di non fare più bene ne l’uno nell’altro e con la chiara sensazione di non averne poi neanche chissà quale voglia.
Per fortuna il tennis è sport internazionale e quindi possiamo appassionarci per questa seconda settimana dell’Australian Open che a partire da domani mattina ci offrirà una serie di partite di grandissimo interesse a cominciare da Berdych-Nadal per finire lunedì con Djokovic-Medvedev.
Per quanto i tre favoriti della vigilia siano arrivati abbastanza bene agli ottavi di finale rimane la sensazione che qualcosa possa succedere, già da domani con Nadal che rischia qualcosa contro il buonissimo Berdych visto finora e lunedì, visto che Medvedev sembra avere propositi bellicosi contro Djokovic. Ad ogni modo il torneo si presenta adesso più equilibrato del solito, con Zverev che sta mostrando la solidità ceh in tanti gli richiedevano, Nishikori che pare stare fisicamente a posto e Cilic che è uscito fuori dal match del torneo contro Verdasco con quest’arma un po’ nuova che è il lungolinea di rovescio. Tutti indizi che ci sarà da divertirsi. Speriamo.
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