Sostenere che Novak Djokovic sia il favorito a Flushing Meadows è un obbligo, non un atto d’amore. Chi vince a Wimbledon e il mese dopo conquista il primo Career Golden Masters, annettendo Cincinnati fra i 30 “Super Series” già vinti in passato, si pone da solo in testa al gruppo, piaccia o meno alla concorrenza e agli appassionati. Nadal, che non ha vinto Wimbledon ma ha condotto da padrone il torneo di Toronto, è ovviamente secondo. Federer, che ha buttato via i Championships sul match point contro Anderson, poi ha giocato in modo orribile (sua la definizione) la finale di Cincinnati, è per forza di cose al terzo posto.
Fin qui, tutto logico. Ma i desideri degli appassionati di tennis si fanno beffe della logica, le loro attenzioni si concentrano su Federer, passano poi a Nadal e prima di giungere a Djokovic si rivolgono a Del Potro che da queste parti piace per l’espressione benevola da manzo e i colpi da pistolero, su Sascha Zverev che si è messo nelle mani di Ivan Lendl e su Stefanos Tsistsipas, già Next Champ più che Next Gen, indagano sullo stato mentale di Kyrgios e sui propositi di Isner (siamo in America, in fondo). Nole sa bene tutto questo e si dispone alla pugna solo soletto. Ha voglia di recuperare in fretta il tempo perduto; e la ritrovata solidità – frutto della scelta di tornare ai vecchi metodi e al vecchio team di amici – sembra in grado di garantirgli da capo un posto sul podio, forse addirittura il più alto nel caso dovesse vincere anche gli Us Open. Non avrà dalla sua il sostegno del pubblico. Pazienza. Del resto, non l’ha più ormai da anni.
Così, il passatempo della vigilia (si comincia oggi, alle 17 italiane) è capire che cosa passi per la testa di Federer, e non è facile davvero. Ha recuperato Ljubicic, che a Cincy non c’era, è questo sembra avergli portato in dote un pizzico di entusiasmo in più. Ma giungono ugualmente segnali contrastanti, e almeno due di questi portano a conclusioni inevitabili. Intanto si è saputo che gli Us Open – che Roger ha vinto per cinque anni di seguito, dal 2004 al 2008 – erano al centro della sua stagione, così come i Championships lo erano stati l’anno scorso. Lo dice lui, dunque non si può fare altro che credergli. «Tornare a vincere qui dopo dieci anni, significherebbe il mondo per me», ha fatto sapere con un’espressione insolita ma non priva di garbo. «Quest’anno ho fatto scelte diverse rispetto a un anno fa. Ho giocato solo Cincinnati ed essere andato in finale è comunque un ottimo risultato. La finale non è stata buona, ma nel grande schema delle cose non posso dire di non essere soddisfatto». Eppure, la facilità con cui Djokovic ha tenuto gli scambi a Cincy, e l’errore tattico commesso da Federer che ha tentato di rompere l’avversario, invece di indurlo all’errore, gli hanno messo di traverso la viglia degli Us Open. È servito l’intervento di Ljubicic a riportarlo su considerazioni meno negative. «Amo questa città, la sento mia. Giocherò un match alla volta e vedrò che cosa succede. L’importante è che mi sento bene, sono sano. Non come l’anno scorso».
Le dichiarazioni che insospettiscono esulano invece dagli Us Open. Una viene dallo stesso Federer. «La Laver Cup del 2019 si svolgerà a Ginevra. Spero di portarci tutti, da Rafa a Nole. Sarebbe una chiusura davvero degna». Della stagione o della carriera? Altri sospetti sono giunti invece dalla presentazione del Masters 1000 di Shanghai, dove è stata confermata la presenza di Roger per il 2019, ma non per il 2020. Che dire… Potrebbe essere davvero la prossima l’ultima stagione di Roger? In molti lo credono, ma il nuovo sponsor giapponese lo vuole ai Giochi di Tokyo nel 2020. Vedremo. Federer gioca per vincere e non smetterà fino a quando si sentirà competitivo. Già, ma fino a quando?
Di certo il tabellone peggiore l’ha beccato lui. Secondo logica potrebbe ritrovarsi contro Paire in 2° turno, Kyrgios in terzo, Fognini o Chung in ottavi, Djokovic nei quarti, poi Cilic o Sascha Zverev in semifinale. Nadal ha Khachanov in terzo turno. Djokovic sta tranquillo fino al quarto con Federer. In campo vi sono otto italiani e una sola italiana. Il tabellone migliore ce l’ha Fognini (Mmoh, Millman, Chung), mentre Cecchinato potrebbe prendere slancio da una vittoria su Benneteau (poi Struff e Haase), gli altri sembrano tutti nei guai. La Giorgi invece comincia contro la più giovane, Osuigwe, nata nel 2002, per agganciare al secondo turno Venus, la più anziana fra tutte.
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