Accompagnati e guidati da Luca De Luca, fondatore dei siti www.mistertennis.com e www.misterrunning.com, leader nazionali nella vendita di articoli sportivi, abbiamo visitato la sede storica di Australian, uno degli ultimi baluardi del “made in Italy” nel tennis. Girando per gli uffici abbiamo intervistato il Direttore Generale Giordano Maioli, che ci ha raccontato la storia del brand; il figlio Andrea, oggi Responsabile Marketing e Andrea Amorini, Direttore Vendite per l’Italia, che ci ha elencato i passi di un processo di produzione tutto italiano.
Buongiorno Signor Maioli. Partiamo dall’inizio… Prima di “Australian” fu fondata “L’Alpina Maglierie Sportive”. Ci può raccontare come è nato tutto questo?
<<L’Alpina Maglierie Sportive fu fondata nel 1946 e il marchio Australian un decennio più tardi. In quel periodo Renè Lacoste, ispirandosi al suo soprannome, aveva scelto il coccodrillo come simbolo della sua linea d’abbigliamento. Si pensò a un altro animale, la scelta cadde sull’Australia, la nazione che in quel periodo vantava i tennisti più forti del mondo, e sul suo simbolo: il canguro>>.
In cosa consisteva la produzione dell’Alpina nei primi anni?
<<Diciamo che è sempre stata orientata verso lo sport. Si producevano guanti, maglioni e cappellini di lana, tanto che negli anni ’70 tanto eravamo sponsor della nazionale tedesca di sci. Siamo poi stati sponsor di tutti i maestri italiani di tennis e di sci a inizio anni ’80>>.
Erano gli anni in cui lei entrò in Australian?
<<Sì, io ho smesso di giocare molto presto, era il 1968 e avevo ventiquattro anni. Entrai in Australian nel 1976 e seguii lo sviluppo di alcuni progetti e sponsorizzazioni. In quegli anni eravamo molto forti nello sci ma, immediatamente, mi resi conto che nel tennis c’era spazio per un’azienda come la nostra. Da quel momento la produzione fu divisa in due parti: in inverno “Alpina” e in estate “Australian”>>.
Possiamo affermare che lei ebbe un ruolo decisivo nello sviluppo della linea tennis?
<<Senz’altro. In quegli anni decisi di spostare tutte le linee sul marchio Australian. Oggi l’Alpina non lo usiamo più, è solamente un nostro riferimento>>.
Quali sono stati, secondo lei, i punti forti di Australian?
<<Noi abbiamo sempre puntato sulla qualità del prodotto ed è proprio grazie ai prodotti di qualità che ci siamo imposti sul mercato: usavamo il filo di scozia per le magliette da tennis e dei materiali “nobili” per le tute, che hanno avuto un grande successo>>.
Una curiosità. Lei ha un bel rapporto con Sergio Tacchini: nello sviluppo dei due marchi, diventati ora storia del nostro tennis e dell’abbigliamento italiano, quanto ha influito la vostra amicizia?
<<Dal punto di vista lavorativo niente. Siamo sempre stati dei concorrenti “leali”, abbiamo anche vinto insieme un campionato italiano di doppio. Ci conosciamo da quando eravamo dei ragazzi e abbiamo smesso di giocare quasi contemporaneamente quindi, nonostante ci trovavamo a guidare delle aziende simili, non c’è mai stata una rivalità concorrenziale tra di noi, anche perché facevamo dei prodotti abbastanza diversi tra loro>>.
Per rimanere in tema di concorrenti, quanto ha sofferto Australian la crescita di colossi come Nike e Adidas?
<<Sicuramente abbiamo sofferto e soffriamo ancora ma il problema principale non è relativo ai singoli marchi ma piuttosto alla produzione in Cina. Mi spiego. Un tempo noi, Tacchini, Fila ed Ellesse producevamo in Italia, eravamo simili come atteggiamento di mercato. Quando si è cominciato a produrre in Oriente, con la susseguente rivoluzione dei prezzi, e i produttori di scarpe che si sono messi a fare abbigliamento – sia Nike sia Adidas sono nati come produttori di calzature – tutto è cambiato. Noi abbiamo deciso di rimanere fedeli ai nostri principi e alle nostre origini e di fatto siamo rimasti tra i pochi a produrre esclusivamente in Italia>>.
Australian è sponsor ufficiale degli Internazionali. Quanto è importante questa partnership?
<<In questo momento non abbiamo un giocatore di vertice e grazie a questa partnership riusciamo a inserisci nel grande tennis. A detta di molti il torneo di Roma è il più bello dopo Wimbledon. Per noi è un vanto essere lì e certamente ha anche una grande valenza strategica: grazie agli Internazionali il marchio Australian è veicolato in tutto il mondo. Nel 2019 saremo per il settimo anno consecutivo sponsor ufficiale>>.
Il nostro viaggio è continuato nell’ufficio accanto, dove abbiamo incontrato Andrea Amorini, Direttore Vendite per l’Italia, il quale ci ha spiegato, passo dopo passo, il processo di produzione.
<<Il reparto “commerciale” mette in atto alcune verifiche di mercato e determina le varie necessità del momento; il reparto “stile” studia le tendenze e i colori del momento. Le due parti poi si interfacciano per dar vita alla collezione. Tutto ciò che è il campionario viene prodotto internamente: nascono le cosiddette “prime coppie” che vengono date ai rappresentanti in Italia e ai distributori all’estero; solo dopo, in base ai consensi e ai risultati di queste prime vendite, può iniziare la produzione.
Noi compriamo direttamente i tessuti e tutti gli accessori – come ad esempio le zip – i quali arrivano nella nostra filiale di Gorgonzola. Facciamo il taglio interno in base ai colori e alle taglie per poi spedire i materiali ai vari laboratori. Questo processo ci dà la possibilità di monitorare la qualità del tessuto e soprattutto di controllare la reale produzione: ai nostri laboratori inviamo la quantità di materiale corrispondente a un numero predefinito di capi annullando il rischio di possibili frodi dovute a pezzi in eccesso che potrebbero finire su un mercato parallelo.
Una volta prodotti, i capi tornano a Gorgonzola, dove c’è un controllo qualità, per poi arrivare alla sede di Milano, dove vengono distribuiti in base agli ordini dei clienti>>.
Infine, seduti al tavolo della sala riunioni, abbiamo posto qualche domanda ad Andrea Maioli, Responsabile Marketing del canguro.
Qual’è il suo ruolo all’interno dell’azienda?
<<Sono il Responsabile Marketing. Mi occupo della comunicazione on-line e off-line, quindi del monitoraggio di tutti i mezzi comunicativi, avvalendomi del supporto di alcune valide agenzie esterne>>.
Com è suddiviso oggi il mondo Australian?
<<Oggi, oltre al tennis, ci sono lo sportwear – come ad esempio le felpe e le tute tornate a colorare le strade – e lo streetwear, figlio del mondo stampato nato in Olanda con il movimento “Gabber”. Oggi quel mondo è diventato a tutti gli effetti streetwear. Il nostro marchio è sempre rimasto fedele al proprio stile e questa oggi si è rivelata una carta vincente, anche per le collaborazioni come quella con GCDS, uno dei brand streetwear più importanti al mondo>>.
In questo periodo su cosa sta incanalando le sue energie?
<<Sto lavorando molto sul nostro store on-line, che penso sarà ultimato in estate, con l’obiettivo di catalogare perfettamente questi tre mondi. Ci sarà uno story telling sul prodotto: verrà eliminata la parte istituzionale riguardante la storia dell’azienda, saranno i prodotti stessi a raccontarla>>.
Come è cambiato il mondo della comunicazione e del marketing? In che modo pubblicizzate il marchio in questo periodo?
<<Prima facevamo pubblicità solamente sulle riviste di settore trascurando quindi tutta la parte legata allo sportwear. Oggi grazie ai social network riusciamo più facilmente a uscire da questo schema di solo tennis. Puntiamo molto su Facebook e Instagram con dei post che rimandano alle pagine del nostro store on-line e creiamo degli spot pubblicitari. Di fondamentale importanza è la partnership con gli Internazionali BNL d’Italia, sulla quale abbiamo investito e investiamo moltissimo; siamo sempre in contatto con la Federazione Italiana Tennis, con la quale cerchiamo di creare spot sempre più frequenti con le squadre di Davis e Fed Cup, coinvolgendo i nostri giocatori>>.
Oggi chi sono i vostri giocatori più interessanti?
<<Abbiamo il veterano Paolo Lorenzi e il Next-Gen Matteo Donati. Stiamo lavorando a uno spot che rappresenti un po’ il cambio generazionale, con la speranza che Donati riesca a entrare a breve nei primi 100 del ranking ATP>>.
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