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06 Giu 2018 08:19 - La parola del Direttore
Cecchinato, un “Djoker” italiano
Il vero Djokovic è quello che vince, ed è italiano, talmente italiano che l’Italia se l’è girata tutta, da Palermo alle Dolomiti, da Bordighera a Bologna, e si chiama Marco Cecchinato
di Daniele Azzolini
Non confondetevi, il vero Nole è l’altro, non quello che perde, che esce dal campo a testa china. Nole è il nostro Nole, è ricciolo, ha gli occhi lucidi, il volto abbronzato, mediterraneo. E alla fine del match si rivolge al suo angolo e con le dita indica una “P”, poi sul pannello degli autografi televisivi scrive “Questo è per te, Peki”. Il vero Djokovic è quello che vince, ed è italiano, talmente italiano che l’Italia se l’è girata tutta, da Palermo alle Dolomiti, da Bordighera a Bologna. Il Djoker di casa nostra. Anche lui ha un colpo in più degli avversari, e con quello vince, lo piazza al momento giusto. E va in semifinale. Marco Nole Cecchinato. Un italiano lassù dopo 40 anni.
Battere l’antico numero uno del tennis e andare in semifinale. Vincere un match interminabile contro la star del tennis alla quale, per anni, hai fatto da sparring partner. Dite, esiste gioia più sincera, più onesta, più piena e rotonda? E potrebbero esistere lacrime più benedette, e solenni, e giustificate di quelle versate da Marco Cecchinato? Lacrime che vengono giù da sole, alternate a sorrisi luminosi. Ci stanno. Ci sta tutto. Il Ceck è sul gradino più alto del tennis, sul podio, là dove ci si batte per un posto in finale. Ma è già nella storia di questo sport, Marco Cecchinato, di sicuro nella storia del tennis italiano. Ha battuto Novak Djokovic in quattro set, al quarto match point, recuperando, risalendo, tirandosi su coi muscoli e con le unghie. Ha giocato colpi che un tempo eravamo abituati a vederli giocare dal suo avversario, aggirando la palla per martellare con il dritto, allungandosi sui lati del campo quasi avesse anche lui i superpoteri di un Tiramolla, che era il soprannome del serbo, quando sembrava uno dei Supereroi del cinema. E quella insistenza nella ricerca del punto? Quella continua volontà di non permettere all’avversario di rialzare la testa… Non erano le armi di Djokovic, un tempo?
Tre ore e 26 minuti, due tie break, i colpi finali cruenti e sussultanti, col Djoker tre volte a un passo dal quinto set e Cecchinato sempre pronto a riprenderlo. Un match point che se ne va su un rovescio lungo, un altro che Nole arpiona in volée all’ultimo secondo, il terzo giocato di peste dal Ceck, timido e strattonato da dentro, confuso dalla responsabilità. Poi il quarto, liberatorio. Un colpo quasi sulla riga. È fatta. Il ragazzo che non c’era, è oggi in semifinale. È la più bella storia di tennis dell’anno. E lo sarà fino alla fine.
L’abbraccio di Djokovic è quasi fraterno. «Vai avanti tu, sei stato bravo, ce l’hai fatta, ora arriva più in là che puoi». È quello che Marco sta facendo. Ha cominciato il Roland Garros sotto di due set con Mario Copil, il rumeno, e lì è scattato qualcosa. L’ha raccontato più volte in questi giorni. «Mi è parso quasi di sentire il clic». È difficile spiegare altrimenti, ma è sembrato che d’improvviso tutte le tessere di un mosaico grande e disordinato, si siano riunite in un insieme sempre più grande, sempre più logico. Non è stato più il vecchio Ceck, da quel momento. Si è rinnovato dal nulla, quasi un elemento esterno, o chissà, nell’aria, l’avesse rigenerato.
Convinto, audace, propositivo. I match di Marco sono diventati via via sempre più godibili, sempre più zeppi di cose belle. E lui lì, a mostrare perle e diamanti come l’avesse sempre fatto. È successo anche contro Djokovic. L’inizio è stato del Ceck, e Nole non è riuscito nemmeno a disinnescargli una delle trame. Primo set perfetto, il secondo di sofferenza, ma con la capacità di tirare fuori le cose migliori nel tie break, condotto quasi da cima a fondo e vinto con l’autorità dei molto forti. Poi la pausa, che ha rischiato di durare a lungo e di ribaltare l’andamento del match.
Nole si è impossessato del set e ha proseguito sull’aire, cogliendo il break anche all’inizio del quarto. L’urgenza di non restare indietro ha rinsavito Marco che si è messo alle costole del serbo, lo ha braccato, inseguito, fino a strappargli di dosso le sicurezze appena ritrovate, poi anche le energie. Al tie break i due sono giunti spalla a spalla, e il Djoker è stato di nuovo avanti. Ma per poco, perché Marco è tornato a ripulire le righe, a incrociare strettissimo. Ma sì, dai, a fare lui il Nole.
La semifinale è contro Dominic Thiem. Dieci giorni fa sarebbe stato un match impossibile, oggi, chissà… L’austriaco è alla terza semi consecutiva al Roland Garros, forse ha i colpi per vincerlo, ed è l’unico che quest’anno abbia battuto Nadal sulla terra rossa. Ma prima deve battere Cecchinato, e una cosa è ormai chiara, non gli sarà facile. Questo Ceck, il nuovo Ceck, può metterla sulla corsa, sullo scambio duro, ha una smorzata che fa male, ed è in forma, una condizione a dir poco straripante. «Siamo in semifinale», dice, unendo tutti nella festa. «Tutto può succedere». Marco forse non ha ancora finito di stupirci.