[USA] C. Vandeweghe b. [BEL] A. Sasnovich 6-4 6-4
La rabbiosa esultanza di CoCo Vandeweghe, dopo l’ora e mezza impiegata per superare Aliaksandra Sasnovich, racchiude in sé tanti particolari. Il più banale: USA 1, Bielorussia 0. Gli Stati Uniti cominciano al meglio questa finale di Fed Cup, la prima dal 2010, a caccia del diciottesimo titolo della loro storia, il primo dal 2000. CoCo, dopo un 2017 in cui ha finito in top-10, è il simbolo della squadra ospite e considerando il periodo di appannamento che sta attraversando Sloane Stephens, sa che è lei la giocatrice che non può permettersi alcun passo falso.
Dovrà solo pensare a vincere i propri singolari e sapere che potrebbe essere chiamata ad uno sforzo ulteriore nell’eventuale 2-2. A lei, però, queste situazioni piacciono da morire. La cattiveria agonistica non le ha mai fatto difetto e questo weekend è un esame molto importante. Svestiti i panni della ragazza “a modo”, come è stata durante tutta la settimana tra allenamenti e interviste dove dispensava sorrisi e battute, la Vandeweghe vista in campo è quello che capitan Kathy Rinaldi si auspicava: una giocatrice che possa dimostrare di reggere la pressione e un clima ostile.
Vandeweghe, e non solo per una questione di ranking, ha molto più tennis di Aliaksandra Sasnovich, eppure la bielorussa è arrivata in finale da imbattuta nel World Group e con 7 vittorie nelle ultime 8 uscite con la maglia della nazionale. Ha cuore, tantissimo cuore, capace di sopperire in diverse circostanze ad un tennis su cui ancora c’è da lavorare, ma dall’altra parte la potenza e la tenacia della statunitense hanno prevalso. Un break soltanto nel primo set, maturato proprio nel primo turno in cui Sasnovich era alla battuta. Un po’ più intricato il secondo, dove il pubblico di casa talvolta eccedeva con il rumore, cercando di distrarre la numero 10 del mondo, due volte avanti di un break e due volte recuperata. Sul 4-4, però, CoCo ha conquistato un nuovo vantaggio e al servizio per il match ha colto subito il punto dell’1-0.
A conti fatti, per la formazione di casa, questo poteva essere il punto più sacrificabile dell’intero lotto dei match di singolare. Nulla era ancora compromesso, ma Aryna Sabalenka doveva necessariamente battere Sloane Stephens o il sogno della giovanissima formazione di casa con molta probabilità rimarrà tale almeno per un altro anno.
[BEL] A. Sabalenka b. [USA] S. Stephens 6-3 3-6 6-4
Partiamo dalla fine, da tutte le emozioni che hanno travolto Aryna Sabalenka dopo il match point concretizzato e la consapevolezza di aver portato a casa un punto di importanza capitale. La Bielorussia era tutta sulle sue spalle, piuttosto possenti, ma comunque acerbe per questi scenari, queste dinamiche così diverse dal tour WTA. C’erano diecimila persone sugli spalti che l’hanno spinta fino al primo miracolo della formazione di casa che vede un po’ più vicina l’impresa che avrebbe una portata storica: andare al riposo, al termine della prima giornata, sull’1-1 e far capire a CoCo Vandeweghe che domani, contro la stessa Sabalenka, non potrà concedersi grandi pause.
“Sono incredula” ha detto la diciannovenne di Minsk, “non ero pronta a vivere questa quantità di emozioni durante la partita. Ho provato qualcosa che non mi era ancora mai successo, non riuscivo neanche a pensare che stessi giocando contro una top-15”. Era l’immagine dell’onestà, un po’ provata dall’emozione, comunque normale e accettabile. Eppure ha dimostrato ancora una volta un particolare già notato qualche settimana fa a Tianjin, quando raggiunse la prima finale nel circuito WTA e fu sconfitta da Maria Sharapova: il carattere non le fa proprio difetto. Scatenata in alcuni momenti, riemersa dal baratro nelle fasi decisive del terzo set. Un po’ l’incoscienza di avere 19 anni, un po’ la propria abitudine ad un tennis molto rischio ma capace di fruttare tanto quando è “on fine”.
Quando non era invece nel momento migliore ha provato due colpi in due momenti potenzialmente determinanti della partita: un ace di seconda sulla palla game per il 2-2 nel secondo set, quando aveva annullato una chance di 3-1 Stephens servendo un’ottima prima, ed un nuovo ace di seconda sul 40-30 nel momento più teso del set decisivo, quando la striscia di break era arrivata a 6 consecutivi e lei, con quell’azzardo sulla seconda palla, è stata la prima giocatrice a tenere la battuta.
La partenza era tutto ciò che serviva per caricarla ancor di più. Un immediato break la portava sul 3-0 e nonostante Stephens rientrava sul 3-4 e servizio, ha colpito ancora numerosi vincenti per strappare una seconda volta il servizio e rientrare da 0-30 sul 5-3, approfittando anche di un nastro piuttosto fortunoso al termine di un triplo salvataggio a rete. Il secondo set cominciava in maniera differente. Stephens rientrava dal 15-40 e cominciava un progressivo cambio di atteggiamento al servizio che la renderà inscalfibile fino alla fine. Sabalenka invece calava tantissimo con la resa del proprio tennis. I 16 vincenti diventavano appena 4, mentre gli errori gratuiti erano ben 19. Le gambe un po’ più ferme, il braccio un po’ meno fluido, e la statunitense che dopo aver trovato l’allungo riusciva a mantenersi solidamente avanti raccogliendo i tanti regali dell’avversaria.
Il set decisivo, infine, è stato dominato dalla tensione. Sabalenka aveva alti e bassi sempre più “costanti”, e ogni game era un terno al lotto. Stephens che senza fare grandi cose si trovava prima avanti, poi incapace di allungare veramente. Non è la giocatrice che si impose a New York, ma molto simile come atteggiamento a una che sta recuperando dopo un grave infortunio. La parte bassa del ginocchio sinistro era fasciato, ma non si è capito quanto potesse aver influito. Sabalenka, nel frattempo, faceva e disfatta in continuazione. Prima perdeva un turno di battuta dal 30-0, poi addirittura dal 40-0 con tanto di maldestra valutazione sull’ultimo dritto in cross dell’avversaria. Stephens, trovatasi per la terza volta avanti di un break, ha avuto una doppia chance per andare 4-2. A posteriori, lo sappiamo bene, è facile parlare, però la sensazione è che un doppio colpo consecutivo (prima la rimonta da 0-40, poi l’allungo in un game molto combattuto) avrebbe rappresentato un bel macigno sull’esito della partita.
Aryna, ormai completamente con il braccio staccato dalla mente, colpiva appena poteva, perdendo diverse volte le misure del campo, ma mantenendosi ad un livello potenziale di pericolosità che la sua avversaria non poteva contrastare. Sarà determinante questo fattore anche domani, quando Vandeweghe dovrà chiedere tanto al suo servizio per non vedersi arrivare addosso missili senza sosta. Non sarà facile, questo è chiaro, anche perché se prima esaltavamo la forza mostrata da CoCo ora stiamo parlando di una Sabalenka che ha bilanciato i momenti di calo con un’energia che alla fine l’ha portata al successo.
Sul 3-3 ha tenuto il primo turno di battuta del set decisivo con tanto di ace di seconda seguito dal lungo applauso di Stephens, mentre si dirigeva verso il proprio angolo. Quel colpo, quella follia, le ha dato molta più tranquillità per le fasi finali. Trovarsi a soffrire, e magari a perdere quel quarto turno di battuta consecutivo, avrebbe portato ad una fase finale di partita ben diversa. Così invece si è tenuta avanti e mentalmente era più libera di colpire a proprio piacere. Sul 5-4 è salita 15-40 anche grazie alle pochissime prime di Stephens, che annullava molto bene i due match point ma poi ha visto l’avversaria colpire un tracciante di dritto imprendibile per il terzo match point, uno di rovescio altrettanto efficace due punti più tardi e non ha saputo rigiocare l’ultima accelerazione della bielorussa, che a momenti non sapeva neanche come esultare.
Il più è fatto. Il primo passo è compiuto. Ne servono altri 2, ma questa Sabalenka fa sognare e una Sasnovich come quella vista in campo oggi può tenere dignitosissimamente testa a Stephens. Sarà ancora più interessante se per il secondo anno di fila la Fed Cup verrà decisa al doppio di spareggio.
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